Luigi Padovese, un martire del dialogo

Il 3 giugno 2010 in Turchia veniva crudelmente assassinato mons. Luigi Padovese, ofmcap, uomo di dialogo che aveva il dono dell’ascolto e dell’accoglienza. Conosceva il modo di parlare alle autorità e agli uomini di cultura, ma sapeva toccare anche il cuore dei semplici. Benedetto XVI ne ha ricordato la generosa testimonianza al Vangelo e il musulmano Kenan Gürsoy ha dichiarato di mons. Padovese: “Entrambi crediamo nella verità e nella trascendenza”. Profilo di un testimone del dialogo tra credenti di Chiese e religioni diverse[i]. [i] Per la stesura di questo articolo ci siamo serviti, oltre a ricordi personali, della pubblicazione: G. Caffulli (ed), Come chicco di grano. Un ricordo di mons. Luigi Padovese assassinato in Turchia, Edizioni Terra Santa, Milano 2010.     
Gesù ci ha detto di non aver paura di nulla. Solo di una cosa bisogna aver paura: di non essere cristiani, di essere, come diceva Gesù, un ‘sale senza sapore’, una luce spenta o un lievito senza vita… San Giovanni Crisostomo nel IV secolo qui in Turchia diceva: ‘Il Cristo pasce agnelli. Finché saremo agnelli vinceremo, quando diventeremo lupi perderemo’”. Parole di don Andrea Santoro, sacerdote del Vicariato apostolico dell’Anatolia in Turchia di cui mons. Luigi Padovese era vescovo dal 2004.

Ricordando don Santoro, ucciso nel 2006, mons. Padovese disse delle parole che tragicamente si applicano anche a lui stesso: “Don Andrea era venuto in Turchia affascinato da questa terra, dal suo passato, dal desiderio di essere un ponte tra islam e cristianesimo, ma pure tra Oriente ed Occidente. La piccola rivista che aveva creato con amici di Roma portava il titolo ‘Finestra sull’Oriente’. Ora questa finestra – grazie al suo martirio – s’è spalancata, e attraverso di essa la nostra situazione, prima conosciuta da pochi, ora è divenuta nota a molti. Con il sacrificio della sua vita don Andrea ha fatto veramente da ponte attraverso una testimonianza fatta di non molte parole, ma di una vita semplice, vissuta con fede”.

 

Chi era mons. Padovese?

 

Luigi Padovese nasce a Milano nel 1947. Entra, ancora giovane, tra i Cappuccini. Dopo l’ordinazione sacerdotale si dedica agli studi di Patristica e di Storia della teologia. Nel 1982 inizia ad insegnare al Pontificio Ateneo Antonianum a Roma e si inserisce nell’organico dei professori dell’Istituto Francescano di Spiritualità. Dal 1987 diventa Preside di questo Istituto fino al 2004, quando viene eletto vescovo in Turchia, nel vicariato apostolico di Anatolia con sede a Iskenderun.

Conosceva bene questo Paese, poiché fu ideatore e organizzatore di innumerevoli simposi in Italia e all’estero. In particolare ricordiamo: “I Simposi di Efeso su san Giovanni Apostolo” e “I Simposi di Tarso su san Paolo Apostolo” che a partire dal 1990 si sono susseguiti fino ad oggi. Dirigeva anche i primi otto Simposi intercristiani, iniziati nel 1992, organizzati insieme al Dipartimento di Teologia della facoltà teologica dell’università Aristotiles di Salonicco in Grecia.

