Manderlay

Dopo aver affrontato in Dogville il tema dell’intolleranza, Lar Von Trier prosegue con Manderlay la sua personalissima trilogia sugli Stati Uniti affrontando, in modo più che provocatorio, la questione della schiavitù. Protagonista è sempre Grace (interpretata da Bryce Dallas Howard, figlia del regista Ron), che, giunta in Alabama, prima restituisce la libertà a un gruppo di schiavi e poi si prodiga per aiutarli a rifarsi una vita da uomini liberi, scontrandosi con la dura realtà di chi, in fondo, preferiva la propria condizione di schiavo, senza libertà ma anche senza responsabilità. Sono questi neri sfruttati a non essere ancora pronti a vivere nel mondo libero o è il mondo non ancora pronto ad accettarli? Il film si presta a più livelli di lettura, tanto sono sfaccettate (e contraddittorie) le tesi sostenute (o che si presume lo siano) dal regista danese. Che la libertà da sola non sia condizione sufficiente a garantire il riscatto di chi è povero è oppresso è, in fondo, una lezione che l’Europa conosce bene: non a caso è qui che nasce lo stato sociale. Ma quello che provocatoriamente Von Trier sembra voler far emergere in Manderlay è che la libertà non sia neanche condizione necessaria: essere liberi vuol dire anche poter scegliere di restare schiavi. Temi importanti e complessi che però l’impostazione teatrale del film tende a semplificare, piegandoli allo schematismo intellettuale del regista. Dal punto di vista cinematografico, Manderlay ricalca fedelmente le modalità narrative e la messa in scena di Dogville, con la suddivisione in capitoli, la voce narrativa fuori campo e gli attori che si muovono su un enorme set open space in cui gli spazi scenici sono solo abbozzi di scenografia. Scelte antinaturalistiche che confermano il distacco del regista danese dal rigoroso realismo del Dogma, ma che si rivelano meno sorprendenti ed emozionanti rispetto al loro debutto nel primo episodio della saga. Regia di Lars Von Trier; con Bryce Dallas Howard, Isaach de Bankolé, Danny Glover, Willem Dafoe, Michael Abiteboul, Lauren Bacall, Jean-Marc Barr, Geoffrey Bateman. Cristiano Casagni

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