L’uomo connesso

Probabilmente, la prossima volta che faremo la spesa al supermercato la confezione di rigatoni segnalerà alla cassa l’importo da addebitare, tramite una minuscola etichetta intelligente (Rfid), composta da un microcomputer (chip) e da una piccola antenna di trasmissione. A Roma, sulla tessera di abbonamento ai trasporti comunali c’è un piccolo riquadro dorato che, avvicinato ad uno dei terminali in stazione, apre automaticamente la sbarra di ingresso alla metro. I cittadini lombardi stanno ricevendo a casa una Carta dei servizi, simile ad un bancomat, ma con in più il famoso quadratino dorato, il chip. Il minuscolo computer può contenere dati amministrativi (nome, cognome, indirizzo, medico di famiglia, Asl di riferimento, esenzioni, scelta per i trapianti…) e sanitari (malattie come diabete e ipertensione, medicine assunte regolarmente, eventuali allergie) che possono essere utili in caso di emergenza, e salvare la vita anche se si è in stato di incoscienza. La Carta dei servizi è in pratica la chiave personale di identificazione con cui accedere ai servizi resi disponibili in rete da enti pubblici e privati, per prenotare la mensa scolastica o l’asilo comunale, farsi fare una ricetta, ricevere i risultati degli esami medici a casa, pagare un conto eccetera. Se poi entriamo in una sala giochi, ci sentiamo ancor più nel futuro: il giocatore si infila casco, guanti, occhiali con schermo incorporato e microfoni sulle orecchie, per una immersione completa nella simulazione di un mondo virtuale, esistente solo nella memoria del computer. Una realtà virtuale creata dall’uomo, dove non c’è posto per il mare, il cielo e le stelle, cioè la natura come la conosciamo da quando siamo nati. Anche guardare una partita in tivù è ormai diventata un’impresa per esperti, tra parabole satellitari, ricevitori e decoder di tutti i tipi, trasmissioni analogiche (la vecchia tivù) e digitali (la nuova frontiera interattiva che utilizza una scatoletta detta set-top-box collegata a tivù, antenna e telefono). Per non parlare del cellulare, sempre più mini-centrale multimediale integrata, mentre il vecchio telefono di casa conosce una nuova giovinezza grazie al piccolo schermo su cui si può vedere il volto di chi ci chiama. Lavorare in rete Nel mondo del lavoro le novità sono impressionanti: con il computer portatile posso spostarmi ovunque ed essere sempre connesso ad Internet, senza la schiavitù di fili, prese e cavi, tramite l’apposita schedina che accede automaticamente alla rete di trasmissione raggiungibile in quel momento (gsm, wifi, wimax, edge, umts e chi più ne ha più ne metta). Nei grandi centri di ricerca, invece, la parola magica è grid, che forse si può tradurre con: l’unione di tanti, piccoli e in rete, fa la forza. Questi centri finora per le loro esigenze di elaborazione e simulazione dovevano comprare costosissimi e potenti supercomputer con cui eseguire calcoli lunghi e complessi, che nei normali computer avrebbero richiesto anni o secoli. Invece ora si sfrutta la potenza offerta da tanti piccoli Pc sparsi nel mondo e connessi in rete al progetto. Se voglio posso mettere anch’io a disposizione il mio Pc di casa: quando non lo uso, si connette automaticamente a quel certo progetto internazionale e svolge una piccola parte dei calcoli necessari, scambiando automaticamente dati e informazioni. Collaborazione gratuita. E volontaria. L’ambiente intelligente Si potrebbe proseguire con tanti piccoli e grandi esempi, ma forse lo scenario che si delinea per il mondo digitale di domani si può già schematizzare: l’uomo sta rendendo il suo ambiente intelligente e mobile, nel senso di capace di comunicare e se necessario di muoversi. Proviamo ad immaginare: ogni confezione di cibo comunicherà (tramite l’etichetta Rfid) la propria presenza al frigorifero che preparerà la lista della spesa con i cibi mancanti; la camicia comunicherà le proprie caratteristiche alla lavatrice che selezionerà il programma adatto. Il nostro cane avrà sottopelle un chip capace di identificarne la posizione in ogni momento. Nel nostro sangue scorreranno, insieme agli anticorpi naturali, piccolissime macchine capaci di riconoscere e aggredire masse tumorali, ostacoli alla circolazione sanguigna e altri ospiti indesiderati. Anche le piante avranno un segnalatore incorporato per tenere sotto controllo gli incendi, verificare il tasso crescita e la qualità dell’aria. Le automobili faranno sempre più quello che vogliono nel traffico, noi dovremo solo stabilire il punto di arrivo ed il navigatore penserà alla guida. Non è fantascienza, di ognuno di questi esempi vi sono prototipi in fase di realizzazione. E sicuramente la realtà supererà come al solito di molto la fantasia. Modificheremo insomma ogni angolo del nostro ambiente naturale… inserendo intelligenza. Artificiale, naturalmente. L’uomo connesso Per completare lo scenario, dobbiamo però considerare anche la nostra posizione