 

Mons. Padovese è indubbiamente uno dei protagonisti dell’Anno Paolino, essendo la città che ha dato le natali all’Apostolo delle genti, parte della sua diocesi. È da ricordare anche il suo impegno nella preparazione dell’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi sul Medio Oriente (ottobre 2010), partecipando alla commissione preparatoria e collaborando alla stesura dei Lineamenta e dell’Instrumentum laboris. In una intervista rilasciata una settimana prima della sua morte, mons. Padovese aveva spiegato l’importanza del Sinodo per la Chiesa turca: “Al Sinodo ci sarà una Chiesa turca rinvigorita e più consapevole della propria fede. Tra i frutti dell’Anno Paolino e dei tanti pellegrinaggi che qui continuano ad arrivare, c’è anche la maggiore consapevolezza dei cristiani locali della preziosità di questi luoghi per la tradizione cristiana. La presenza dei pellegrini ridesta la certezza di vivere in una Terra Santa. Altro effetto positivo riguarda i musulmani. Essi vedono che giungono cristiani che, lungi dal voler sfruttare turisticamente il posto, si mettono in atteggiamento di preghiera e ciò aiuta a superare diffidenze reciproche che si sono accumulate nel passato. Credo che la testimonianza più bella che si possa dare alla Turchia sia quella di vedere uomini e donne che pregano”.

 

Benedetto XVI conferma l’importanza della persona di mons. Padovese come uomo di dialogo: “Ritengo doveroso fare memoria del defunto vescovo Luigi Padovese – ha detto durante la celebrazione eucaristica a Nicosia a Cipro tre giorni dopo la morte del vescovo – che come presidente della Conferenza episcopale turca ha contribuito alla preparazione dell’Instrumentum laboris, che oggi vi consegno… Affido la sua anima alla misericordia di Dio onnipotente, ricordando quanto egli si impegnò, specialmente come vescovo, per la mutua comprensione in ambito interreligioso e culturale e per il dialogo tra le Chiese. La sua morte è un lucido richiamo alla vocazione che tutti i cristiani condividono ad essere, in ogni circostanza, testimoni coraggiosi di tutto ciò che è buono, nobile e giusto”.

 

Dalla comunione alla testimonianza

 

Luigi Padovese ha avuto molti contatti con personalità della Chiesa cattolica, con membri di altre Chiese cristiane e con fedeli di altre religioni, specialmente musulmani. Basta ricordare l’amicizia che coltivava con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e gli ottimi rapporti con le autorità musulmane della regione.

Quando gli uomini hanno un legame colla trascendenza, può nascere tra loro un’amicizia fondata in Dio. Dove trovare questa trascendenza? Se è nel cuore, se è nel mio cuore, reciprocamente parlando, quest’amicizia tra un musulmano e un cristiano è anche un’amicizia nella via, nella rivelazione, nella considerazione di questa trascendenza; e, se si amasse veramente Dio, non si potrebbe essere ‘non amici’, si dovrebbe essere assolutamente nell’amicizia”. Sono parole del professore musulmano Kenan Gürsoy, ambasciatore della Turchia presso la Santa Sede e vero amico di mons. Padovese da quando l’aveva invitato negli anni ‘90 a tenere una serie di conferenze all’università in Turchia dove insegnava.

 

L’atteggiamento di dialogo aveva in Luigi Padovese una solida e convinta base teologica ed esistenziale. In un intervento alla seconda Assemblea ecclesiale del Patriarcato di Venezia nel 2009 ne ha dato testimonianza: “In questo particolare momento storico di Europa a molti cristiani, presumibilmente per una concezione individuale e intimistica di religione sulla quale si dovrebbe riflettere e nella quale la si vorrebbe relegare, risulta difficile confessare a parole la loro fede. V’è un diffuso timore nel trattare temi religiosi e manca il coraggio di affermare sia in pubblico che in privato la propria fede, spesso per scarsa formazione. Il che ci ricorda come sia necessaria una nuova grammatica della fede che significa anzitutto chiarire a se stessi perché e come essere cristiani, e poi chiarirlo e mostrarlo a chi non lo è.

Penso che anche alla nostra realtà italiana si possa applicare quanto scriveva tempo fa il vescovo di Erfurt in Germania: ‘Alla nostra Chiesa cattolica (in Germania) manca qualcosa. Non è il denaro. Non sono i credenti. Alla nostra Chiesa cattolica (in Germania) manca la convinzione di poter guadagnare nuovi cristiani… e quando si parla di missione v’è l’idea che essa sia qualcosa per l’Africa o l’Asia, ma non per Amburgo, Monaco, Lipsia o Berlino’.

