L’Italia che cambia: l’emigrazione asiatica

Il nostro Paese è passato dall'emigrazione massiccia (in un secolo sono andati via 30 milioni di italiani) all'immigrazione corposa di persone provenienti da varie parti del mondo. Un fenomeno che ha portato anche alla rinascita della rivista "Affari sociali internazionali, nuova serie" che ha deciso di ripartire con un approfondimento del fenomeno dell'immigrazione asiatica
Roma

La scopriamo ogni giorno nei mercati, sui mezzi pubblici e nelle scuole, ce la sentiamo sulla pelle, ma forse non ce ne rendiamo ancora conto appieno in tutte le sue conseguenze sociali. Eppure ci sono rilevatori che, se attivati e resi noti, permettono di vedere il tipo di evoluzione compiuta dal nostro Paese nell’ultimo secolo. Basti pensare che alla fine del XIX secolo e agli albori del XX il nostro era un Paese di grande emigrazione. In un secolo sono partiti 30 milioni di italiani con flussi che, in certi periodi, hanno toccato un milione di unità all’anno. Si trattava di un esodo talmente massiccio da ridisegnare alcune delle nostre regioni. Il fenomeno è continuato anche dopo la Seconda guerra mondiale, al punto che il nostro ministero degli Esteri aveva un dipartimento addetto all’emigrazione. Nel 1973 era stata fondata una rivista – Affari sociali internazionali – la cui redazione era affidata alla Direzione generale degli italiani all'estero e delle politiche migratorie della Farnesina. La rivista chiuse nel 2008.

Il 25 luglio, a Roma, è stata presentata la nuova serie della rivista che torna alla luce dopo cinque anni. La questione significativa non è, tuttavia, la rinascita di un organo di analisi sociale e culturale, ma la prospettiva che esso intende portare. Affari sociali internazionali – Nuova serie, infatti, inaugura una lettura non più dell’Italia che emigra, ma dell’Italia che da alcuni decenni è meta di immigrazione. I processi si sono rovesciati e il nostro Paese è passato dall’esportare cittadini italiani all’accoglierne delle nazionalità più svariate. Sono 5 milioni i cittadini che risiedono ufficialmente in Italia, pur essendo nati all’estero.

Il numero inaugurale della rivista, presentato dal Centro studi e ricerche dell’Idos/Immigrazione Dossier Statistico, propone uno dei fenomeni senza dubbio più stimolanti della nuova Italia del XXI secolo, quello dell’immigrazione dall’Asia. Sono infatti quasi un milione le persone di origine asiatiche che vivono attualmente in Italia, con una presenza maggioritaria di cinesi e filippini, e con la Lombardia e il Lazio che si trovano in testa alla classifica delle regioni con il maggior numero di immigrati asiatici. Che il motivo per un tale flusso sia fondamentalmente di carattere economico, lo rivela il fatto che il denaro inviato nei rispettivi Paesi di origine ammonta a ben 4 miliardi di euro l’anno. Non manca, comunque, un indicatore della crisi che stiamo attraversando. La cifra delle rimesse, infatti, segnala un flessione per il 2012.

Il fenomeno "immigrazione asiatica" nella nostra Penisola è stato repentino se si pensa che ancora agli inizi degli anni Novanta gli immigrati asiatici erano appena 100 mila. Nei primi mesi del 2012 hanno raggiunto il numero di 942.443. L’incremento, quindi, in circa vent’anni, è stato pari circa a nove volte. Inoltre, sono sei i Paesi dell’Asia fra i primi 20 Paesi non comunitari per numero di soggiornanti in Italia: nell’ordine Cina, Filippine, India, Bangladesh, Sri Lanka e Pakistan. La proporzione della presenza fra uomini e donne varia in base alle motivazioni dei soggiorni e al tipo di occupazione. Gli uomini sono in maggioranza fra i bangladesi (29,5 per cento), i pakistani (32,5 per cento) e gli indiani (36,6 per cento), mentre le donne hanno una presenza importante tra i srilankesi (44,1 per cento) e i cinesi (48,7 per cento), per arrivare alla massima tra i filippini (58 per cento).

Come accennato, poi, la Lombardia, con 274.650 presenze (circa il 29,1 per cento del totale) capeggia le graduatorie delle regioni che ospitano persone provenienti da Paesi asiatici, seguita dal Lazio, con 138.837 soggiornanti  (14,7 per cento sul totale nazionale), dall’Emilia Romagna (106.628 e 11,3 per cento), Veneto (104.556 e 11,1 per cento), Toscana (88.061 e 9,3 per cento) e Campania (37.966 e 4,0 per cento).

Per quanto riguarda le rimesse verso i Paesi di origine, è necessario notare che, nell’insieme, l’Asia coagula più del 50 per cento dei flussi di rimesse in uscita dal nostro Paese (52 per cento nel 2011). Come già detto, la crisi è decifrabile anche in questo pezzo di lettura statistica del nostro Paese con un’inversione di tendenza di rimesse verso l’estero emersa nel 2012: tra i principali Paesi asiatici destinatari di rimesse dall’Italia solo la Cina (+5,4 per cento su base annua) e lo Sri Lanka (+23,3 per cento) hanno registrato un aumento dei flussi, mentre tutti gli altri segnano flessioni marcate (fino al -39 per cento delle Filippine).

Nel corso della presentazione, si sono proposte esperienze significative di italiani con origini cinesi, filippine, pakistane, srilankesi e indiane. Si tratta di persone nate lontano dalla nostra Penisola, ormai perfettamente inserite nel tessuto sociale italiano, con storie di business e iniziative che hanno avuto successo e si sono imposte all’attenzione dell’opinione pubblica, favorendo processi di integrazione.

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