Maciste in Puglia

Le celebri Grotte di Castellana hanno fornito uno scenario d’eccezione per un’avventura del forzuto eroe “buono”, protagonista del genere “peplum”
Grotte di Castellana foto di Magnus Manske

Siamo in Puglia, sull’altopiano carsico delle Murge sud orientali. Qui, a 1800 metri dalla cittadina di Castellana Grotte, una enorme voragine profonda sessanta metri, la Grave, dà accesso alle celebri cavità sotterranee scoperte il 23 gennaio 1938 dallo speleologo Franco Anelli: un grandioso complesso di caverne e voragini dai nomi mitologici e fantastici che si snoda per circa tre chilometri ma – di sicuro – non ha ancora rivelato tutto di sé: ricerche recenti fanno infatti ipotizzare l’esistenza di nuovi rami, per non parlare delle caverne viste da esploratori del Settecento sotto l’abitato moderno di Castellana Grotte, e forse addirittura in comunicazione con queste.

Impossibile descrivere, per chi non c’è stato, la magia delle formazioni calcaree prodotte dall’acqua penetrata nel sottosuolo: tra queste, stalattiti cosiddette “eccentriche”, che non obbediscono cioè alla legge di gravità come quelle normali, ma nel lento stillicidio delle gocce si accrescono lateralmente, a semicerchio e perfino verso l’alto, dando vita a formazioni spettacolari. Qui è il regno dei pipistrelli, ma anche di crostacei, cavallette ed altri insetti appartenenti a nuove specie endemiche. Un Museo speleologico dedicato al fortunato scopritore e laboratori didattici, meta di un crescente turismo scolastico, completano una visita densa di emozioni.

Non molti sanno però che le Grotte di Castellana hanno fatto da scenario ad una pellicola del 1962 diretta da Riccardo Freda, un mix del genere peplum e gotico, primo film a colori girato in Puglia: Maciste all’inferno, interpretato da Kirk Morris, nome d’arte di Adriano Bellini, passato dalla professione di gondoliere (è nato a Venezia) a quella di attore specializzato in ruoli come Ercole e Sansone, adatti a mettere in mostra le sue doti di culturista.

La trama: nel XVII secolo in Scozia una donna di nome Martha Gunt viene accusata di stregoneria e condannata al rogo: prima però di venire bruciata, la strega lancia una maledizione su tutto il villaggio e in particolare sul giudice Parris che l’ha condannata. Un secolo dopo nello stesso villaggio arriva una coppia in viaggio di nozze: per un caso malaugurato, la sposina è una lontana discendente della strega, di cui porta lo stesso nome.

Ritenuta, in seguito a sconcertanti episodi, anche lei una fattucchiera, viene sottoposta a processo e ingiustamente condannata al rogo. Ed ecco intervenire Maciste, l’eroe inventato nel 1914 per Cabiria e da allora protagonista di numerosi film mitologici, il quale decide di andare a scovare la vera strega, quella morta un secolo prima, fin nelle profondità dell’inferno, per metter fine al suo malefico influsso e liberare così l’innocente.

A questo punto l’avventura si sposta nelle Grotte di Castellana, che travestite da antri infernali con l’aggiunta di fiamme, anime in pena evocanti scene dantesche, mostri mitologici, roccioni posticci ed altri trucchi che oggi suscitano il sorriso, fanno da scenario di grande suggestione alle mirabolanti imprese di Maciste. Inutile dire che alla fine la strega sarà annientata: giusto in tempo per salvare dal rogo Martha Gunt col legittimo sposo, che ha voluto condividere la sua sorte, e liberare il villaggio dall’antica maledizione.

Una particolarità di questo film assurdo quanto si vuole, ma non disprezzabile nel suo genere, sta nel mostrare il lato umano di Maciste: eroe sì, ma capace di soffrire: come quando si aggira gemendo negli inferi con le mani ustionate (verranno poi risanate con una magia dalla strega decrepita, apparsagli –per meglio ingannarlo – sotto le sembianze di una affascinante donzella).

Incredibili, è vero, le avventure di Maciste. Ma altrettanto incredibile l’aver permesso di girare un film nel delicatissimo ambiente naturale di una grotta dove oggi non sarebbe permesso nemmeno sfiorare una stalattite, tanto più se “eccentrica”.

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