Macerata Opera Festival

Godibilissimo Elisir d’amore: brioso, sentimentale, con la spruzzatina di pepe sul comico, perché le donne (Adina) sanno davvero far penare prima di cedere all’amore (Nemorino). Ma l’idillio finisce bene per tutti, pur con qualche “furtiva lagrima”, che è poi quel tocco di romanticismo giusto in cui Donizetti è grande. Lo spettacolo è perfetto, con una verve inarrestabile di trovate (il cubo da cui si sfodera l’orchestra sul palco, i cantanti-attori in presa diretta sul pubblico, direttore e coristi che stanno al gioco dell’insieme); una gioia vitale, gag inimitabili (di Dulcamara, in particolare, una volta tanto giovane e aitante): e poi la musica, curata, anche se il direttore volta le spalle ai cantanti, con doppia fatica, quindi. Le voci ci sono, eccome: Valeria Esposito disegna un’Adina sottile e acuta, in scena e in voce; Aquiles Machado, venezuelano di indubbia vis comica, bissa la “furtiva lagrima” con squisitezza d’altri tempi; brillanti e promettenti Erwin Schott (Dulcamara) ed Enrico Marrucci (Belcore), molto brava la Giannetta di Roberta Canzian. Direzione esperta del danese Niels Muus a guida della Filarmonica Marchigiana in buona forma, spigliato ilcoro. La regia di Saverio Marconi (scene di Antonio Mastromattei, costumi di Silvia Aymonino) ha scatenato sul palco un quasimusical, mai sopra le righe, attento alle voci, e al pubblico, anch’esso protagonista affettivo ed effettivo: chi ha detto che l’opera è morta? Un Rigoletto violento padre-padrone è quello dell’ottimo Lucio Gallo, insieme alla stratosferica Gilda di Mariella Devia. Ben diretto da Daniele Callegari, il nuovo allestimento di Giovanni Agostinucci si gioca tutto sul palco, con innovazioni singolari ( il duello di spadaccini – la scuola di Jesi – nella prima scena invece delle danze, i nudi “danteschi” durante il temporale) ed un clima surreale adatto alla tensione verdiana. Successo meritato, ancora una volta.

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