Essere mamma al tempo del coronavirus

Abbiamo provato ad entrare nell’intimo di due donne, molto diverse tra loro, per capire come l’emergenza da coronavirus che viviamo ha cambiato la loro dimensione di mamme. Doppia intervista a Stefania Bogo, attrice, e a Fabiola Gianfriglia, parrucchiera.

Stefania Bogo è un’attrice di teatro e cinema, autrice e conduttrice di programmi televisivi. Fabiola Gianfriglia è una parrucchiera con alle spalle 30 anni di esperienza professionale. Sono entrambe mamme, molto attente ai bisogni educativi dei loro figli ed impegnate in due professioni che in modo diverso dispensano bellezza, spinte dalla loro competenza e generosità.

stefania-bogo

Stefania Bogo, attrice preparata e con una lunga carriera costellata di varie e singolari esperienze, dopo la nascita del secondo figlio ha deciso di non essere soggetta alle circostanze o alle sirene del successo, ma di operare scelte ponderate nell’impiego del proprio tempo. La maternità per lei “è una qualità umana” e come diceva papa Luciani “è anche una qualità di Dio”.

Come vivi questa tua qualità?
Io ho due figli, ma non li ho mai sentiti come “parti di me”. Piuttosto li ho sempre avvertiti come anime che il Signore mi affidava perché io le accompagnassi, le proteggessi… perché sostenessi questi esseri umani nel loro sviluppo meraviglioso fino all’età adulta. Il piano è di Dio; io posso solo accompagnare. L’ho pensato e qualche anno fa proprio con questa convinzione avevo cominciato a muovermi concretamente verso un’adozione, ma proprio in quel momento il Signore ci ha mandato Alvise, quando proprio non lo aspettavamo più. Come dicevo: il progetto è di Dio.

Qual è il senso della maternità che ti ispira?
Un senso veramente misterioso, che mi riempie e mi sopravanza. Riguarda, certo, i miei figli, ma si allarga spontaneamente anche agli altri. Mi viene in mente che non a caso un religioso viene chiamato anche “padre” e una religiosa “madre”…  Ho la sensazione che in questi ultimi anni siamo in presenza di un’ondata un po’ retorica riguardo alla maternità naturale, tanto che alcune donne che non riescono a partorire rischiano di sperimentare un grandissimo senso di fallimento. Non voglio certo entrare nell’intimità del dolore di una persona, ma solo dire che noi donne siamo sottoposte ad una forte aspettativa sociale la quale, ancora una volta, non ci rende libere. Non è detto che Dio si aspetti da tutte le donne che siano madri naturali per essere madri. Penso ad esempio ad una mia amica attrice, regista e drammaturga, che da anni insegna teatro ai ragazzi: vista l’attenzione e il rispetto che pone alla loro crescita come esseri umani, non posso non pensare che lei sviluppa eccome la sua maternità, aiutando a volte i ragazzi laddove i genitori naturali non riescono ad arrivare… Insomma, il mare è profondo e vasto.

Che legame c’è tra bellezza e generatività?
Questa domanda profonda mi fa pensare all’antica questione del maschile e del femminile. Io non sono certo in grado di pronunciare parole definitive, ma mi sembra che ci sia una forza femminile generativa, generosa, aperta. Questa forza è potente, ma allo stesso tempo delicata ed è estremamente facile sottoporla a violenza fino quasi ad annientarla come si fa distruggendo una foresta che cresce… C’è un livello di interezza e di integrità che tutti, uomini e donne, sperimentiamo in alcuni momenti, la soddisfazione profonda che proviamo quando ci dedichiamo a qualcosa che amiamo e che appartiene alla nostra natura: ad esempio dipingere, scrivere, ma anche (a chi piace) cucinare, coltivare le piante, passeggiare nella natura, svolgere un lavoro con calma e concentrazione… lì ritroviamo la potenza dell’essere umano che genera bellezza.

