L’uomo conteso

Articolo

In America è sempre guerra a tutto campo. Da una parte i fautori del disegno intelligente che pretendono di leggere e interpretare la Bibbia alla lettera, come fosse un trattato scientifico. Dall’altra gli scienziati o meglio certi filosofi della scienza, i più agguerriti, che sparano a zero contro chi nel terzo millennio ancora crede a certe cose. Nel mezzo quelli che cercano di far ragionare gli uni e gli altri, spiegando che, come affermava Galileo, non c’è contrasto tra scienza e fede perché entrambe provengono dallo stesso autore. Fiorenzo Facchini, antropologo dell’Università di Bologna, da anni impegnato in studi e ricerche sull’origine dell’uomo, è uno di quelli che cerca di ragionare, con calma, competenza, disponibilità al dialogo e senza alzare la voce. Forse per questo è divenuto un punto di riferimento obbligato per entrambi gli schieramenti, anche per chi non è d’accordo con lui. Qualche mese fa un suo articolo su evoluzione e creazione apparso su L’Osservatore Romano, in cui ha preso posizione sul disegno intelligente, è stato ripreso dal New York Times e ha avuto una larga eco nel mondo scientifico. Professore, è una bella responsabilità essere considerato uno degli studiosi di fiducia della Santa Sede nel campo di creazione ed evoluzione, ambito dove spesso prima si litiga e poi si ragiona… L’intervento su L’Osservatore Romano è stata una mia iniziativa. Non ho parlato a nome di altri. Il mio intendimento era contribuire alla chiarezza del dibattito in corso, richiamando le attuali conoscenze e precisando gli ambiti e i diversi approcci dal punto di vista scientifico, filosofico e religioso. Perché sul tema dell’evoluzione spesso c’è molta confusione, sia in ambito religioso che scientifico. Debbo dire che ho trovato molta apertura nel giornale della Santa Sede. Se è vero, come ha notato il New York Times, che il mio intervento non rappre- senta la posizione ufficiale della Chiesa, è importante che sia stato accolto in quella sede autorevole. Nel suo nuovo libro sull’evoluzione dell’uomo, l’ultimo capitolo, intitolato Dibattiti sterili e problemi importanti, sembra un invito a farla finita con le polemiche. Molti equivoci nascono dalla mancata distinzione dei piani di conoscenza e dal diverso grado di certezza che si deve dare alle conclusioni della scienza. Vi sono i dati, le interpretazioni, le ipotesi: non possono essere trattate tutte allo stesso modo. Se la religione e la scienza si muovono ciascuno nel proprio orizzonte e secondo le proprie metodologie, ritengo che si possano raggiungere conoscenze che non sono in contrasto fra loro, ma piuttosto concorrono a offrire un quadro vero delle cose. Da dove veniamo come uomini? Anche l’uomo affonda le sue radici nel mondo animale, diciamo nel ceppo dei Primati. Perché meravigliarsi? Non siamo fatti di molecole, cellule, organi, funzioni comuni ai Mammiferi? Teilhard de Chardin diceva che siano fatti della stessa stoffa dell’universo. Ma in pratica come è avvenuta secondo lei l’ominazione, cioè la comparsa della nostra famiglia umana? La linea evolutiva che ha portato all’uomo sembra si sia differenziata da quelle delle scimmie antropomorfe intorno a 6-7 milioni di anni fa. C’è stata l’acquisizione del bipedismo con le forme australopitecine, poi una crescita del cervello. Finché, a un certo momento, forse intorno a due milioni di anni fa, si nota un comportamento che si distacca da quello animale. È il comportamento segnato dalla capacità di progetto e di simbolismo, cioè dalla cultura nelle sue espressioni materiali, anche più elementari. Questo comportamento, che poi si arricchisce nel tempo, rappresenta una discontinuità nella continuità biologica, è il segno della presenza dell’uomo. La natura di questa discontinuità trova una spiegazione nell’approccio filosofico che riconosce una spiritualità nell’uomo. È quello che viene inteso quando si parla di salto ontologico. Questo salto qualitativo implica un’irruzione del soprannaturale nelle leggi naturali? Non parlerei di soprannaturale, perché l’uomo appartiene all’ordine naturale, anche se non si esaurisce sul piano biologico. La natura umana, infatti, nel progetto di Dio comporta anche l’elemento spirituale che non è presente nell’animale. E questo elemento spirituale, che noi chiamiamo anima, si inserisce nell’ordine naturale realizzando una unità inscindibile fin tanto che l’essere umano esiste. L’uomo appartiene con tutto sé stesso alla natura pur trascendendone le proprietà di ordine biologico. Se l’ominazione è avvenuta 2 milioni di anni fa, vuol dire che anche l’uomo di Neanderthal aveva l’anima… Ma certo! Questi nostri cugini sono stati presenti in Europa per qualche centinaia di migliaia di anni fino a circa 37 mila anni fa. Pensavano come noi, erano coscienti della vita e della morte. Avevano capacità simboliche. Ci sono stati altri salti evolutivi nella storia? Ritengo che quello dell’uomo sia stato l’unico salto evolutivo, in senso qualitativo o ontologico. Per ragioni evidenti: lo spirito non può derivare dall’animale, dalla