Luigi Gui. Una vita come lezione politica

Deputato alla Costituente. Ministro negli anni Sessanta e Settanta. La passione per la giustizia sociale.
Luigi Gui

Proprio a ridosso del 25 aprile, giorno della Liberazione, se ne è andato, alla bella età di 95 anni, Luigi Gui che nel periodo 43-44, da giovane professore di filosofia, appena tornato dal fronte russo, partecipò all’attività della Resistenza a Padova assieme a tanti esponenti del vivace cattolicesimo veneto. Un’espressione di quell’urgenza morale che nasceva dalla necessità di dare un nuovo fondamento ad una società ferita dalla dittatura e dalla guerra.

 

Da deputato dell’Assemblea costituente fino ai più importanti incarichi ministeriali, è sempre rimasta in evidenza quella vocazione politica contrassegnata, come ha riconosciuto tra gli altri il presidente Napolitano, dalla fortezza di «una scelta umana e politica fondata sui valori di libertà, di democrazia e di giustizia sociale come componenti essenziali del pensiero cattolico».  

 

Una testimonianza autentica resa ancor più veritiera dalla prova subita, da integerrimo padre costituente, dall’essere stato accusato ingiustamente di uno scandalo politico affaristico uscendone con l’assoluzione con formula piena nel giudizio davanti alla Corte costituzionale. Quando si parla della necessità della buona politica, di fronte a tanta miseria morale di cui siamo testimoni, occorre saper riconoscere queste radici nascoste e profonde di chi ha sofferto per il bene comune.  

 

La «politica del buon senso» era, infatti, il titolo di un volumetto che aveva composto e diffuso durante la Resistenza. Quel buon senso a cui si nutriva quel cattolicesimo democratico orientato verso una decisa riforma politica e sociale radicata sull’uguaglianza e la partecipazione. In questo senso un recentissimo e corposo studio sulla scuola italiana ha evidenziato proprio nel ministero Gui quella svolta democratica nella pubblica istruzione in Italia e cioè «l’avvio di una “politica sociale” dell’istruzione, nella convinzione che il potenziamento dell’istruzione costituisse il motore principale dello sviluppo economico, del progresso civile e dell’avanzamento democratico della società».

 

Conquiste sempre messe in pericolo e su cui occorre l’impegno di persone come Luigi Gui che, fino alla fine, come ha testimoniato il sindaco di Padova, non si è mai sottratto alla partecipazione diretta nella vista sociale.

 

In un’intervista del 2002 al Mattino di Padova, pur costando l’affievolimento della tensione morale nella società attuale, poteva dire: «Noi la Liberazione di 57 anni fa la vivemmo con gioia tanto più intensa quanto maggiori erano state le sofferenze. Ma le spinte per continuare a impegnarsi ci sono tutte, e consistono nel filo che deve seguitare a legare la libertà con la solidarietà e la giustizia sociali. Nel pianeta le situazioni di oppressione e violazione dei diritti umani sono ancora diffusissime. Oggi la "frontiera" è il terzo mondo: che peraltro non è lontano, ma pure qui fra noi, con gli immigrati».

Una lezione della giovinezza del cuore di un “padre della nazione”.

 

 

 

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