L’onesta paga sempre… o no?

Scudo fiscale
Mario Draghi

È partita l’ennesima guerra delle cifre. Questa volta a contrapporre i numeri sono Tremonti e l’Agenzia delle Entrate, da una parte, la Banca d’Italia e un gruppo di economisti indipendenti, dall’altra. I numeri riguardano l’ammontare dei capitali italiani detenuti all’estero che sono stati dichiarati, regolarizzati e riportati in Italia a seguito del cosiddetto “scudo fiscale”. A fine dicembre il ministero dell’Economia comunica che lo scudo fiscale ha portato all’emersione di 95 miliardi di euro, di cui «il 98 per cento è fatto da rimpatri effettivi in Italia». Buone notizie, sembra, perché quegli ingenti capitali, potranno ora essere reinvestiti in Italia.

Ma la Banca d’Italia emette un comunicato nel quale nota che i capitali effettivamente rientrati ammontano a non più di 35 miliardi. L’inghippo nasce dal fatto che, tecnicamente, le modalità di adesione allo scudo fiscale sono diverse: c’è la regolarizzazione (si lasciano i capitali all’estero e si denunciano al fisco italiano); il rimpatrio giuridico (i capitali continuano a essere investiti in attività estere, ma si fanno gestire da un intermediario italiano); il rimpatrio con liquidazione (la liquidazione dei patrimoni e il rimpatrio fisico dei capitali). Sono questi ultimi gli unici soldi veri che possono dare ossigeno all’economia. Ebbene, ci dice la Banca d’Italia, i capitali fisicamente rientrati a casa ammontano a soli 35 miliardi. Poco più del 10 per cento dei soldi italiani all’estero.

Emergono alcuni elementi importanti. Innanzitutto la poca chiarezza dimostrata dal governo nella comunicazione delle modalità di rimpatrio e l’uso ambiguo delle statistiche; sorprende poi l’atteggiamento “partigiano” di un organismo che dovrebbe essere indipendente, come l’Agenzia delle Entrate. Riemerge, infine, il fatto da noi ripetutamente sottolineato ed evidenziato anche dal direttore generale della Banca, Saccomanni, che «lo scudo fiscale può avere effetti negativi sugli incentivi dei contribuenti a pagare le imposte in futuro»: un euro ottenuto oggi attraverso una sanatoria fiscale ci costerà chissà quanti euro di nuove tasse evase nel futuro.

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