L’orso e l’agnello

Renzo e Lucia, alla fine del romanzo dei Promessi Sposi, liberati da ogni insidia dei potenti signori che vogliono giocare con la loro vita, trovano casa vicino Bergamo dove è fiorente l’arte dei tessitori. Qui Renzo, in fuga dalla città di Milano in rivolta per la mancanza del pane, aveva già trovato rifugio e lavoro dal cugino. Una solidarietà tra lavoratori che Savino, operaio quindicenne dell’industria tessile in quelle stesse valli orobiche, chiama col nome compiuto di fraternità partendo dalla esperienza in fabbrica che lo conduce fino alla carica di segretario nazionale della Cisl. Un itinerario anomalo e imprevisto per il quale manifesta gratitudine al sindacato che ha reso possibile l’ascesa di un lavoratore con la terza media ad un ruolo così importante, contro ogni logica di élites e di cooptazione dall’alto. Le pagine del libro (L’orso e l’agnello. Storia di un sindacalista, San Paolo) svelano il filone autentico di una cultura popolare che nasce dalla vita e che educa a non smettere mai di studiare per comprendere ciò che si vive e agire di conseguenza. Quando diviene segretario della Cisl di Bergamo, Pezzotta punta sulla formazione dei giovani sindacalisti offrendo una prospettiva adeguata con cui interpretare la vicenda del lavoro e dell’esistenza. Studiano e commentano assieme i testi di Romano Guardini e a tutti consiglia di leggere almeno un libro di poesie all’anno per aiutare a svelare e intuire il centro delle questioni. Da adolescente vive in fabbrica in modo similare a come ora si produce in Cina. Alla Reggiani negli anni 50 si fanno turni di 12/14 ore e in certi reparti, nei picchi di produzione, viene distribuito il cognac per sostenere il peso di 24 ore di lavoro continuato, come dei forzati di uno sport estremo. Per chi si ribella ci sono sempre i lavori insalubri e pericolosi o disagevoli, tanto il sindacato è quello giallo, cioè colluso con la direzione che diviene tuttavia prodiga di regali e con- cessioni per chi mostra fedeltà e obbedienza agli ordini. Concessioni, dunque e non diritti. Basterebbe seguire questa testimonianza per comprendere il valore e il significato della conquista sempre minacciata dello Statuto dei lavoratori così come generato dall’impegno per la dignità umana che, come osserva il sindacalista, ha visto in prima fila le donne come sua madre che deve subire il licenziamento e la carica della polizia. Scopriamo così alcuni volti e storie di persone dedicate al prossimo, come quella delegata che raggiungeva in bicicletta i lavoratori del primo turno alle quattro della mattina. In queste vicende emerge uno dei frutti più maturi del cattolicesimo sociale del nostro Paese; a questa appartenenza culturale si aggiunge, a spiegare la ricchezza della biografia di Pezzotta, la sua scelta cristiana radicale e di cuore, alla maniera di Blaise Pascal, che compie a diciottanni. Gli avvenimenti diventano così riconoscibili dentro un disegno di un dialogo sempre aperto con Dio, iniziato quando il piccolo Savino si trova nella pancia della mamma e il padre perde la vita in un campo di concentramento tedesco per non aver giurato fedeltà al nazifascismo, mentre, poco prima, la sorellina muore per una malattia che i ricchi potevano, invece, curare. La dimensione della Resistenza che apre il libro si palesa, così, la cifra più intima di una ribellione nata per amore, di chi non rifiuta la lacerazione della lotta, della separazione, ma cerca di affrontarla con il senso di quella fraternità da ricomporre, con il limite da porre ad ogni potere. Ci sembra di cogliere qui la radice del sindacalismo di Pezzotta che rifiuta la categoria del nemico, che cerca sempre l’incontro con l’altro, proprio perché non sfugge la realtà e usa volutamente termini antiquati, ma reali come quello di padrone al posto di datore di lavoro e non riesce a dormire la notte di fronte a tante situazioni irrisolvibili come la crisi di molte, troppe realtà produttive che sembra descrivere un fenomeno di declino irrefrenabile nella competizione globale. L’orso bergamasco, che più volte riconosce i propri limiti caratteriali, non rimane intrappolato nel contingente, allarga le prospettive di soluzione, rende prossimi gli eroici sindacalisti cinesi, riesce a far entrare nell’agenda sociale e politica il disarmo e l’Africa. Sembra un piano appena iniziato e da qualcuno ovviamente incompreso, ma tutto da sviluppare proprio per rispondere alla sfida della flessibilità del lavoro, da non ridurre alla piaga di una precarietà strutturale che aggredisce le famiglie e corrompe le basi della convivenza. Su tutto questo e sulle strategie da seguire si potranno avere idee e soluzioni diverse, ma è importante ascoltare cosa altro avrà sicuramente da dirci quest’operaio che preferisce l’ingenuità e la bellezza delle idee per cui combattere, anche adesso che ha optato per la pensione, rifiutando la certa investitura a senatore, criticando un metodo antidemocratico di elezione. Per il momento ha piacere di farci sapere che si cimenta con l’orto di casa e, come sempre, conosce la fatica di seminare.

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