Lo sport che unisce

Terminati domenica in Indonesia i Giochi Asiatici. Dove, tra Corea del Nord e Corea del Sud, si è fatto un ulteriore passo avanti nel processo diplomatico-sportivo avviato lo scorso febbraio in occasione delle Olimpiadi invernali

Ricordate? Venerdì 9 febbraio 2018. Durante la cerimonia di apertura dei Giochi a cinque cerchi di PyeongChang (Corea del Sud), il pilota di bob sudcoreano Won Yun-jong e la giocatrice di hockey nordcoreana Hwang Chung-gum, sfilano (insieme) come portabandiera davanti alla delegazione coreana riunita sotto un’unica bandiera. Un gesto “altamente simbolico”, frutto della decisione di far gareggiare congiuntamente, nell’hockey femminile, atlete delle due diverse nazioni. Poi, due giorni dopo, viene disputata proprio la prima partita di quel torneo. Un match sicuramente non entusiasmante sotto l’aspetto tecnico, ma ricco di significati extra sportivi. Un incontro, quello tra la Svizzera e la nazionale unificata della Corea (per la cronaca terminato 8-0 a favore delle ragazze rossocrociate), cui assistono dal vivo rappresentanti ad alto livello dei due Paesi “in guerra” ormai da quasi settant’anni. «Timidi ma significativi segnali di speranza in uno degli angoli più “caldi” del pianeta», li aveva definiti in quei giorni Papa Francesco.

Molti, a caldo, hanno sostenuto però che quanto accaduto in quei giorni non sarebbe stato altro che un episodio sporadico. Invece, sottotraccia, in questi mesi le due delegazioni hanno continuato a parlare. I contatti tra le Coree sono proseguiti proprio grazie a quanto accaduto durante le Olimpiadi, e ancora una volta lo sport ha dimostrato di costituire un fortissimo veicolo di distensione e di dialogo. Arrivando, spesso, dove non riesce la sola diplomazia politica. Così, a maggio, durante i campionati mondiali di tennis tavolo disputati a Halmstad (Svezia), è accaduto che la crescente volontà di pace tra Corea del Nord e Corea del Sud abbia portato ad una decisione davvero “controcorrente”. Nel torneo femminile a squadre, infatti, le due rappresentative raggiungono (separatamente) i quarti di finale. Il sorteggio, però, decide che debbano scontrarsi proprio una contro l’altra per ottenere un posto in semifinale. Spiazzando un po’ tutti, i rappresentanti delle due squadre decidono allora che la partita non si deve fare, e lanciano una proposta: «Ci permettete di non disputare questa sfida e di avanzare direttamente alle semifinali per giocarci le medaglie con una squadra unificata?». Un fatto praticamente senza precedenti nella storia dello sport!

La federazione internazionale si trova davanti ad una scelta complicata, ma alla fine accetta. Almeno per una volta, le rigide regole dello sport possono essere messe da parte. Almeno per una volta, i dirigenti sportivi possono approvare una “procedura insolita” in nome di qualcosa di molto più grande. «È un po’ rischioso e non è una decisione presa rispettando le regole al 100%, ma non crea nessuno svantaggio per le squadre già eliminate. Abbiamo informato tutte le altre nazioni in gara e si sono dette d’accordo. Se non lo fossero state, non avremmo fatto nulla, ma tutte hanno capito che questa decisione è importante per il processo di riunificazione della Corea», aveva spiegato in quell’occasione Thomas Weikert, presidente della Federazione mondiale di tennis tavolo. Alla fine le atlete coreane unificate sono state sconfitte in semifinale dal Giappone, ma sono tornate in patria con al collo una medaglia di bronzo dal sapore davvero speciale.

Successivamente, il 18 agosto scorso, a Giacarta (Indonesia) hanno poi preso il via i campionati continentali asiatici, gli Asian Games. Una manifestazione imponente, considerata per certi versi come il secondo evento sportivo più grande al mondo dopo le Olimpiadi. Per sedici giorni i rappresentanti di 45 nazioni hanno gareggiato in tantissime discipline, da quelle più popolari, ad altre decisamente meno diffuse qui da noi in Europa e nel resto del territorio mondiale ma che, in quel continente, riscuotono grande seguito tra gli appassionati. Come ad esempio il dragon boat, dove si partecipa su una canoa a 12 posti il cui nome proviene dalla caratteristica testa di drago posta sulla punta dell’imbarcazione. E proprio in questo sport, dopo quanto accaduto nel tennis tavolo a maggio, la Corea unita ha ottenuto un’altra medaglia in un avvenimento sportivo di portata internazionale. Un bronzo storico, vinto nella prova femminile, gara in cui le coreane sono giunte terze dietro gli equipaggi della Cina e delle padrone di casa dell’Indonesia. Corea del Nord e Corea del Sud, infatti, a questi Giochi hanno nuovamente deciso di gareggiare sotto la stessa bandiera. Almeno in alcune discipline, come il basket femminile, il canottaggio e lo stesso dragon boat.

«Il nostro desiderio è che si vada avanti con il processo di unificazione, che si chiuda per sempre con il capitolo della guerra», è stata la dichiarazione più frequente fatta dagli atleti dei due Paesi che hanno gareggiato, insieme, nelle ultime due settimane. E non è finita qui. Proprio nella giornata di domenica 2 settembre, infatti, mentre in Indonesia calava il sipario sugli Asian Games, sono iniziati a Changwon (Corea del Sud) i mondiali di tiro a segno e di tiro a volo. Una manifestazione importante, che in vista dei Giochi di Tokyo 2020 assegnerà fino al 15 settembre (speriamo con tanti azzurri protagonisti) i primi pass olimpici di queste due discipline. Circa 1800 tiratori in rappresentanza di 90 Paesi, tra cui anche 12 atleti della Corea del Nord che sono stati accolti all’aeroporto di Pusan-Gimhae con un cartello davvero significativo: “We are one, glad to meet you”, “Siamo una cosa sola, felici di incontrarvi”. Un nuovo messaggio di pace, a riprova del fatto che il riavvicinamento tra le Coree continua. Anche grazie al prezioso contributo dello sport.

 

 

 

 

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