L’ultimo saluto alle 13 donne annegate nel Mediterraneo

Non esistono morti di serie B. L’arcivescovo di Agrigento, Montenegro: «Ognuno di noi ha un po’ di colpe. C’è gente che ha voglia di vivere e noi decidiamo che non deve avere questo desiderio». Si cercano ancora i dispersi.

Questa volta le vittime sono donne. Tredici ragazze (la più piccola aveva 12 anni) sono morte annegate nella notte tra il 6 ed il 7 ottobre al largo di Lampedusa. Alcune erano incinte. Il naufragio è avvenuto a poche miglia dalla costa, quando ormai le povere vittime vedevano il traguardo vicino. Ma quando le motovedette della guardia costiera e della guardia di finanza si sono avvicinate, il panico o l’impazienza hanno avuto la meglio. Molti si sono spostati su un lato della barca per tenersi pronti al trasbordo: ma quel natante leggero e malmesso non ha retto il peso e si è ribaltato. Era uno dei tanti “barchini” che solcano il Mediterraneo con il loro carico di disperati.

I dispersi dovrebbero essere una quindicina: tra queste anche una bimba di 8 anni. Un tunisino era riuscito a raggiungerla, ma un altro migrante si è aggrappato alle sue gambe e lui ha perso la bimba.

Ieri i funerali, celebrati dal parroco, don Carmelo La Magra, presso la casa della Fraternità. Vi hanno partecipato solo 200 persone, tra cui alcuni dei sopravvissuti. Il parroco ha donato ai presenti una Bibbia ed un Corano.

Poca gente, nessun clamore. Un funerale in tono minore. Come se quei 13 morti e almeno 15 dispersi fossero «di serie B». Il giorno prima, l’arcivescovo di Agrigento, il cardinale Francesco Montenegro, aveva benedetto le salme. E in una dichiarazione all’Agensir aveva detto: «L’Europa sta dimostrando che ancora non è in grado di affrontare questo problema. Oppure, non voglio essere cattivo, forse non vuole essere in grado. Perché affrontare questi problemi vuol dire perdere popolarità e allora noi, pur di restare a galla, preferiamo che gli altri affondino: una Europa che non è capace di accogliere, che da anni discute dicendo che le cose cambieranno».

Ma il presule ha puntato l’attenzione anche su un problema di fondo: il dovere di accogliere i migranti, di non chiudere le porte a chi cerca una vita migliore. Un principio oggi, da più parti, messo in discussione. «Ognuno di noi ha un po’ di colpe – ha detto Montenegro -. C’è gente che ha voglia di vivere e noi decidiamo che non deve avere questo desiderio. Ecco perché – ha proseguito – di fronte a questi fatti c’è solo il silenzio e cercare di capire perché il cuore dell’uomo è così chiuso e non riesce a leggere quella che è una storia che vuole andare avanti e che andrà nella misura in cui noi lo permettiamo».

Intanto, l’odissea dei migranti non si ferma, neanche dopo la morte. Ieri sera, la nave traghetto Sansovino, che collega il porto di Lampedusa a Porto Empedocle, ha avuto un’avaria al motore. Il natante, con 68 persone a bordo, dirette a Lampedusa, è dovuto ritornare in Sicilia. Il trasporto dei migranti che dovranno essere seppelliti nei cimiteri siciliani è sospeso.

Un problema che riporta l’attenzione su un altro tema saliente di Lampedusa: i trasporti. Se la nave si guasta (e non accade per la prima volta) non si può raggiungere Lampedusa e da Lampedusa non si può andare verso la Sicilia. Specchio e notizie da un’isola sperduta del Mediterraneo. Un’isola più a sud di Tunisi. Che vive i problemi degli sbarchi. Ma non solo!

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