Manca la voce del volontariato alla riforma del Terzo Settore

Tiziano Vecchiato, direttore scientifico della Fondazione Zancan richiama il Governo ad ascoltare le centinaia di persone che volontariamente scelgono di offrire il loro tempo e le loro capacità a servizio gratuito della comunità
volontarie dell'Avo

Continuiamo l’intervista a Tiziano Vecchiato, direttore scientifico della Fondazione Zancan che nella prima parte aveva evidenziato la necessità di ridefinire ruolo e costituzione del no-profit in Italia e di fare passi avanti nell’innovazione senza tralasciare le politiche europee a riguardo.

La riforma proposta dal governo Renzi è in linea con le politiche europee?

«Il disegno di legge delega può essere occasione anche per accogliere e rilanciare le indicazioni provenienti dall’Europa e dai potenziali di Social Investments, affrontando la necessità di portare “a rendimento” la spesa pubblica, in settori cruciali come quello della salute, dell’assistenza, dell’educazione, dei servizi per il lavoro, ecc. Sono tutti ambiti in cui il terzo settore ha/può/dovrebbe avere un ruolo fondamentale. La regolazione del terzo settore non può riguardare solo quello che il Terzo settore “è”, ma anche quello che il Terzo settore “fa” e “come lo fa” in particolare, perché l’azione dei soggetti del terzo settore è connotata in termini relazionali, in tutti gli ambiti di intervento in cui opera: sociale, sanitario, culturale, ambientale».

Il Presidente Renzi è una persona che ha fatto del decisionismo e dei cronoprogrammi punti imprescindibili del suo lavoro…

 «Il Governo non otterrà maggiore consenso per la rapidità delle decisioni, pur essendo un valore positivo, ma queste “rapide decisioni” devono essere capaci di effettività, originalità ed impatto sociale positivo. Il terreno è delicato e riguarda nuovi modi di vita di essere società con nuove imprenditorialità a dividendo sociale, nuovi spazi di relazione per valorizzare l’azione solidale verso nuove forme di cittadinanza. È un passaggio necessario per fare in modo che i diritti e doveri sociali abbiano un incontro generativo. Scontiamo gli effetti della crisi con troppi individui disorientati e troppe poche persone capaci di fare della propria responsabilità sociale un argine alla sofferenza un punto di ripartenza etica e strategica. Ci vuole coraggio per andare oltre gli approcci riformistici che processano i cambiamenti spostando al domani quello che si può fare oggi».

Conoscendo il suo pensiero possiamo dire che nelle linee guida non vi è stata una giusta valorizzazione del cosiddetto volontariato?

«Rimane un forte punto di criticità sulla voce volontariato, tra isoggetti totalmente non profit e realtà ben poco ascoltata. La rappresentanza del terzo settore gestita senza l’ascolto di tutte le parti in causa non è sicuramente un buon esempio e una soluzione. Proprio ora che i terzo settore dovrebbe esprimere il massimo in termini di solidarietà e di fraternità, prevalgono interessi e conflitti concorrenti. Forse è meglio meno in fretta e insieme».

Nel provvedimento del Governo si inserisce la scommessa del cosiddetto servizio civile universale. Cosa ne pensa?

«Rilanciare e dare significato al servizio civile significa scommettere su un’esperienza che ha subito uno snaturamento progressivo dalla sua istituzione in poi, perché la dimensione formativa e valoriale è diventata residuale, accessoria e non ha più costituito la principale finalità di questo istituto. Troppo spesso negli ultimi anni il servizio civile è diventato, per enti pubblici e privati, un reperimento di risorse umane “senza oneri” per supplire a riduzioni di organico.

Sono giudizi severi che nascono dalla convinzione che il servizio civile può tornare ad essere “scuola di vita”, esperienza in cui sperimentarsi e sperimentare nuovi modi di essere società, in nuovi spazi di relazione, anticipatori di forme di cittadinanza in cui diritti e doveri sociali si incontrano e si mettono reciprocamente a disposizione del bene comune.

Sappiamo che una proposta interessante in tal senso è provenuta anche dalla Fondazione ispirata da monsignor Nervo…

«Nell’estate del 1996, quando si prospettava la sospensione della leva militare obbligatoria e di conseguenza la cessazione dell’obiezione di coscienza, la Fondazione ha elaborato in collaborazione con Caritas Italiana un modello di servizio civile volontario per tutti, che è stato poi recepito nella legge n. 64/2001.

Le motivazioni che avevano ispirato tale proposta affondano le loro radici nella Costituzione, e qualificano il servizio civile universale come occasione di esperienza di solidarietà e promozione della cittadinanza attiva. Monsignor Nervo ebbe a dire che “il servizio civile ha la possibilità di interessare, formare, coinvolgere l’intera comunità intorno ai problemi dei propri membri (…) anche chi dedica il proprio servizio a promuovere e tutelare i beni della comunità (tutela dell’ambiente, del patrimonio artistico e culturale, protezione civile) può promuovere cittadinanza con l’educazione alla responsabilità e alla cura del bene comune”».

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