 Particolarmente oggi, in epoca di pluralismo, va ravvivata la consapevolezza che la testimonianza fonda e precede l’annuncio, anzi è il primo annuncio. È sempre vero che il primo passo nel diventare cristiani si fonda nell’incontro di uomini che vivono da cristiani convinti. Ci conforta in questa convinzione il metodo missionario che Francesco d’Assisi consigliava ai suoi frati ‘che non facciano liti e dispute… e confessino d’essere cristiani’. È in sintonia con questo modo di sentire quanto leggiamo nell’Evangelii nuntiandi dove si parla della testimonianza senza parole che suscita domande in quanti vedono. Già questo – leggiamo ‘è una proclamazione silenziosa ma molto forte ed efficace della buona novella… un gesto iniziale di evangelizzazione’.

Questo modo di essere testimoni silenziosi è stato scelto da don Andrea Santoro, il mio sacerdote ucciso il 5 febbraio 2006 a Trebisonda… Nella mail che m’ha inviato il 1° ottobre 2005, scriveva: ‘Abbiamo ripreso la nostra vita regolare, fatta di studio, di preghiera, di accoglienza, di cura del piccolo gregge, di apertura al mondo che ci circonda, di tessitura di piccoli legami, a volte facili, a volte difficili’”.

 

Mons. Padovese, descrivendo la vita di don Andrea offre un quadro anche della sua vita quotidiana che consiste, si potrebbe dire, nel dialogo della vita. E riferendosi al Sinodo delle Chiese orientali sottolinea – sempre nel suo intervento a Venezia – l’importanza della comunione per la testimonianza: “A noi il Papa ha proposto come tema del Sinodo: ‘Comunione e testimonianza. Erano un cuor solo ed un’anima sola’. In altre parole: essere uniti per essere testimoni. La scelta di questo tema non riguarda soltanto le nostre Chiese di Oriente che vivono in una situazione minoritaria e di confronto con il mondo islamico, ma si può applicare anche alle Chiese di Europa messe a confronto con una società pluralistica e dove è anche dalla comunione dei cristiani tra di loro che deve nascere la loro testimonianza… San Paolo ci ricorda che ‘cristiani non si nasce, ma si diventa’ e ci richiama ad una realtà di Chiesa intesa anzitutto come il ‘noi’ dei cristiani… Essa è solidarietà, scambio, comunicazione dall’uno all’altro, comunione fraterna, unanimità che prega, ambiente di conversione, partecipazione alla croce”.

 

Chicco di grano che muore

 

Luigi Padovese ha avuto la grazia di condividere il cammino di Gesù fino a versare il sangue in una morte violenta. Nell’omelia ai funerali, il suo predecessore sulla sede vescovile, mons. Ruggero Franceschini ha testimoniato: “La memoria di padre Luigi non avrebbe bisogno di essere esaltata con un elenco di opere buone. Ma per amore di verità e di giustizia, ci piace ricordare alla Chiesa di Turchia e agli amici non cristiani alcune delle cose che ha potuto operare, nell’ambito della carità e della cultura, nel breve periodo del suo ministero come vescovo in Anatolia. Dalle cose più semplici fino all’impegnativa organizzazione dei Simposi, degli incontri e dei convegni di studio.

Tra le cose più significative: la condivisione del cibo con gli amici musulmani durante le reciproche feste; la creazione di un servizio di distribuzione a domicilio di generi alimentari ad oltre 70 famiglie in difficoltà (di cui una sola cristiana); il personale stesso della casa del vescovo (oltre 10 lavoratori) è composto da persone di religione islamica; la simpatia verso la cultura islamica confermata anche dagli ottimi rapporti con il müftü di Iskenderun; delle buone relazioni con le autorità civili è quasi superfluo parlare, basta vederle qui oggi, amici tra amici, a condividere lo stesso dolore; a tutti era nota la sua profonda amicizia con sua santità il patriarca Bartolomeo e tutti i fratelli ortodossi, oggi rappresentati dai loro pastori.