Come hai vissuto questo tempo di pandemia? Il tuo occuparti dei tuoi figli e della vita domestica in un tempo speciale, avanzando come “il solito clown che deve tenere in equilibrio tutti i piatti che girano su bastoni precari”, ha tuttavia visto nascere in te o meglio rinascere un interesse per il bene comune, dedicando una parte del tuo tempo “libero” agli altri. Ce ne vuoi parlare?
Questo periodo, insieme a dolore e difficoltà, ha portato a me personalmente alcuni doni: il fatto che molte attività politiche e culturali si siano spostate online, me le ha rese finalmente accessibili. È vero, la vita in casa è impegnativa, tra pulizie, pranzi, cene, compiti, ma c’è anche un babbo ora in smart working, che nonostante tutto ha un po’ più di tempo da dedicare al suo bambino, che ne è molto soddisfatto. Questo ha permesso a me di svolgere alcune faccende domestiche magari con l’auricolare del cellulare inserito, ascoltando una conferenza. L’interezza di cui parlavo prima si va ricostruendo ed io ho un po’ di energie da mettere a disposizione, proprio in un momento in cui ognuno è chiamato a condividere la propria esperienza e le risorse che si ritrova per contribuire a costruire un futuro ed un presente migliore per tutti.

fabiola-gianfriglia-con-il-marito-giuseppe-e-i-figli-simone-e-giorgia

Fabiola Gianfriglia, titolare del salone Fabiola Hair moda, ha alle spalle 30 anni di esperienza professionale e una clientela affezionata disposta a seguirla anche a costo di percorrere distanze kilometriche importanti, specie per una città come Roma.

Fabiola, tu sei una mamma, una moglie ed una donna che lavora da quando ha 16 anni, quali sono state e sono oggi nella tua vita le cose indispensabili?
Le cose indispensabili sono il mio lavoro, che mi appaga tutti i giorni e mi rende la vita serena perché lo faccio con amore. Poi cercare di tornare a casa per godermi i miei figli. Uno lavora nel mio negozio come segretario contabile, la ragazza sta per diplomarsi. In questo periodo così particolare che ha messo in ginocchio l’intera nazione ho un marito che si fa in quattro per cercare di mantenere la famiglia, ma non sempre ce la fa perché il mondo del lavoro è sempre più in crisi. Ha provato più di una volta a fare colloqui, ma è sempre stato scartato perché non è un giovane, e a 48 anni di età nessuno ti vuole mettere in regola, neanche con 33 anni di esperienza. Allora è costretto ad arrangiarsi accettando lavori saltuari e precari.

Qual è per te il significato della cura delle persone, cosa vuol dire avere attenzione per il benessere delle clienti?
Per me la cura della persona è importante, perché ognuno di noi può avere preoccupazioni e problemi familiari che dal punto di vista psicologico ci devastano. Allora io penso che vedersi con i capelli curati significa sentirsi più belli, più sereni, e dono un senso di sicurezza al cliente, chiunque sia, uomo o donna. Chi non lavora nel campo estetico non può capire cosa si prova quando si vede un cliente giù di morale e bastano due chiacchere, un colore o un taglio per renderlo felice… e gli si illumina lo sguardo, questo per noi parrucchieri è un grande traguardo e una grande soddisfazione.

Come hai affrontato questo periodo di quarantena durante il quale non hai potuto lavorare? Come hai provato a reagire?
Il giorno che in tv il presidente del Consiglio ci ha comunicato che le attività non essenziali si dovevano chiudere a causa dell’epidemia, il mio cuore e il mio stomaco si sono per un attimo fermati. Pensare che lasciavo le mie clienti senza le “coccole” a cui erano abituate e la mia attenzione professionale mi ha fatto sentire vuota. Per me questi non sono stati giorni di vacanza come, specie sui social, sentivo dire da molte persone. Per me è iniziato un incubo come per altri colleghi, dal momento che abbiamo dovuto chiudere un’attività produttiva che ci assicura il sostentamento quotidiano. Dopo le preoccupazioni giornaliere sono arrivati i problemi economici. Ho provato a reagire spesso sul balcone al sole, l’aria aperta mi faceva stare bene, ogni tanto ho pianto per lo sconforto e per la paura di affrontare una nuova apertura di attività con debiti accumulati per colpa di questa pandemia…

 Qual è secondo te la caratteristica di questa festa della mamma in tempo di Covid 19? Cosa possiamo festeggiare?
Diciamo che quest’anno la festa della mamma non si potrà festeggiare con la stessa armonia di sempre, come non sono stati festeggiati i diciottesimi, o altri compleanni, oppure i matrimoni e le prime comunioni. Non si è potuto salutare i propri cari con un funerale… Questo virus ha stravolto la vita di tutti. Essere mamma è una cosa bella, a me non interessa il festeggiare…. l’importante è essere in salute. I festeggiamenti si potranno fare in un secondo momento. Una bella notizia sarà quando ci faranno riaprire le attività: ecco allora festeggerò.

 

 

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Mediterraneo di fraternità

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons