Loujain Alhathloul, donna dei diritti umani

La 32enne Loujain Alhathloul, saudita e da anni impegnata per la tutela dei diritti delle donne, promotrice del movimento Women2drive, ha ricevuto il prestigioso Premio Havel per i diritti umani del Consiglio d’Europa.

«Il sostegno internazionale è l’unico modo che abbiamo per denunciare le ingiustizie nel mio Paese e proteggere le vittime. Grazie per averci dato la forza di continuare la nostra lotta». Queste le parole di Lina Alhathloul all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, riunita a Strasburgo il 19 aprile scorso, in occasione della proclamazione della vincitrice dell’edizione 2020 del Premio Václav Havel per i diritti umani, che in questa sua ottava edizione è stato assegnato a Loujain Alhathloul. Non potendo partecipare direttamente a causa delle restrizioni alle quali è sottoposta, Loujain ha incaricato la sorella Lina di intervenire in collegamento online alla cerimonia.

Loujain è una (non certo l’unica) delle leader del movimento femminista in Arabia Saudita, impegnata da anni nella difesa dei diritti delle donne, per una loro maggiore protezione dagli abusi, per porre fine al sistema della tutela maschile e per ottenere per le donne la patente di guida, che non era ammessa fino alla concessione da parte dell’erede al trono Mohammad Bin Salaman al Saud nel giugno 2018. Ma Loujain all’epoca era già in carcere da un mese. E ci è rimasta, accusata di «aver tentato di destabilizzare il regno». Per il suo impegno civile è rimasta in prigione per 1001 giorni (quasi 3 anni) ed è stata rilasciata solo nel febbraio 2021 per sospensione della pena, dopo una condanna a 5 anni e 8 mesi. Si trova attualmente agli arresti domiciliari a casa sua, sottoposta ad un regime di 3 anni di libertà vigilata e con il divieto di viaggiare all’estero per cinque anni.

«Loujain si è sacrificata per lottare per una vita migliore per le donne saudite. A causa del suo attivismo, è stata rapita, imprigionata illegalmente, torturata brutalmente, messa in isolamento per mesi e ora condannata come terrorista», ha raccontato Lina Alhathloul alla premiazione del Consiglio d’Europa.

Condannata come terrorista? Sì, ormai è questa l’imputazione usata sempre più spesso, e non solo in Arabia Saudita, per levare di mezzo chi non si adegua al “sistema legale” imposto da un regime. La condanna di Loujain per il suo impegno civile si connota legalmente come “spionaggio in favore di elementi stranieri” e “cospirazione contro il regno”.

Ma chi è Loujain Alhathloul? È nata a Jeddah in Arabia Saudita il 31 luglio 1989, compirà quindi 32 anni fra qualche mese. Appartiene ad una famiglia altolocata, come lei stessa racconta: «Sono una donna che ha privilegi familiari e di classe, ma non dimenticherò la sofferenza delle ragazze che non hanno lo spazio di azione individuale che ho io. È mio dovere usare i miei privilegi affinché tutte le donne del mio Paese ottengano i loro diritti». Loujain si è laureata nel 2014 all’università della British Columbia (Canada) in lingua e letteratura francese, ed ha successivamente frequentato corsi alla Sorbona, a Parigi. È nota in tutto il mondo soprattutto come personalità dei social media e per aver fondato con Manal Alsharif (un’altra geniale attivista saudita) il movimento Women2drive. Già nel 2015, Loujain era terza nella lista delle top100 donne arabe più influenti dell’anno. Nel 2014 si è sposata con Fahad Albutairi, cabarettista, attore, sceneggiatore, una delle personalità di YouTube più note del Paese, arrestato per la sua attività artistica considerata non rispettosa, per usare un eufemismo.

Secondo dati di Wikipedia, la pagina in inglese di Loujain ha avuto finora oltre mezzo milione di accessi e la sua biografia è disponibile in 27 lingue. Nell’ultimo anno la pagina dell’edizione in arabo di Wikipedia su di lei ha ottenuto circa 270 mila visualizzazioni. Questo fa anche comprendere, se ce ne fosse bisogno, che il “sostegno internazionale” (soprattutto tramite web) a cui faceva riferimento Lina Alhathloul è ciò che permette a persone impegnate in prima linea per la difesa dei diritti civili e umani di non essere troppo facilmente emarginate o tolte di mezzo, con tutto quanto questa espressione può comportare.

Un’ultima nota riguarda il Consiglio d’Europa, promotore del Premio Václav Havel per i diritti umani, assegnato nell’ultima edizione a Loujain. All’organismo europeo, al quale partecipano i 27 Paesi dell’Ue, aderiscono altri 20 Paesi del continente, compresa Svizzera e Russia, ma non la Bielorussia. Ne è membro, fino ad ora, anche la Turchia, anche se si è appena tirata fuori dalla Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, l’accordo internazionale promosso proprio dal Consiglio d’Europa e universalmente noto (fino ad ora) come Trattato di Istanbul.

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