E ancora. La carità del vescovo Luigi si allargava al mondo della sofferenza, negli eventi straordinari come nella vita quotidiana. Ricordiamo: gli aiuti profusi alla popolazione durante le alluvioni qui a Iskenderun e a Batman; l’aiuto costante e generoso alle persone colpite dalla malattia; il contributo determinante per la canalizzazione dell’acqua in alcuni villaggi isolati. E ancora potrei continuare. Voglio solo aggiungere che tutto questo mons. Luigi l’ha fatto senza aspettarsi nulla in cambio, nessun tornaconto, nessun rientro di immagine, nessuna propaganda religiosa, solo carità cristiana, così come insegna il vangelo”.

 

A queste parole fanno eco quelle pronunciate dal cardinale Dionigi Tettamanzi, in occasione della messa in ricordo di mons. Padovese celebrata nel duomo di Milano 14 giugno 2010: “Vero discepolo di Cristo: il vescovo Luigi ha dato il suo corpo e ha stretto un’alleanza nel suo sangue, offrendo tutto se stesso per l’annuncio del vangelo e per la vita di coloro che gli erano stati affidati. Nell’esistenza di questo nostro fratello e padre si è realizzata la parola di Gesù che ha paragonato la vittoria della sua Pasqua al mistero del seme che porta frutto nel suo morire: ‘Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto’.

Chicco di grano caduto in terra è stata la vita di padre Luigi, che ha accolto come una chiamata della Provvidenza di Dio il suo ministero di vescovo di Anatolia… Chicco di grano, che silenziosamente porta frutto, è stato padre Luigi nei suoi incessanti sforzi di costruire spazi di dialogo e di incontro tra culture, tra religioni, tra gli stessi cristiani. Ogni uomo di buona volontà riconosce in questo vescovo mite e sapiente un vero costruttore di riconciliazione e di pace, a partire dal rispetto reciproco e dall’accoglienza fraterna”.

 

In caritate veritas”. In queste parole di san Paolo, dalla lettera agli Efesini (4, 15), mons. Luigi Padovese ha voluto fissare il suo programma da vescovo. Ha vissuto nella carità, dando testimonianza alla verità che nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per gli altri. Lui stesso diceva: “Sono parole che esprimono il mio programma di ricercare la verità nella stima e nel reciproco volersi bene. Se è vero che chi più ama, più si avvicina a Dio, è anche vero che per questa strada ci avviciniamo al senso vero della nostra esistenza che è un vivere per gli altri. Su questa convinzione si fonda anche la mia volontà di dialogo.

 

Una cattedra: “Spiritualità e dialogo interreligioso”

 

Per tenere vivo il ricordo della donazione instancabile di mons. Luigi Padovese, l’Istituto Francescano di Spiritualità della Pontificia Università Antonianum di Roma ha voluto istituire una cattedra: “Spiritualità e dialogo interreligioso”[1]. In occasione dell’inaugurazione della cattedra (4 marzo 2011), il ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori e gran cancelliere dell’Antonianum, José Rodríguez Carballo ha affermato: “La relazione tra spiritualità e dialogo interreligioso certamente costituisce un argomento di cui tutti sentiamo la bruciante attualità, dato che sempre di più religioni diverse vengono a contatto tra loro in forza del processo di globalizzazione e di mobilità dei popoli che caratterizza profondamente e da sempre l’esperienza francescana di Dio e la storia stessa del francescanesimo. Francesco d’Assisi si è mostrato al mondo come fratello universale e la storia da lui scaturita si è da subito caratterizzata per una potente capacità di relazione interculturale e di rapporto positivo con religioni diverse. L’episodio dell’incontro con il Sultano e la costante presenza dei francescani in territori abitati da fedeli musulmani, come ad esempio in Terra Santa, rappresentano la cifra espressiva di questa dimensione dialogica del francescanesimo…

Vorrei sottolineare la fortunata coincidenza della istituzione di questa cattedra di Spiritualità e dialogo interreligioso con il 25° anniversario dell’incontro di preghiera per la pace promosso dal beato Giovanni Paolo II con i rappresentanti delle diverse religioni… Possa lo ‘Spirito di Assisi’ sostenere il nostro dialogo nella ricerca di quella Verità che ci è donata in Cristo Gesù”.

