Lo Zambia pone fine alle esecuzioni

Per 26 anni abolizionista di fatto. Ora, finalmente e formalmente, lo Zambia dice addio alla pena di morte. Settimo reportage del pellegrinaggio di carità "AlimentiAMO la SPERANZA"
pena di morte
Il presidente dello Zambia Hakainde Hichilema ascolta durante la sessione di chiusura del vertice del nuovo patto finanziario globale, venerdì 23 giugno 2023 a Parigi.(AP Photo/Lewis Joly, Pool)

Da oltre un quarto di secolo è una nazione portatrice di positività e speranza. Correva infatti il 1997 quando nel suo territorio se ne registrò l’ultima. E pochissimi mesi fa il suo nuovo presidente della Repubblica è entrato nella storia cancellandone una volta per tutte l’esistenza. Nello Zambia la pena di morte non esiste più. 

In questa Repubblica presidenziale dell’Africa meridionale indipendente solo dal 1964, estesa due volte e mezza l’Italia ma con solamente 19 milioni di abitanti, la condanna capitale è stata infatti definitivamente archiviata. Merito di Hakainde Hichilema, capo di Stato e di Governo dall’agosto 2021, che di recente ha deciso che nel territorio zambiano non si sentirà mai più parlare né di boia né tantomeno di esecuzioni. 

L’impiccagione, dunque, che soprattutto negli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso provocò dolore, morte e innescò molteplici polemiche riguardo la propria efficacia sul fronte del contenimento della criminalità, è ora solo un lontano ricordo destinato esclusivamente agli approfondimenti accademici. 

La strada abolizionista, seppur solamente di fatto ma comunque sempre percorsa con convinzione, è stata imboccata sin dal 1997. Gli ultimi quattro presidenti della Repubblica più l’artefice della sua cancellazione definitiva, in questi 26 anni hanno sempre commutato in ergastolo tutte le condanne alla pena capitale che svariati tribunali zambiani avevano comminato ai danni di diverse centinaia di persone che da anni si trovavano rinchiuse nel braccio della morte. 

Ma quali sono state le motivazioni che hanno prima fatto da sfondo comune e poi cementato il parere di esponenti politici di opposte appartenenze? Sostanzialmente tre. Il primo è che se lo Stato toglie la vita a una persona che a sua volta ha commesso un crimine terribile come ad esempio l’omicidio, proprio lo Stato si mette sullo stesso piano del criminale e dunque, invece di dare il buon esempio essendo appunto lo Stato, si abbassa a un livello infimo. Il secondo è che la vita è sacra fin dal suo concepimento. Per questo motivo nessun uomo, anche il più potente della Terra, può avere il diritto di stroncare l’esistenza a un proprio simile, anche se questi dovesse essere la persona più malvagia e spregevole mai esistita nella storia dell’uomo. Il tutto perché, proprio per il fatto che la vita è sacra, come ci è stata donata da un’entità superiore, sarà appunto sempre questa entità superiore a togliercela quando lo riterrà opportuno. Il terzo motivo riguarda la consapevolezza sull’errore che si è commesso e la conseguente giusta pena che ne deve derivare in termini di detenzione. Se in nome dello Stato si toglie la vita a un individuo, si interrompe bruscamente il processo di comprensione dell’atto deplorevole di cui una certa persona si è resa purtroppo protagonista. 

Evviva lo Zambia. Evviva i presidenti che in maniera saggia, illuminata e lungimirante l’hanno governato nell’ultimo quarto di secolo. In definitiva, evviva ogni Paese che comprenda che tra il concetto di giustizia e quello di vendetta c’è l’abisso e che a trionfare, sempre, deve essere solo ed esclusivamente la giustizia.

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