Malta, voce del Mediterraneo

Il mare di un colore blu intenso è a destra, davanti e a sinistra; le vie sono diritte e regolari; i palazzi eleganti; la luce è spesso abbagliante e bastioni eretti a difesa della città imponenti. Valletta, ore 12 di un qualunque giorno: la città offre il suo consueto spettacolo di colori e persone le più diverse; numerose le lingue che si colgono, indicative del luogo e della gente che vi abita. A circa un centinaio di chilometri dalla Sicilia, l’Italia sembra assai lontana: le scritte e le indicazioni sono in inglese, i nomi delle città e dei villaggi in una lingua poco conosciuta, dai suoni arabi e con i caratteri latini, lingua di origine semitica e con influssi provenzali, il maltese appunto. Qui la religione è quella cattolica e Dio si dice Alla. Siamo a Malta, la maggiore delle isole dell’arcipelago che comprende anche Gozo; nei giorni di buona visibilità, dalle alture si può scorgere la costa ragusana. Mezzora di volo ci separa, infatti, dalla Sicilia e la Tunisia si trova a meno di un’ora da qui. 400 mila abitanti in un territorio di 30 per 15 chilometri. Un’isola piccola, ma che rispecchia in un microcosmo le diversità e le ricchezze che si trovano nel Mediterraneo. Valletta è la capitale di questa piccolagrande nazione; città fortezza, costruita dai cavalieri dell’Ordine di San Giovanni nella seconda metà del Cinquecento, su una penisola che domina una serie d’insenature, enorme porto naturale, autentica risorsa in un mare perennemente trafficato da tutti i tipi d’imbarcazioni. Per raccontare la storia di questo popolo occorre spiccare, indietro nel tempo, un salto da capogiro: sono datate 5000 anni prima di Cristo le rovine dei templi di età neolitica riportate alla luce in decine di siti archeologici sparsi su tutto l’arcipelago. Precise e rigorose costruzioni in pietra, alcune delle quali si sono conservate in ottimo stato fino ai nostri giorni, luoghi di culto che indicano, già da allora, la religiosità, la ricerca dell’assoluto di chi popolava questo arcipelago. In epoca romana è descritto un episodio assai caro alla gente di qui: l’arrivo imprevisto e drammatico dell’apostolo Paolo, in seguito al naufragio della nave che lo trasportava, prigioniero, verso Roma. Questo episodio è riferito dettagliatamente negli Atti degli Apostoli al cap. 28. La travolgente testimonianza di Paolo segna l’arrivo del cristianesimo sull’isola, i cui abitanti sono descritti trattare i naufraghi, con rara umanità ; e l’accoglienza è di fatto proverbiale da queste parti. Nei secoli che poi si sono succeduti, Malta ha visto passare, oltre ai Cavalieri, arabi, normanni, spagnoli, francesi e, per ultimi, gli inglesi. Un luogo così strategico era spesso ambito da chi desiderava un posto di predominio nel mare. Lo sanno bene maltesi che annoverano, nella loro storia, almeno due epici assedi: quello dell’esercito turco nel 1565, nel tentativo, non riuscito, di scacciare i Cavalieri dall’isola; e quello, durante la Seconda guerra mondiale, dell’esercito dell’Asse. Entrambi gli assedi ebbero un felice epilogo in particolari ricorrenze religiose: l’8 settembre, festa del nome di Maria, il primo, e il 15 agosto, festa di Maria assunta, il secondo: non un caso, per la gente del posto, che ha colto da queste coincidenze una risposta alla devozione e alla fede radicata del popolo. L’indipendenza dalla corona britannica venne ottenuta nel 1964 per poi, nel 1974, diventare repubblica. Da subito Malta lottò per acquistare la sua identità come nazione, dopo secoli di colonialismo. Rimase ancora per alcuni anni la più grande base Nato nel Mediterraneo, ma poi si orientò nel diventare ponte tra nord e sud, fra est ed ovest. Vulnerabile, a causa delle sue dimensioni minuscole in mezzo a tante nazioni più grandi e più forti, Malta avvertì la propria vocazione nel dedicarsi sempre più alla pace ed al bene comune delle nazioni, nell’essere portavoce delle aspirazioni e delle inquietudini soprattutto dei membri più indifesi della comunità internazionale. Alcuni interventi in tal senso rimangono storici. Come nel caso della dichiarazione – nella Legge del Mare, del 1967 -, che tutte le risorse dei fondali marini vanno considerate come patrimonio comune