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Magistratura, Gratteri: con la separazione delle carriere più difficile avere processi giusti

di Sara Fornaro

- Fonte: Città Nuova

Sara Fornaro

Nell’ambito del dibattito sulla riforma costituzionale che intende introdurre la separazione delle carriere dei magistrati, pubblichiamo il parere del procuratore di Napoli Nicola Gratteri, espresso nel suo intervento alla festa de Il Fatto quotidiano

Il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nicola Gratteri, 13 settembre 2025. ANSA/FABIO CIMAGLIA

«Cosa accade nei Paesi dove c’è la separazione delle carriere dei magistrati? Accade che il pubblico ministero sta sotto l’esecutivo. Ogni anno il ministro della Giustizia dà l’indirizzo di quali sono le priorità» e i pm devono seguire le sue indicazioni. Così, per esempio, spiega il magistrato Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, «nel 2028 potremmo avere come priorità le truffe online, che sono importanti e bisogna perseguirle, ma bisogna perseguire anche corruzione e concussione. Bisogna perseguire anche i reati di mafia, il riciclaggio, i reati finanziari, che sono importanti perché sono la punta avanzata delle mafie. È ovvio allora che noi siamo contrari» alla riforma, «e voteremo no alla separazione delle carriere quando probabilmente, nella tarda primavera del 2026, si andrà a votare per il referendum, perché siamo convinti che sarà solo un danno. Sarà solo un’ulteriore difficoltà ad avere un processo giusto, celere e soprattutto una tutela delle parti offese».

In pratica, per Gratteri la separazione delle carriere dei magistrati indebolirebbe il pubblico ministero, dunque colui che nel processo rappresenta l’accusa, in quanto lo porrebbe maggiormente sotto il potere politico. Questo squilibrio potrebbe penalizzare le vittime e non garantire, appunto, un giusto processo.

Intervenendo nei giorni scorsi alla festa de Il Fatto quotidiano, il procuratore di Napoli ha spiegato che, con o senza la separazione delle carriere, «il nostro stipendio sarà uguale. Quindi, quando parliamo, non lo facciamo per un interesse nostro», quanto invece per la «nostra preoccupazione di peggiorare il funzionamento della giustizia, di peggiorare il funzionamento dei tribunali, di dare meno risposte di giustizia alla gente. Noi siamo preoccupati di questo».

Attualmente, ha commentato Gratteri, «chi fa il pubblico ministero a Roma, se vuole fare il giudice, deve andare in un’altra regione». Ogni anno, però, solo lo 0,2% dei magistrati e dei pubblici misteri chiede di cambiare le proprie funzioni. E per una percentuale così irrisoria, si chiede Gratteri, si decide di cambiare la Costituzione? «Non c’è bisogno di essere esperti per capire che qualcosa non quadra».

La riforma, aggiunge il procuratore, «non ci convince assolutamente. Ormai da un anno non si parla altro che della separazione delle carriere e solo per quello 0,2% dei magistrati. Non vi insospettisce questo? Fino a quando avrò forza e tempo, in ogni sede, in tutte le televisioni dove sarò invitato, sui giornali, alla radio, per le strade, per le piazze, dove posso, fino a 48 ore prima del voto, se ci sarà il referendum, io dirò no alla separazione delle carriere».

La presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni.
ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

COSA PREVEDE LA RIFORMA

Dopo l’approvazione, lo scorso luglio in Senato, del testo della riforma costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati, l’iter procedurale prevede un’altra votazione del testo da parte dei parlamentari. Alla Camera si è votato il 18 settembre. Il testo ha ottenuto la maggioranza assoluta, ma non quella dei due terzi dei votanti, che avrebbe escluso il ricorso al referendum confermativo. Tra i rappresentanti di maggioranza ed opposizione si è sfiorata la rissa. I prossimi a votare saranno i senatori. Affinché si vada al referendum, c’è bisogno che ne facciano richiesta, entro tre mesi dalla pubblicazione del testo sulla Gazzetta ufficiale, un quinto dei membri di una delle due Camere, 500 mila elettori o 5 consigli regionali.

Continua, dunque, l’acceso dibattito sulla necessità o meno di tale modifica costituzionale, che vuole separare i magistrati tra giudici (che emettono il verdetto) e pubblici ministeri, che nei processi sostengono le parti dell’accusa. Attualmente, è possibile passare da un ruolo all’altro solo una volta, nei primi 10 anni dall’inizio dell’attività. In caso di approvazione della riforma, i magistrati deciderebbero all’inizio della propria carriere quale funzione assumere, senza poter cambiare in seguito.

Per il governo, questo garantirebbe una maggiore indipendenza dei giudici. I contrari, invece, sostengono che la riforma porterebbe all’indebolimento della magistratura, aumentando l’influenza della politica. La selezione (i concorsi) e i percorsi formativi per le due carriere sarebbero differenti e sarebbe necessario creare un altro apposito Consiglio superiore della magistratura (CSM), che si affiancherebbe a quello già esistente.

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