L’Iran è centrale

L’ammiccamento tra Stati Uniti e Iran è una delle notizie geopolitiche più entusiasmanti degli ultimi anni. Si attendono conferme
John Kerry e il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif

Il segretario di Stato Usa Kerry ha incontrato il suo omologo iraniano Zarif (nella foto vicini e sorridenti nel corso dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 25 settembre scorso), dopo che le diplomazie dei due Paesi hanno lavorato sodo per portare a un riavvicinamento che sembra dare i primi frutti. Se Obama, nel bel mezzo della tempesta diplomatico-militare siriana, arriva ad affermare che per gli Usa «la questione del nucleare iraniano è più importante del gas sarin di Assad», vuol dire che qualcosa si muove. E se il presidente iraniano Rouhani afferma in un’intervista ad una televisione statunitense che «la Shoah è un grande crimine», si capisce come qualcosa di importante (forse) si profila all’orizzonte.

Conosciamo bene l’inimicizia profonda che ha diviso i due Paesi, sin dall’epoca dell’avvento di Khomeini al potere nell’antica Persia e di Eagle Claw, il fallimentare blitz statunitense per liberare i 59 ostaggi tenuti prigionieri all’ambasciata a Teheran nell’aprile del 1980, operazione insabbiatasi nel deserto iraniano. E conosciamo bene le gravi tensioni e l’infinito tira e molla tra ispettori Onu e scienziati del nucleare iraniano che hanno punteggiato gli otto anni di presidenza di Ahmadinejad.

Ma non si deve rimanere troppo sorpresi per il riavvicinamento in corso. Il neo-presidente Rouhani era infatti noto per essere un candidato “moderatamente progressista” alla presidenza, così come si sapeva, sin dal giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, che Obama mirava a risolvere pacificamente il contenzioso tra Usa e Iran sul nucleare. Oggi cominciano a vedersi i primi frutti di un lungo lavoro diplomatico. Dopo aver scongiurato l’intervento Usa in Siria, anche in questo caso la diplomazia sembra riprendere il suo ruolo pacificatore.

C’è anche da dire che lo stato di perenne tensione non giova né agli Usa né agli iraniani. Da una parte, infatti, gli Stati Uniti devono trovare rapidamente una soluzione alle fallimentari operazioni in Afghanistan e in Iraq, mentre l’Iran comincia a sentire gli effetti di anni e anni di sanzioni contro la sua economia. Senza dimenticare il grave scontro che sta opponendo in tanti Paesi del Medio Oriente, ma non solo, le comunità sciite (legate all’Iran stesso) e quelle sunnite (invece di natura essenzialmente araba).

Conoscendo l’influenza che l’Iran ha sugli scenari oggi teatro di conflitti, viene da sperare che il riavvicinamento con gli Usa possa portare, a breve o medio termine, alla soluzione dei problemi di quella instabile regione che va dal Pakistan alla Libia. A cominciare dallo scacchiere siriano, in cui migliaia di persone continuano a morire non per il gas sarin, ma per quelle armi convenzionali che circolano a iosa nella regione.

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