Luce che rischiara la nostra notte

Il cuore nostro aspetta, con le generazioni di tutti i tempi, un bambino…
Maternità

Natale porta, tra le lacrime, la gioia, perfino oggi. Quando apparve il Salvatore, una grande luce rischiarò la notte. Resta la notte, ma resta anche la luce, e nel cristianesimo è sempre Natale. Non si cede alla morte: si ricomincia sempre. Disceso Dio tra noi, noi risaliamo a Dio; egli si umanizza e noi ci divinizziamo; il punto d’incontro è il cuore di lui. Tutto è semplice e incantevole, come un idillio, in questa nascita d’un bambino nel cuore della notte ventosa – nel cuore della notte dei tempi –; e tutto è insieme tragico e rivoluzionario: poiché questa nascita prelude a un patibolo.

 

La gente consueta, quella che fa le masse, aspettava la regalità dentro cortei di senatori e manifestazioni di superbia: un figlio di re doveva, per essa, nascere lontano assai e molto sopra, in un vertice pressoché inaccessibile, come figlio della divinità. E la divinità era concepita sempre più lontana e più separata, e dimentica o addirittura ignara della miseria che brulica sulla crosta terrestre. E invece questo figlio di re, questo figlio di Dio, vien fuori tra umili creature, in un rifugio di fortuna, a mo’ di profugo respinto dalla gente quattrinosa e ignorato da quella miserabile: e dal nulla muove la rivoluzione. La Chiesa ci sta perché Cristo, come è nato per tutti una notte a Betlemme, rinasca ogni giorno per ciascuno; e ci chiede che non lo respingiamo; ma gli apriamo l’ospitalità del cuore: fosse pure squallido come una stalla. Penserà lui a trasformarlo in un tempio, gremito di angeli.

 

Gesù nacque in una stalla, per dimostrarci che può nascere anche nel cuore nostro, che è un locale talora non meno sordido. Questo bambino che vagisce tra uomini, bestie e angeli è il nostro riscattatore. Una notte fonda ci asserraglia con terrori e schianti; e il cuore nostro aspetta, con le generazioni di tutti i tempi, un bambino che ricominci un ordine nuovo sopra il disordine antico; una innocenza che ci semplifichi, dopo che boria, egoismo e mendacio hanno irretito l’esistenza in un labirinto più ossessionante di un cellulare: una semplicità custodita dal sorriso della madre, dalla protezione del padre, fra gente elementare, in braccio alla natura: per ritrovare quella libertà che pel modo come fu recuperata è detta redenzione.

 

Da: Le Feste, Società Editrice Internazionale, 1954.

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