L’Osservatore Romano: giornale da combattimento

La fonte mediatica più fedele, informata e autorevole della Santa Sede

Ha 150 anni ma non li dimostra, specie sotto l’attuale direzione dinamica e innovatrice di Andrea Monda, apprezzata pure da papa Francesco. L’Osservatore Romano, quotidiano della Santa Sede, fu fondato il 1° luglio 1861, a 3 mesi e 14 giorni dalla nascita del Regno d’Italia. Furono 2 laici ad avere l’idea, avvocati di professione e giornalisti per vocazione, i romagnoli Nicola Zanchini e Giuseppe Bastia, cui s’aggiunse Marcantonio Pacelli, dirigente degli Interni dello Stato Pontificio e nonno di Pio XII.

Da allora il neonato foglio sarebbe stato pubblicato continuativamente il primo pomeriggio di ogni giorno tranne la domenica con la data dell’indomani (è la sua peculiarità), prima con 4 pagine, poi 6, fino alle 8 attuali. A parte 2 fattori importanti che lo rendono “ufficiale”, la pubblicazione dei documenti pontifici e la rubrica “Nostre Informazioni”, L’Osservatore Romano non è tecnicamente l’organo ufficiale del Vaticano, ma ne è la fonte mediatica più fedele, informata e autorevole, e resta formalmente un giornale indipendente.

È un giornale da combattimento. Non si contano le sue battaglie: per i diritti e la libertà della Chiesa nel secondo ’800, contro il laicismo modernista, per la pace durante le due guerre mondiali, contro totalitarismo e razzismo nazifascista, per l’estensione della democrazia, per la promozione del Terzo Mondo. Sorvoliamo sui fronti più recenti, terrorismo, ecologia e pandemia sono cronaca quotidiana.

Storicamente gli anni ’30 restano gloriosi. La redazione si riempì di cattolici democratici (cacciati dal regime mussoliniano) e per anni la rubrica di politica estera Acta Diurna di Guido Gonella fu letta in tutto il mondo, facendo salire le vendite al picco credo storico di 50 mila copie giornaliere.

Il mitico direttore d’allora, Giuseppe Dalla Torre, guidò la testata per ben 40 anni! In tutto si alternarono al timone in 12, compreso l’ultimo, Andrea Monda, studioso, educatore e saggista affermato quando ha preso in mano le redini del giornale 2 anni fa.

Oggi con la sua veste inconfondibile, la sua “austerità leggera”, gli articoli, le rubriche, le foto a colori – e con il settimanale tradizionale, L’Osservatore della Domenica, e il mensile Donne Chiesa MondoL’Osservatore Romano esce in 6 edizioni estere oltre l’italiana e in più di 129 Paesi, con oltre 200 mila copie di tiratura. Completa il quadro l’edizione online, unica durante il lockdown.

Sull’Osservatore Romano ho avuto l’onore di scrivere oltre 30 anni, dal 1978, quando direttore era Valerio Volpini, marchigiano di Fano, firma de Il Tempo di Roma, allora testata di prestigio, grande polemista e critico letterario. Poco prima aveva pubblicato 2 best-seller dai titoli choc, Sporchi cattolici e Cloro al clero, ispirati dai graffiti d’allora.

Il mio secondo capintesta fu un Mario come me, ma dal cognome famoso, Agnes, fratello dell’allora direttore generale della Rai, Biagio. Era un laico noto e impegnato, già a capo dell’Azione Cattolica, giornalista e uomo politico della Dc. Di Avellino, magro come un asceta, poco dopo il suo arrivo lo intervistai sul Nostro tempo e il direttore, Domenico Agasso, tardò a pubblicare il pezzo e mi fece stare sulle spine davanti al mio neodirettore. Ricordo una tempesta “personale” con lui, quando non mandò giù (chissà perché?) che avessi scritto una cronaca su Avvenire e per qualche tempo mi fece curare solo recensioni. Rimasi perché era L’Osservatore Romano, cioè la Chiesa, e il mio servizio andava comunque a lei. Ma poi il nostro rapporto si aggiustò, e lui mi chiamava per assegnarmi articoli a raffica.

In tutti quegli anni collaborai ai servizi culturali, in primis la mitica Terza Pagina, come si chiamava allora ovunque, e potei collaborare e stringere amicizia con belle persone e ottimi colleghi come Gianfilippo Belardo, autore di radiodrammi, e Raffaele Alessandrini (figlio di Federico, altro “padre” del giornale), che morì troppo presto d’un brutto male.

Il mio terzo direttore fu Giovanni Maria Vian, patrologo, docente universitario e “figlio d’arte” in Vaticano per via di Nello Vian, storico segretario della Biblioteca Vaticana e vicino a Paolo VI. Potrei raccontare molte altre cose, come i 5 o 6 traslochi interni della Terza, tali e tante furono negli anni ’70-’90 le trasformazioni e ristrutturazioni della storica sede di via del Pellegrino. Ma lo spazio è tiranno e mi fermo qui. Sarà per un’altra volta.

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