di uomini in questo ambiente modificato. Già adesso, quando ci spostiamo in città siamo controllati da centinaia di telecamere. Si moltiplicano le notizie di genitori asfissianti che impongono alle scuole di istallare servizi di telesorveglianza con cui tenere sotto controllo i ragazzi. In questa società del grande fratello, arriveremo probabilmente ad avere tutti sotto la pelle un chip per essere in costante collegamento con la rete. Sarà la nostra identità digitale (fatta di impronte vocali, digitali, dell’iride…), che sempre più sostituirà l’identità naturale, quella che oggi appare nelle fotografie. Ma qualcuno ha già parlato di guinzaglio tecnologico. Vivremo nel mondo naturale e, contemporaneamente, in quello artificiale della rete. I due mondi finiranno per confondersi sempre più, e avremo quindi bisogno di tutta la nostra maturità e capacità di adattamento. In un esperimento già in corso, per esempio, si impianta nella testa di una persona un chip sul quale estendono le loro connessioni i neuroni del cervello. La persona pian piano impara a pensare in modo da attivare il chip che a sua volta muove un braccio meccanico del corpo o invia un comando al mouse di un computer, senza toccarlo. È l’uomo connesso. In permanenza. Con il confine tra naturale e artificiale sempre più labile e sfuggente. Evoluzione Tutto questo può essere preoccupante, se pensiamo alle possibilità di controllo esterno, tramite i chip, del nostro corpo e dei nostri pensieri. È il sogno di ogni folle dittatore. Probabilmente non ci arriveremo mai, ma certo l’ipotesi che qualcuno possa leggere i nostri pensieri è una prospettiva inquietante. Ad aumentare la preoccupazione è il dilagare di violenza e pornografia di massa che hanno ormai invaso tutti gli strumenti di comunicazione. Va ridimensionato di sicuro l’entusiasmo tecnologico che riempie i negozi di continue novità, spesso solo costosi passatempi sbandierati come status symbol, inutili o dannosi nella vita di tutti i giorni. Ma va soprattutto favorito lo sviluppo di una cultura e coscienza etica all’altezza delle sfide che ci attendono. È questa la vera scommessa, cruciale per il futuro nostro e dei nostri figli. Un dettaglio: se osservo un filmato in bianco e nero degli anni Sessanta, mi colpisce la lentezza delle scene. Non è solo per il miglioramento delle tecniche di ripresa: è che il nostro cervello e la nostra psicologia si aspettano ormai una comunicazione veloce, intuitiva, complessa, multimediale. Un altro dettaglio: tutti comunichiamo con il cellulare, ma noi adulti spesso lo teniamo spento. Per i più giovani, invece, tenerlo sempre acceso non è solo una moda, è quasi naturale. Un terzo indizio: ognuno in rete può diventare facilmente, se vuole, cacciatore di informazioni e di contatti, gli spazi di dialogo diretto sono infiniti, così come la possibilità di scoprire volti e culture diverse. Questi segnali sembrano indicare che come uomini ci stiamo evolvendo molto velocemente nell’interazione con questi strumenti, quasi che siano adatti, fatti apposta per noi, per il nostro futuro. Comunicazione e coscienza La direzione sembra quella del costituirsi di un sistema nervoso per il genere umano quale mai c’è stato. Le conseguenze sono molteplici e possiamo immaginarle considerando il parallelo tra organismo e società umana. Nella natura, a partire dai più piccoli costituenti della materia oggi conosciuti, i quark, fino agli atomi e su su fino alle cellule e agli organismi, ogni volta che particelle o cellule si mettono in comunicazione, viene fuori qualcosa di totalmente nuovo e imprevisto, su un altro piano, che è più della semplice somma delle particelle costituenti. In particolare, nella crescita di un organismo ad un certo momento cominciano a crearsi delle connessioni, delle vere e proprie reti di comunicazione, fra recettori e muscoli, i neuroni intermedi si moltiplicano e la rete nervosa s’infittisce. Gli organismi dotati di un cervello particolarmente grande sono quasi più interconnessi con sé stessi di quanto non lo siano con l’esterno. Questo potrebbe valere anche per noi uomini grazie agli odierni strumenti di comunicazione: come è già accaduto nel suo momento originario, ma su scala completamente diversa, il genere umano si avvia a costituire nuovamente un’unica società. Se consideriamo corretto il concetto che l’interconnessione è soltanto il versante materiale dell’espansione della coscienza e i due movimenti vanno sempre di pari passo, vediamo che essere connessi porta di solito ad uno scatto di consapevolezza. La cosa interessante è che questa volta la coscienza non è di un organismo come raggruppamento di cellule, ma di una società (mondiale) di persone già di per sé coscienti. E questo, se avverrà, sarà qualcosa di completamente nuovo, un vero salto evolutivo. Per questo sono ottimista e scrivo su Città nuova, la rivista del mondo unito.

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