Luigi Baudino e la musica come dono

Alla scoperta del cantautore Luigi Baudino, che parla della sua musica e dei progetti futuri.

Ho conosciuto Luigi Baudino su YouTube, precisamente con “Life is moving“,  da lì ho scoperto trent’anni di brani musicali che spaziano da funky divertenti a ballate sociali. Tutto questo è Luigi Baudino, un bravissimo cantautore, che nel suo curriculum vanta un brano scritto per Marco Carta e una vittoria al “Premio Città di Recanati”.

Baudino, com’è nata la sua passione per la musica?
La mia passione per la musica, come spesso accade, è nata da bambino in modo del tutto istintivo. Inizialmente attraverso una tastierina Bontempi ricevuta in regalo a Natale e poi grazie alla impagabile ispirazione avuta da mio padre nel decidere di indirizzare me e mio fratello a lezione di chitarra. Fu una vera folgorazione. Sentii fin da subito che quello sarebbe stato il mio veicolo principale di condivisione delle emozioni. Mi appassionai all’approfondimento dell’armonia ed ogni volta che mettevo le mani sulla chitarra sentivo il bisogno di creare nuove melodie e nuove soluzioni.

Le prime canzoni, a partire dell’età di 9/10 anni, si ispiravano a temi religiosi in quanto i miei genitori facevano parte di un movimento cattolico nel cui ambito ero tra l’altro spronato ad alimentare questa mia predisposizione, ma anche a vivere la musica come un dono per gli altri più che un’affermazione di me stesso.

In seguito, vedendomi più come compositore di musica che come autore di testi, ho cominciato a collaborare con il “paroliere” Franz Coriasco con il quale per dieci anni abbiamo portato avanti una sorta di laboratorio in cui ci occupavamo quasi geometricamente ognuno del proprio specifico, ma con la continua necessità di un confronto (barra scontro…) sul giusto equilibrio da dare ai vari elementi delle nostre creature. È stata per me un’esperienza fondamentale, sia sul piano musicale che su quello umano, per la quale ancora oggi sono grato a Franz.

Ho poi scritto canzoni con altri grandi autori, fra cui Oscar Avogadro, Milagrosa Ortiz, Marco Ciappelli, Kathleen Hagen, Valentino Alfano, Andrea Amati, Giampiero Mazzone, ma nel corso degli anni ho anche sentito il bisogno di raccontare passaggi e sfumature della mia vita attraverso il ritorno alla scrittura dei testi (anche perché non potevo di certo buttare le lezioni gratuite ricevute da cotanti autori di così alto livello!!).

Tornando poi alla tua domanda, negli anni ho collaborato con tanti musicisti e gruppi e mi sono ritrovato spesso anche a reinterpretare canzoni del nostro meraviglioso patrimonio musicale italiano. È un esercizio che mi piace moltissimo, ma che affronto sempre come una scuola, come un modo per immergermi in sensibilità diverse e scoprire i meccanismi attraverso cui i grandi cantautori sono riusciti a lasciare la loro impronta nel cuore di tante persone.

Aggiungo anche che la mia attività musicale è però sempre andata in parallelo con la mia principale fonte di sostentamento che è la professione di consulente informatico e se questo aspetto può essere stato in parte limitativo, soprattutto in termini di tempo e di energie, per altri versi è stato fonte di libertà e di serenità nel poter scrivere nei modi e nei termini che mi venivano più congeniali. Diciamo che, alla fine dei conti, considerando le condizioni in cui si muove il panorama musicale odierno, penso che sia stato un bene per me, per il mio modo, vivere e di intendere la musica.

Nei suoi testi ci sono storie colme di umanità (vedi “Mignolo”) e la riflessione sulla vita (vedi “Life is moving)…  che ruolo ha la scrittura per lei?
Hai preso a riferimento due brani estremamente diversi ma entrambi emblematici. “Mignolo” è una sorta di canzone tragicomica (scritta con Franz prima ancora della comparsa della Dandiniana “L’ottavo nano”) in cui si racconta la storia dell’ottavo dei sette nani che, dopo essere stato scartato ai provini per l’opera di Walt Disney, cade in depressione e finisce a fare la comparsa nei cartoon cinesi. È una tipica genialata alla Coriasco, il quale anticipò il periodo di mani pulite con “Il Cognome del Garofano” e descrisse in  più canzoni le contraddizioni del mondo che ci circonda attraverso il disagio e la comicità inconsapevole di vari personaggi più o meno realistici.

“Life is moving” è invece una canzone tutta mia. Direi che più mia di così non si può. Mi sono proiettato nel momento in cui non ci sarò più. Ho pensato ai miei figli, a quello che lascerò, al reale senso della vita, che per me è e resta l’amore che abbiamo vissuto durante questo nostro viaggio al di là del destino che ci aspetta una volta arrivati al capolinea. Nel ritornello c’è una frase che ho chiesto a mia figlia di trascrivere come mio epitaffio. Ma forse era più divertente parlare solo di Mignolo?

Un bellissimo ricordo della sua storia musicale?
D’istinto me ne vengono in mente due. L’aver scritto la musica e poi cantato “EurHope” di fronte a quattrocentomila persone durante l’omonimo evento svoltosi nel ‘95 a Loreto alla presenza di papa Giovanni Paolo II. E l’altra: alla fine di un concerto di Marco Carta a Brescia (durante il quale mi aveva chiesto di salire sul palco per cantare insieme “Anima di nuvola” che avevo scritto per lui), un ragazzo e una ragazza commossi ed emozionati mi si avvicinano abbracciati e mi ringraziano dicendomi che quella canzone è stata la colonna sonora del loro incontro e del loro amore. Spero tanto che la ricordino ancora come qualcosa di positivo e che ancora oggi la ascoltino abbracciati con la stessa luce negli occhi che avevano quel giorno.

Quali sono i suoi progetti futuri?
Sto continuando a produrre. L’ultima canzone che ho scritto parla di Ezio Bosso, una figura che mi ha ispirato molto e che sento particolarmente vicina al mio modo di concepire la vita, la musica e i rapporti fra le persone (tra l’altro sto andando ad abitare a duecento metri dalla casa in cui è nato e in cui è cominciata la sua meravigliosa avventura musicale e ti assicuro che la cosa mi fa un certo effetto). Sto anche collaborando con autori di lingua spagnola perché sento una forte vicinanza fra il mio modo di scrivere e certe sonorità del mercato iberico. Spero tanto che l’energia collegata alla musica a cui eravamo tutti abituati fino ad un anno e mezzo fa si rimetta presto in moto, magari con una forza propulsiva ulteriore, e che le note tornino a predominare rispetto alle consulenze informatiche nelle mie giornate. Io in ogni caso sono sicuro che il meglio deve ancora venire.

 

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