L’uomo invisibile

L’arte camaleontica di Liu Bolin dalla Cina a Roma e Caserta.

Di spalle alla cavea del più antico anfiteatro del mondo, Liu Bolin, sotto gli occhi sorpresi di frotte di turisti, lentamente scompare, a colpi di pennellate, dissolvendosi negli archi di tufo e nelle volte retrostanti. L’artista cinese, famoso in tutto il mondo per gli scatti che lo ritraggono completamente mimetizzato con lo sfondo, grazie ad una accurata operazione di body painting, ha realizzato, dal 22 al 24 ottobre, alcune nuove performance per la serie di foto Hiding in the city all’interno del Colosseo e presso il Tempio di Venere nel Foro Romano, prima di partire alla volta della Reggia di Caserta.

Non è la prima esperienza romana per l’artista, già “dissoltosi” in precedenza nel marmo bianco di Paolina Bonaparte o nella pietra grigia di Ponte Sant’Angelo. Divenuto ancora più celebre dopo gli scatti commissionati da Moncler, che lo ritraggono dentro un paesaggio bianco di neve e ghiaccio, a Roma e a Caserta Liu Bolin affronta nuovamente, con la sua arte, il tema dell’identità. “Siamo il frutto della nostra storia”, sembra dire l’artista davanti all’emblema per eccellenza della romanità.

Nato nel 1973 nella provincia nordica dello Shandong, in Cina, l’artista si forma alla prestigiosa Accademia Centrale d’Arte Applicata, seguendo i corsi di Sui Jianguo. L’età adulta di Liu Bolin coincide con gli anni della rapida crescita economica del suo Paese. Nel 2005, mentre le autorità cinesi smantellano il Suojia Village, il quartiere degli artisti, in vista delle Olimpiadi di Pechino, il ritratto dell’“uomo invisibile”, sullo sfondo delle macerie degli atelier, fa il giro del mondo, emblema di una protesta civilissima contro una decantata riqualificazione urbanistica realizzata a discapito della storia e della libertà di espressione.

Da allora, le iniziative di camouflage di Liu Bolin e le foto che ne derivano hanno assunto nuove e diverse accezioni. La ricerca artistica non si ferma, offrendo immagini alle storie e alla sofferenza dell’uomo, a ogni latitudine. Ne parlo con Beatrice Benedetti, direttore artistico della galleria Boxart e grande conoscitrice di Liu Bolin, che accompagna in Italia. Ci sono molte stratificazioni di significato nelle sue opere. Anche quello di voler dare voce a chi è stato costretto a rimanere nel silenzio. Nel 2006, l’opera Laid off ritrae, sotto a uno slogan che inneggia al periodo maoista, il muro verde e bianco di una fabbrica nel quale “scompaiono” alcuni lavoratori. Durante la transizione economica della Cina verso un’economia di mercato, milioni di lavoratori erano stati licenziati e resi invisibili dalle fabbriche per le quali avevano lavorato una vita.

Sul tema dell’identità verte anche il progetto Migrants, realizzato in Sicilia, nel 2015, insieme a un gruppo di profughi ospiti di un centro per richiedenti asilo. In alcune di queste foto, l’artista ha deciso di non fotografare se stesso, ma gli uomini e le donne che sulla spiaggia avevano trovato la salvezza. I loro corpi monocromi, color sabbia, parlano della difficile ricerca di una identità. Altre foto rimettono al centro la figura dell’artista, mimetizzato sullo sfondo delle tristi carrette del mare, assalite dalla ruggine nel porto di Catania. Attualmente – continua Beatrice Benedetti – la ricerca di Bolin si è allargata, includendo tematiche come la crisi economica e ambientale, l’inquinamento dell’acqua e l’adulterazione dei cibi, sempre con una vena di denuncia, ma in senso propositivo. Gli scaffali colorati dei supermercati – fondo di alcuni dei suoi celebri scatti – sono pieni di prodotti alimentari invitanti e all’apparenza innocui, ma in realtà pieni di additivi e sostanze nocive per la salute. Lo sa bene Liu Bolin, che prima di essere un artista è anche un attento padre di famiglia. Lui il latte in polvere per la sua bambina lo acquistava all’estero, non in Cina.

“La mia vuole essere una testimonianza, io racconto il fenomeno”, ama dire l’artista cinese. Dopo la performance di Roma – realizzata grazie alla disponibilità del Parco Archeologico del Colosseo e della direttrice Federica Galloni -, quella di Caserta e una tappa a Parigi, Liu Bolin tornerà a Pechino. L’anno prossimo, a Roma, vedremo in mostra gli scatti di questi giorni.

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