dell’umanità. Oppure come quando, nel 1987, Malta portò all’approvazione unanime della comunità internazionale il considerare il cambiamento climatico come questione di interesse comune per tutta l’umanità. Questo ruolo di portavoce del bene comune all’interno della comunità internazionale ha contribuito perché Malta conquistasse il rispetto dovuto come stato a tutti gli effetti. Lo storico incontro tra Bush padre e Gorbaciov, all’indomani del crollodel muro di Berlino, che segnò il termine della guerra fredda, è forse il distintivo più importante che rimarca il suo successo. E oggi? Un’isola dalla vocazione al turismo per la bellezza della natura, del mare, per l’intensità dei colori e il clima particolarmente mite per buona parte dell’anno; lo testimoniano le innumerevoli strutture alberghiere. Oltre a un’incantevole combinazione di sole e mare, archeologia e cultura, si offre anche la possibilità di studiare l’inglese, lingua ufficiale dopo il maltese, attraverso numerose scuole. L’industria manifatturiera è la principale risorsa dopo il turismo. La tradizione religiosa cattolica è molto sentita, con punte di partecipazione ai sacramenti assai più elevate che nel resto d’Europa; alto è il livello medio di istruzione e di informatizzazione. È questa la nazione che un anno fa ha scelto di aderire all’Unione europea dopo un dibattito lungo e sofferto. Ora Malta è lo stato più piccolo dell’Unione e con Cipro segna il suo confine meridionale, il suo estremo sud. Per accedere all’Unione, Malta ha dovuto pagare un prezzo che alcuni ritengono, forse, troppo caro. Essa ha deciso di aggregarsi ad un’Unione le cui leggi sono disegnate normalmente per economie e società che sono molto più grandi delle proprie. Il rischio è di rimanere economicamente annientati dagli stati che una volta la colonizzarono, o che cercarono di invaderla. Oltre ai timori, varie sono le aspettative e le motivazioni principali che hanno condotto alla decisione di entrare in Europa. Uno fra tutti il fatto che si è raggiunto sì, un tenore di vita soddisfacente, ma ormai si è arrivati a un limite; il rimanere isolati probabilmente non permetterebbe di andare oltre il livello economico ottenuto dall’indipendenza ad oggi. Far dell’Unione può essere così un modo per influire su decisioni che, anche Malta fosse rimasta fuori, avrebbero comunque avuto un impatto sull’economia e la società maltese. Un altro motivo che ci piace sottolineare è che fare parte dell’Unione servirà per aumentare la possibilità lavorare per la pace e l’interesse comune europeo e mondiale, per sensibilizzare di più l’Unione europea paesi più piccoli e a quelli in via sviluppo, specialmente nel bacino mediterraneo. I valori nutriti dal popolo maltese (come la democrazia, la giustizia, rispetto dei diritti umani, la solidarietà, il libero movimento delle persone e delle merci) sono gli stessi stanno alla base dell’Unione. La gente del posto parla per la maggior parte almeno tre lingue; ha una naturale capacità di mettersi in rapporto con persone di culture assai differenti: anglosassoni, italiani e arabi possono sentirsi capiti in questo arcipelago. La fede e l’esperienza cristiana stanno poi alla base dei tanti valori tipici della vita maltese. Riconoscendo ciò, così si esprime Giovanni Paolo II, nell’ultima sua visita avvenuta nel 2001 in occasione della beatificazione dei tre primi beati maltesi: Avete la vocazione unica di edificare ponti fra i popoli del bacino del Mediterraneo, fra l’Africa l’Europa. È in questo stile di impegno che situa la presenza del Movimento focolari, accanto a diversi altri movimenti ecclesiali. Presenze che testimoniano la vitalità della Chiesa maltese a tutti i livelli. Chiara Lubich, che nel febbraio 1999 ricevette dall’Università di Malta una laurea honoris causa in psicologia, colse bellezza particolare in questa comunità. Il suo augurio fu che a Malta testamento di Gesù sia presto realtà. Come non ricollegare questo a che il papa disse in un’altra visita, maggio 1990: Fate di queste isole un santuario di fratellanza? Un programma impegnativo ma affascinante per un’intera società civile, da attuare a servizio del bene comune dell’intera umanità.

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