L’ultimo maestro della commedia all’italiana

Nel ricordo di un'intervista al regista Ettore Scola a fine anni '70, un breve affresco dei suoi grandi successi
Scena da "Splendor"

Giovane “inviato” di una delle prime Tv libere di fine anni ’70, ebbi l’onore, la fortuna e il piacere di intervistare Ettore Scola durante la campagna elettorale delle prime elezioni europee del 1980, per l’allora partito comunista, lui che era stato anche membro dell’epico governo ombra del Partito Comunista Italiano, con la delega ai Beni Culturali.

All’epoca con i miei 23 anni anagrafici, ma molto meno “di aspetto”, feci tenerezza al grande regista, grande per capacità professionale, ma anche di aspetto.

Mi rispose con una frase sarda, capendo la mia provenienza, avendo lui la moglie di Bosa, stesso paese di mia madre.

Iniziammo l’intervista per cui mi fece i complimenti, accrescendo di gran lunga la mia autostima, e mi invitò anche a Roma nel set del film che stava girando, La terrazza, amaro bilancio di un gruppo di intellettuali di sinistra in crisi. Mi dispiacque molto non poter cogliere l’invito di quello che sarebbe stato l'ultimo grande maestro della commedia italiana e che mi aveva affascinato col racconto delle vicende di tre amici a cavallo tra il ’45 e il ’75 di C'eravamo tanto amati con Gassman, Manfredi, Satta Flores.

Sono tanti i film e tanti gli argomenti anche “scomodi” toccati dal regista irpino di Trevico naturalizzato romano: gli intellettuali di sinistra, il radiocronista licenziato e mandato al confino perché omosessuale di Una giornata particolare, senza parlare del film che reputo il suo capolavoro pluripremiato e con una nomination all'Oscar come miglior film straniero, La Famiglia, grande affresco a più quadri di una famiglia a cavallo di più generazioni nello stesso appartamento.

Ettore Scola è stato anche e direi soprattutto un costruttore di parola, sceneggiatore, collaborando con i grandi per film come Un americano a RomaLa grande guerra, per poi passare dietro la macchina da presa. Il suo il primo successo popolare Scola lo ottenne con la commedia amara Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa? Una critica all'arroganza degli italiani benestanti nei confronti del Terzo Mondo con Alberto Sordi, con cui lo legò un fortunato e importante sodalizio che li vide insieme per La più bella serata della mia vita,  I nuovi mostri e Romanzo di un giovane povero. 

Scola, in un film che non ebbe il successo che meritava, colse le capacità interpretative di Massimo Troisi che in quel periodo era apprezzato e voluto come comico, mentre aveva capacità ampie che vennero in evidenza, ma ormai alla fine, col Postino. il Film Che ora è? è il racconto girato in una crepuscolare Civitavecchia sulla difficoltà di comunicazione tra un padre (Mastroianni) e un figlio (Troisi), raccontando un mondo che non esiste più.

Nell’ultimo periodo Scola firma due documentari: uno dedicato alla sua città d'adozione, Gente di Roma, e un altro al suo grande amico Federico Fellini, raccontato a partire proprio da quella fucina culturale del Marc'Aurelio dove lo aveva conosciuto, Che strano chiamarsi Federico. 

Ci piace ricordarlo con una sua frase che lo ritrae: "Il cinema è un lavoro duro ma si può, ridendo e scherzando, mandare qualche messaggetto, qualche cartolina postale con le proprie osservazione sul mondo. Il cinema è come un faretto che illumina le cose della vita".

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