Londra rimane in piedi
Nel marzo del 2004, poco prima che andasse in pensione, sir John Stevens, allora capo della Metropolitan Police di Londra, disse che era inevitabile che prima o poi i terroristi di al Qaeda avrebbero attaccato la capitale britannica. Questo suo commento fu molto criticato dalla stampa di allora. Purtroppo, il mattino del 7 luglio – 7/7 si dice ormai -, le sue parole si sono mostrate profetiche. Il giorno prima la popolazione londinese aveva festeggiato fino a tardi l’annuncio che la loro città era stata scelta per ospitare le Olimpiadi del 2012, ma quella gioia presto si trasformava in lacrime con le notizie delle esplosioni nel tube (la metropolitana) e su un autobus nel centro della città. Londra è abituata alle stragi, dopo la lunga campagna di attentati messa in atto dall’Ira, ma la violenza di ieri era ben diversa: quattro esplosioni, senza preavviso, per opera di un nemico sconosciuto. Poi i soliti discorsi dei leader politici, a cominciare da Tony Blair: non ci lasceremo battere da questi terroristi; non consentiremo loro di privarci della nostra libertà, la British way of life; li perseguiremo affinché non li avremo trovati, e li consegneremo alla giustizia. Tutte cose vere, ma di poco conforto per i feriti e per quanti hanno perso i loro cari. L’atteggiamento della gente rimane stoico e determinato. Si sente parlare molto di spirito di guerra, cioè dello spirito con il quale i londinesi hanno affrontato le bombe tedesche durante la Seconda guerra mondiale. Parole coraggiose che testimoniano invero uno spirito ammirevole; ma almeno durante la guerra si sapeva chi era il nemico e lo si poteva combattere. In questa situazione ci si sente invece come bersagli troppo facili per un nemico nascosto e sconosciuto. Si sente ripetere più volte alla tv e alla radio che il governo aveva messo in azione dei sistemi di sicurezza e di sorveglianza molto validi; ma alla fine si è dovuto ammettere che in una so- cietà libera è praticamente impossibile fermare dei terroristi, se sono determinati, ben organizzati e ben preparati, come quelli che hanno fatto scoppiare le bombe a Londra. Tony Blair, l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams ed altri leader di altre fedi hanno fatto subito un appello per la solidarietà tra tutti i credenti, e soprattutto hanno dichiarato che non bisogna confondere i cosiddetti terroristi islamici con i musulmani praticanti, e condurre una campagna di odio e di violenza indistinti contro le comunità islamiche, che ormai contano quasi due milioni di membri nel Regno Unito. Inayat Bunglawala, portavoce del Muslim Council of Britain, ha fatto un appello a tutti i fedeli di pregare per le vittime della strage durante le preghiere del venerdì. A sua volta Ahmed Sheikh, presidente della Muslim Association of Britain, è preoccupato per una reazione contro la comunità musulmana: specialmente le donne che portano il velo correrebbero dei rischi. Sir Iqbal Sacranie della Muslim Council of Britain ha condannato senza esitazioni gli attacchi: Siamo semplicemente atterriti e vogliamo esprimere le nostre condoglianze più profonde alle famiglie delle vittime. Questi terroristi, queste persone perverse ci vogliono demoralizzare come nazione e dividerci. Dobbiamo unirci tutti quanti per aiutare la polizia nella caccia di questi assassini. I leader religiosi nell’East End di Londra si sono preparati ad affrontare le possibili conseguenze dell’attacco terrorista. Il vescovo di Stepney, Stephen Oliver, e il dott. Mohammed Abdul Bari, presidente della East London Mosque, hanno parlato insieme sulla porta della Royal London Hospital, incoraggiando l’East End e tutta la città di Londra a rimanere uniti nell’affrontare il terrorismo. Il dott. Bari ha detto: Abbiamo lavorato insieme con le comunità dell’East End per molti anni e dovremo continuare a farlo. E il vescovo Oliver: Quando succede una cosa di questo genere, all’inizio la gente ha paura, poi si arrabbia. Noi siamo proprio decisi, qualunque cosa succeda, a tenere unite le comunità dei fedeli. C’è purtroppo chi parla di vendetta contro i musulmani, chi vorrebbe rispedire indietro immigrati e rifugiati; ma soprattutto è emerso un sentimento di unità e di solidarietà. Ormai la maggioranza dei musulmani del Regno Unito è nata e cresciuta qui – non sono immigrati o stranieri, e provano lo stesso disgusto dei loro compatrioti anglo- sassoni. Tipico delle loro reazioni questo commento di Ifzal Khan: Io sono mussulmano, nato e cresciuto in Inghilterra. Ho guardato con orrore le scene a Londra. Le mie preghiere sono per le famiglie di coloro che hanno perso i loro cari o che sono stati feriti. Dobbiamo unirci, tutti quanti, nonostante il colore, la razza, la fede religiosa per mostrare a questi codardi che non ci possono vincere. Un medico pakistano, Sohail Muzammil, affermava da parte sua: Io ho lavorato per tre anni in Gran Bretagna, come chirurgo. Quando ho sentito le notizie di queste esplosioni è stato come avessi ricevuto fisicamente un colpo su di me. Come musulmano e pakistano condanno senza riserve questo atto codardo. Niente può giustificare l’assassinio. Allontaniamoci da questi venditori di odio e tagliamoli fuori come un cancro. La polizia di Londra, insieme agli esperti del campo, ha intrapreso un lavoro scrupoloso per poter capire come sono state fatte esplodere le bombe e per individuare, se possibile, i colpevoli. Sembra un compito quasi impossibile, ma si spera che riescano a trovare qualche indizio che li condurrà alla fonte di questo attacco. Nel frattempo, Londra ed i suoi abitanti cercano di riprendere la vita normale, senza lasciarsi vincere dai terroristi. Già il giorno dopo, tutti gli autobus e quasi tutti i treni, tranne quelli sulle linee colpite, hanno funzionato. Ma, oltre la volontà di combattere il terrorismo e di non cedere ai terroristi, molti cominciano a chiedersi se non ci sia un modo migliore per farlo. Per qualcuno sarebbe meglio cercare di capire le vere cause del terrorismo internazionale. I terroristi dell’Ira hanno smesso la loro campagna di violenza, non perché sono stati battuti militarmente, ma perché il governo britannico ha ammesso che esistevano delle ingiustizie, ed ha cercato di affrontarle, offrendo anche al Sinn Fein, il braccio politico dell’Ira, la possibilità di far parte del governo dell’Irlanda del Nord. Lo stesso vale anche per altri luoghi dove esistono situazioni di ingiustizia cronica. Se i membri del G8 e l’Onu e L’Unione europea e le istituzioni religiose si dedicassero a eliminare queste ingiustizie, forse i terroristi si troverebbero senza motivazioni e quindi senza appoggio e senza reclute.