Paolo Martinelli, ofmcap, successore di Luigi Padovese come preside dell’Istituto Francescano di Spiritualità e titolare della cattedra, ha descritto gli ambiti che s’intende approfondire: “La cattedra avrà come punto prospettico lo studio sul vissuto delle persone e comunità cristiane che si sono trovate e si trovano a vivere a contatto con altre religioni. Gli ambiti specifici della cattedra possono essere così indicati: – lo studio della ricerca di Dio (’Quaerere Deum’) come punto di riferimento e ponte di dialogo tra persone, popoli, religioni e culture; – la qualità specifica dell’esperienza cristiana di Dio in Gesù Cristo nello Spirito Santo, in relazione alle diverse esperienze religiose e alla loro valorizzazione ed apprezzamento, nella consapevolezza che, come aveva affermato a suo tempo l’allora teologo Joseph Ratzinger, ‘il rapporto del cristianesimo con le religioni del mondo è divenuto oggi una necessità interna per la fede’; – lo studio delle esperienze di convivenza e di dialogo tra popoli di culture e religioni differenti, sia dal punto di vista storico, sia in relazione all’attualità; – lo studio della storia del Medio Oriente come terra di incontro tra tradizioni religiose differenti, con particolare riferimento alla plurisecolare presenza francescana”.

 

In caritate veritas

 

La stima di cui gode mons. Padovese non si esprime solo nella cattedra a lui intitolata, ma anche in un ponderoso volume in suo onore pubblicato ad un anno dalla sua uccisione. Il titolo in un certo senso è stato scelto da mons. Padovese stesso, in quanto corrisponde al suo motto episcopale: “In caritate veritas[2]. In 846 pagine esprimono autorità e amici il loro apprezzamento per lo studioso, il pastore, l’amico scomparso tragicamente.

Per citare un nome per tutti: mons. Anders Arborelius, ocd, vescovo di Stoccolma e presidente della conferenza dei vescovi del Nord-Europa scrive: “Il dialogo interreligioso è diventato un sempre più urgente impegno nel villaggio globale in cui oggi viviamo… Fortunatamente, ci sono persone che fanno tutto quello che è in loro potere per instaurare un profondo dialogo con credenti di fedi diverse. Una di queste è stato mons. Luigi Padovese, che è stato ucciso in modo tragico in Turchia lo scorso anno. Anzi, potremmo dire che egli fu un martire per il dialogo, in quanto ha speso tutta la sua vita nello sforzo di instaurare un rapporto profondo e sincero con i musulmani della Turchia.

Allo stesso tempo, mons. Padovese si sentiva del tutto missionario di Cristo, seguendo l’esempio di san Paolo, con il compito di rafforzare la Chiesa in Turchia. Non percepiva nessuna contraddizione tra dialogo e missione… Possano l’esempio e l’intercessione di mons. Padovese offrirci l’aiuto per camminare insieme su questa via del dialogo, per mostrare al mondo il volto di Dio misericordioso”.

 



[1] Cf. P. Martinelli (a cura di), Cattedra “Spiritualità e dialogo interreligioso”. In memoria di mons. Luigi Padovese, Supplemento a Italia Francescana, LXXXVI (2/2011).

[2] Cf. P. Martinelli – L. Bianchi (a cura di), In caritate veritas. Luigi Padovese. Vescovo cappuccino, Vicario Apostolico dell’Anatolia. Scritti in memoria, EDB, Bologna 2011.

 

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