Ma quando arrivano le ragazze?

La consueta inclinazione di Pupi Avati all’autobiografismo si fa in questo suo ultimo film più estrema e quasi sconveniente per l’assenza di pudore con cui il regista bolognese affronta i temi chiave della sua vita nel periodo che grosso modo va dai venti ai trent’anni. La vita di Gianca, l’alter ego di Avati nel film, ruota intorno al jazz e al suo sassofono, incoraggiato dal padre, noto commercialista bolognese con un passato di mediocre musicista, che vorrebbe per il figlio quel successo che lui non ebbe mai. Nick è il suo grande amico, lavora in una stazione di servizio e ha un talento innato per la tromba. Il gruppo che mettono in piedi riscuote un certo successo, ma è Nick il vero talento e solo lui riuscirà a sfondare, mentre Gianca abbandonerà la musica per una vita più ordinaria. In questo frugare tra i propri ricordi, il regista bolognese decide di traslare la storia ai giorni nostri, come a indicare che i temi che affronta sono universali, non legati a un determinato contesto, storico, sociale o culturale. Allo stesso tempo sembra voler dire che la sua storia è, in fondo, la storia di tanti, quella di un giovane illusosi di essere un grande musicista, che scopre sulla sua pelle la differenza tra il vero talento e la semplice passione incontrando lun amicizia, amore, invidia, tradimento. Pupi Avati, come al solito, è bravo nel riuscire a non banalizzare anche le storie più semplici, meno nel popolarle di personaggi incorporei, eternamente sospesi sul presente, imbevuti di un’eterea malinconia che non li abbandona mai, neanche quando odiano, invidiano, amano, vincono o perdono. La piattezza dei personaggi sta diventando forse il limite più evidente degli ultimi film di Avati, quasi che il regista sia alla ricerca di un minimalismo estremo, non tanto narrativo quanto recitativo, di cui però non ha ancora trovato la quadra. Il risultato è un film ambivalente, capace di affascinare ma non di emozionare, che conferma qualità e limiti di uno dei maestri del cinema italiano. Regia di Pupi Avati; con Claudio Santamaria, Paolo Briguglia, Vittoria Piccini, Johnny Dorelli, Augusto Fornari. BREVIFILM THE WOODSMAN. Per un ex pedofilo che esce dal carcere alla ricerca di un difficile inserimento sociale, ma ancor di più in lotta con i propri fantasmi interiori, Kevin Bacon delinea un’interpretazione superlativa quanto ad immedesimazione nei problemi dell’inconscio. Il film apre ad una possibile speranza, nell’incontro fra l’ex detenuto e una bambina vittima di violenze familiari. Duro, talvolta sbilanciato, ma coraggioso – e indipendente – per gli Usa e per l’Europa nella denuncia di un problema e nell’accostarvisi senza morbosità. Regia Nicole Kassel; con Kevin Bacon, Kyra Sedgwick. IL MERCANTE DI VENEZIA. La nota vicenda da Shakespeare, ricostruita in un Rinascimento perfetto quanto a scene costumi musiche, indaga in realtà – seguendo tuttavia il testo – l’eterna e drammatica attualità del livore antisemita e del gusto di vendetta. Al Pacino tiene banco da solo con grande teatralità, pur attorniato da bravissimi comprimari. Giganteggia nell’introspezione psicologica dell’ebreo Shylock, i cui sentimenti più reconditi vengono proiettati in primo piano, quasi in faccia agli spettatori, costringendoli a pensare, ben oltre il magnifico spettacolo. Regia Michael Radford; con Al Pacino, Jeremy Irons, Joseph Fiennes. 36 – QUAI DES ORFEVBRES. Un noir francese per stile, sintesi, imprevedibilità, di forte struttura razionale e di sottesa denuncia al sistema poliziesco interno. C’è da imparare per la bravura nel far pensare, senza darlo a vedere. I due poliziotti ex amici coinvolgono nell’indagine su una banda le proprie passioni sino allo spasimo, quasi in una lotta fra il male e le sue varie forme e il bene – l’amore al femminile di una sposa e di una figlia -, che alla fine riesce ad avere un respiro. Il film, di cupe atmosfere notturne, si gioca su due star eccezionali, Depardieu e Auteil, cui basta la sola presenza a creare la scena. Regia Olivier Marchal; con Gérard Depardieu, Daniel Auteil. Mario Dal Bello

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