materia. Le altre innovazioni evolutive, forse anche l’origine della vita, possono rientrare in qualche proprietà della materia e dell’essere vivente che in determinate condizioni fa emergere delle novità di ordine biologico. Non è necessario pensare a continui interventi di una causa superiore come vuole la teoria del disegno intelligente. Ovviamente alla base di tutto c’è una volontà di Dio creatore. La teoria dell’evoluzione a volte appare come un primo passo per affermare in pratica l’ateismo C’è stato e c’è chi vuole trarre dalla evoluzione un argomento contro la creazione, quasi che l’evoluzione renda superflua la creazione. Invece basterebbe pensare che si evolve quello che già esiste e che l’esistenza non ce la diamo da soli. Secondo i darwinisti non vi sarebbe bisogno di un Dio ordinatore perché c’è la selezione naturale che opera sulle piccole variazioni delle specie e crea le novità, in modo non preordinato. L’esclusione a priori di un finalismo generale si muove però su un piano ideologico. L’insieme della natura, l’armonia delle sue proprietà e delle sue leggi rimanda a un Creatore, anche se non sappiamo come tutto ciò si sia realizzato. Con la scienza siamo in grado di descrivere più gli effetti che le cause, e gli effetti fanno pensare a un fine generale. L’albero della vita ha steso i suoi molti rami ed è giunto fino a noi secondo un destino che sembrerebbe suggerire un disegno. In ogni caso anche quello che oggi appare casuale è sempre stato ben conosciuto nella mente di Dio. Certo è un Dio ben discreto questo che permette agli scienziati di scoprire leggi universali senza mettere in conto la sua esistenza e intervento… Io direi che il nostro Dio è un progettista che agisce nel silenzio. È all’origine delle cose come creatore, ma anche in seguito le mantiene nell’esistenza come causa prima che si serve delle cose create come cause seconde, cioè rispettando il loro modo di agire. In- somma, non è un Dio orologiaio che dà la carica e poi si disinteressa di quanto ha fatto. E neppure un Dio tappabuchi che interviene dove la scienza non arriva. Direi che è un Dio umile, che stupisce non solo per la perfezione del creato, ma anche per come lo porta avanti, fuori da interventi spettacolari. E crea l’uomo a sua immagine … Questo è un insegnamento fondamentale nella Bibbia, anche se non ci viene detto il come. Viene sancita una differenza sostanziale tra l’uomo e l’animale. È una verità teologica che si aggiunge a quello che la scienza può dirci sull’origine dell’uomo. Darwin e la sociobiologia vogliono invece spiegare tutto l’uomo e il suo comportamento in termini riduttivi, per cui vi sarebbe tra l’uomo e l’animale solo una differenza di grado e di intensità nelle capacità conoscitive e volitive. In questo modo però l’evoluzione non è più una modalità di sviluppo delle specie, ma una visione totalizzante che esclude la spiritualità dell’uomo e il suo rapporto con il trascendente con motivazioni di ordine non scientifico. Si discute tanto dell’insegnamento dell’evoluzione nelle scuole. Ma alla fine sono sempre i ragazzi che da soli devono trovare una conciliazione tra le loro convinzioni etiche e religiose e le teorie scientifiche proposte a scuola Di solito non c’è una mediazione culturale che li aiuti. La scuola nel suo insieme ha certamente il compito di fornire tutti gli elementi utili per affrontare il problema in modo corretto. L’insegnamento delle scienze dovrebbe evitare dogmatismi, semplificazioni o tentazioni ideologiche spesso presenti, mantenendosi sul piano dell’informazione aggiornata e critica. Contemporaneamente l’insegnamento della filosofia non dovrebbe ignorare le domande che la storia della vita può porre; e soprattutto la religione dovrebbe aiutare il ragazzo a capire il senso di tutto, mantenendosi aperta al dialogo con i veri dati della scienza. Professore, perché si interessa a questi aspetti, come le è venuta fuori questa passione? Fin da giovane studente mi ha interessato il rapporto tra scienza e religione. Ero convinto che non possono esserci contrasti, se ciascuno si muove nel proprio ambito. Gli equivoci sono venuti quando si è voluto ricavare dalla Bibbia quello che non vuole dire e dalla scienza quello che non può dire. A ben riflettere la Bibbia e la scienze della natura attingono alla medesima fonte di verità, Dio. E il fatto di essere un sacerdotescienziato, come molti altri nella storia prima di lei, l’aiuta nel suo approccio al problema? Forse sì.Mi sembra che consenta di allargare l’orizzonte, di integrare diversi approcci e vedute, permettendo una maggiore completezza nella conoscenza delle cose. Quali consigli darebbe ai giovani che si interrogano se studiare biologia ed evoluzione all’università? Li incoraggerei. È un mondo affascinante. Più ci si addentra e più ci si accorge della complessità dell’essere vivente. L’esplorazione della natura e della storia della vita non è solo una curiosità. Riguarda il passato e il presente, l’essere umano nella sua identità

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