Quando un uomo sta per morire, in genere, dona il meglio di sé: dona ciò che è. «La bocca parla dall’abbondanza del cuore», dice il Vangelo (Lc 6,45). E dalla bocca di Phra Ajarna Thongrattanathavorn, un monaco buddhista thailandese noto come Luce Ardente, questo piccolo ma grande e sapiente uomo, esce spesso, molto spesso, la parola: «Fratellanza, fratelli». Sembra abbia letto l’enciclica di papa Francesco Fratelli tutti, eppure non lo ha fatto. È profondamente buddhista e al tempo stesso ha un’immensa stima di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, che aveva incontrato diverse volte quando era in vita.

L’ospedale dove risiede il monaco buddhista Luce Ardente (foto di George Ritinsky)
Io lo conosco molto bene e posso affermare con certezza che Luce Ardente ha l’anima intrisa d’amore, di pace profonda, quella di chi è riconciliato con se stesso e con il mondo. Così dona amore, sorrisi, pace e serenità, anche adesso che sente la morte sempre più vicina.
Ho conosciuto Luce Ardente a Roma poco prima del Genfest ‘95, la festa dei giovani dei Focolari: dovevo tradurre per lui ed ero appena arrivato dal Vietnam, catapultato in poche ore da Saigon al Palaeur romano; personalmente ero a pezzi per alcune vicende di quel periodo, ma stare vicino a lui mi fece passare ogni dolore e stanchezza. Andammo insieme per alcune settimane nella cittadella dei Focolari a Loppiano, dove scoprì che l’Ideale di Lubich era un’esperienza concreta, incarnata. Poi al funerale di una della prime compagne di Chiara, Giosi Guella, Phra Ajarna Thongrattanathavorn conobbe la fondatrice del Movimento di persona e ne rimase impressionato. A distanza di decenni da quell’incontro mi racconta: «Chiara non ha iniziato la conversazione dicendo che era la presidente di un grande movimento. Si è seduta con calma e mi ha detto: lei è un monaco buddhista, mi parli del buddhismo». «Capisci George? – ha proseguito Luce Ardente – Io le ho parlato del buddhismo e lei ascoltava tutto e mi faceva domande». Si ferma, pensa un po’ poi continua: «Questo è l’amore: in 50 anni che sono monaco non ho mai conosciuto questo tipo di amore… l’amore che ci fa tutti fratelli».
Gli domando: «Come mai nell’ambito dei Focolari ti chiamano Luce Ardente?». «Avevo fatto un sogno la notte prima di incontrare mamma Chiara (come chiama Lubich, ndr): le avevo chiesto un nome nuovo, come facevano tanti focolarini. Nel sogno, lei aveva preso un foglio e aveva scritto due nomi; io dovevo sceglierne uno, ed è andata così. Scelsi Luce Ardente perché nel buddhismo si parla molto di Luce. E la luce io la vedevo nel volto di Chiara, l’ho sempre vista. Lei è una santa, altrimenti come avrebbe avuto discepoli in tutto il mondo, così tanti? Chiara non portava le persone dietro di sé, ma dietro il suo grande Ideale».
Ciò che Luce Ardente sperimentò con Chiara Lubich in quel pomeriggio di giugno 1995, poi continuò a viverlo in Thailandia: la fratellanza universale. Quanti anni sono passati? Più di 30, nei quali Luce Ardente ha continuato ad annunciare l’amore e la fratellanza, rischiando talvolta anche il linciaggio: accusato di seguire una donna e dei cristiani. È stato anche cacciato dal tempio dove risiedeva e, dopo aver incontrato Lubich a Bangkok nel dicembre 1996, ha dovuto trasferirsi in un altro tempio. Molti monaci non lo capivano. «Ma cosa ci guadagni?», gli chiedevano alcuni. «Niente – rispondeva –, io seguo un grande ideale, quello della fratellanza universale».

Il monaco buddhista Phra Ajarna Thongrattanathavorn, noto come Luce Ardente (foto di George Ritinsky)
Luce Ardente ha conosciuto fama all’estero; ha conquistato la simpatia dei giovani dei Focolari, ha incontrato due papi (Giovanni Paolo II e Francesco); è intervenuto in incontri internazionali a Taiwan, Corea, Filippine; è stato intervistato da varie TV, anche in patria.
Le incomprensioni “tra i suoi” non sono mai mancate. Invece, alcuni buddhisti thai in cerca di realtà spirituali, anime libere, lo hanno seguito, e capito. Tra coloro che lo hanno amato c’è stato il gran maestro Phra Ajarn Thong Sirimangalo (1923-2019), monaco accreditato presso la casa reale e maestro di meditazione Vipassana riconosciuto internazionalmente. Il gran maestro ha anche sempre protetto Luce Ardente dalle critiche, ed è stato per lui un “rifugio”. Andare al tempio di Chomthong, a nord di Chiang Mai, e stare con il suo maestro per alcuni giorni era una cosa che Luce Ardente faceva appena possibile. Li ho visti ed ammirati insieme: padre e figlio, maestro e discepolo, amici e compagni di viaggio.
A visitare nei giorni scorsi Luce Ardente in ospedale, eravamo alcuni focolarini insieme al cardinale emerito di Bangkok, mons. Francesco Kriengsak. Luce Ardente ci ha detto: «Se il gran maestro fosse vivo, starei meglio, sentirei forza: ma (rivolto al cardinale Kriengsak) sei venuto tu a trovarmi, e mi hai portato l’amore cristiano: oggi il buddhismo e il cristianesimo s’incontrano e sto già meglio». Eravamo in un ospedale pubblico, e la gente guardava quei due uomini di dialogo, così diversi, in un silenzio pieno di significato.

Persone del Movimento dei Focolari e il cardinale mons. Francesco Kriengsak in visita al monaco buddhista Phra Ajarna Thongrattanathavorn, noto come Luce Ardente (foto George Ritinsky)
Intanto, io ammiravo le foto esposte davanti al suo “kuti” (stanza del monaco, in pali): una di Giovanni Paolo II e lui a Manila nel 1995; un’altra con il patriarca supremo di alcuni anni fa; altre foto e oggetti che parlano di dialogo interreligioso.
Luce Ardente, ridotto ormai quasi pelle ed ossa, parla di fraternità anche adesso, anche con lo sguardo, con gesti e parole lenti e misurati, quelli di un uomo molto ammalato ma nella pace.
Siamo venuti e ritorneremo, perché si sta spegnendo un uomo di Dio, un apostolo del dialogo interreligioso, un “figlio di mamma Chiara”, come si definisce di fronte a tutti ancora oggi; un uomo che ha amato e diffuso la fraternità universale; un monaco buddhista che ha trovato l’amore che non aveva mai sperimentato, come ripete da tanti anni.
Grazie, Luce Ardente, sei una luce di dialogo, in questa notte che stiamo vivendo nel mondo.