L’invasione dei passeggini

Arrivando in piazza, la bolla delle tante velenose polemiche si sgonfia d’incanto. Tutto sembra ridimensionarsi.Anche il dibattito che per mesi ha riempito pagine di giornali e ore di palinsesti tv si svela per quello che era, una maxibattaglia fra due mini-parole, una irriducibile lotta tra due banali preposizioni: una guerra tra un per e un contro. Era stato quello il pane quotidiano di opinionisti e leader politici, l’infinita discussione sulla vera natura del Family day. Sarebbe stata una presa di distanza critica dai Dico, proposti dal governo e ora all’esame del Parlamento, o solo una festa a favore della famiglia? Con forza vogliamo dire, a chi vuole avvicinarsi a questa scelta, che è possibile, che, nonostante i sacrifici, è bello e ne vale la pena ribadiscono all’unisono Andrea e Cristina Piva, sei figli con un settimo in arrivo, responsabili del Forum delle Famiglie in Veneto. In un attimo si dileguano anche le paure di chi temeva incidenti. Raggiungendo la piazza in metropolitana alcuni segnali tradiscono la tensione. Ci sono i carabinieri a controllare le uscite, la fermata di San Giovanni è chiusa per motivi di ordine pubblico. Per i romani è prassi, accade sempre, ma per chi si reca al Family day è un campanello d’allarme. Cosa ci aspetta? si chiede qualcuno che viene da lontano. I vagoni sono stracolmi, uno sembra un convoglio della Circumvesuviana, traboccante di napoletani, il successivo una carrozza della Milano Nord, satura di accenti lombardi. All’apertura delle porte, i tanti rivoli provenienti da parti diverse d’Italia si uniscono in un unico, placido fiume di gente che raggiunge festoso la piazza. È un momento storico, in cui la famiglia assurge finalmente al suo ruolo di soggetto sociale, pubblico. L’umanità qui in Italia ha puntato un chiodo dice sotto il palco Alberto Friso, presidente con sua moglie Anna di Famiglie Nuove. E aggiunge: Chi è venuto in piazza è stato spinto da una motivazione interiore, molto profonda. E in effetti, dopo le tante tossine accumulate in mesi e mesi di contrapposizioni, mettendo piede a San Giovanni e guardando in faccia quel milione di mamme, nonni, bambini la domanda che si fa strada è una sola: chi glielo ha fatto fare, cosa li ha spinti fino a qui? Guardando i loro volti, leggendo i cartelli che espongono, ascoltando i dialetti che parlano, ricostruisci la loro storia. Sono venuti da Siracusa e da Torino, da Pizzo Calabro e da Bassano del Grappa, dai grandi centri e da paesini che fatichi a rintracciare sulla mappa. Sono arrivati in treno e in autobus, c’è chi ha viaggiato una notte intera e si prepara a tornare a casa l’alba successiva, con i bimbi al seguito, trascinati nei passeggini e nei marsupi, mangiando panini e insalate di riso sotto un cocente sole estivo. Un tempo perfetto per il primo bagno al mare o per una rilassante gita fuori porta, non proprio per un faticoso bagno di folla nel cuore della capitale a metà maggio. Un sacrificio mica male, fatto non per buttare giù un governo o per dare una mano all’opposizione, non per contrapporsi ad un’altra piazza o ad un’altra idea di società, ma piuttosto per dare una chance ad una cosa che sta loro particolarmente a cuore: la famiglia. C’è chi lo dice con una fede d’altri tempi, come i rappresentanti di una parrocchia romana che arrivano in piazza in processione più che in corteo, con il crocifisso davanti e lo striscione più famiglia subito dietro. E c’è chi lo fa con ironia come una single trentenne che porta in giro un cartello: Sì alla famiglia, cerco marito!. Ai tanti giornalisti che raccolgono dichiarazioni, ai fotoreporter che immortalano i politici che fanno passerella, c’è chi distribuisce un rosario: Quando avete qualche problema il rimedio c’è. Non che manchino le voci contro: tra i gadget più ricercati della giornata, oltre all’indispensabile ombrello parasole, c’è la t-shirt in rosso e bianco per dire no ai dico, qui e là compaiono manifesti che criticano le posizioni di alcuni esponenti del centrosinistra. Ma al di là degli schieramenti e di quanti cercano di strumentalizzare la manifestazione per calcoli elettorali, il Family day parla a tutto il Paese. Una folla tranquilla, colorata, entusiasta che sembra distante dalla politica, incapace di comprendere le difficoltà di uomini e donne, impegnati ogni giorno a costruirsi un futuro chiamato famiglia. Questa manifestazione dà un esempio, mostra che è possibile vivere una vita migliore attraverso la famiglia e così facendo influenza chi fa le leggi osserva Giancarlo Cesana, responsabile nazionale di Comunione e Liberazione. Questa piazza – aggiunge commosso dal palco Salvatore Martinez, coordinatore nazionale di Rinnovamento nello spirito – è un miracolo dell’amore, esprime il bisogno di dare e generare amore nella famiglia. È una piazza coraggiosa che dice all’Italia: noi vogliamo fare la nostra parte per il futuro, ma aspettiamo risposte concrete chiosa Andrea Olivero, leader delle Acli. Kiko Argüello, fondatore dei Neocatecumenali, presenti a migliaia, esalta le famiglie numerose, invita ad aiutare i figli dei separati e dei divorziati, poi prende la chitarra e intona Resuscitò. Le note sono slogan, la musica dà una mano a rendere chiaro il messaggio. Passano Ebony and Ivory, l’ebano e l’avorio che vivono insieme in armonia, Amore avrai di Claudio Baglioni, Si può dare di più del trio Morandi-Tozzi-Ruggeri, È per te ogni cosa che c’è citando Jovanotti, Il mio canto libero di Battisti. Quando parte Azzurro, una nonna balla sul palco con un clown, un siparietto che cita un po’ la Corrida e un po’ una cosa che in molti qui ricordano: la festa di matrimonio. Poi arriva Povia che tra i bambini che fanno oh e la storia d’amore dei piccioni infila una specie di rap che arriva al cuore della piazza. Chiede sostegno per i giovani che mettono su famiglia, asili nido, procedure più snelle per le adozioni, una tv meno schierata contro il matrimonio. I bambini devono avere una mamma e un papà, anche se siamo separati per i figli restiamo uniti. Non farti cambiar dal mondo canta. Echi delle sue richieste in rime baciate, si ritrovano nelle storie raccontate dal palco e raccolte tra la gente. Ci sono le difficoltà di integrazione di una coppia albanese e gli attentati di mafia contro una famiglia di imprenditori della Locride. C’è la voglia di famiglia di Souad Sbai, esponente dell’Islam moderato in Italia, e il dolore di chi ha rotto il vincolo matrimoniale. La famiglia continua ad esistere anche dove si è spezzata dice Ernesto Emanuele, presidente delle famiglie separate cristiane; Si può credere nella famiglia anche quando il legame si è rotto ribadisce in un videomessaggio il presentatore Claudio Lippi, divorziato, tra i testimonial scelti dal Family day. La gente che si incontra in piazza San Giovanni sembra distante dalle tante parole e dalle contorsioni ideologiche dei commentatori, sfugge alle semplificazioni dei talkshow, appare abbastanza indifferente alla presenza distratta dei politici accanitisi per settimane attorno all’amletico dubbio: mi si nota di più se ci vado o se resto a casa? Ci si scontra su problemi che non ci stanno, e non si risolvono quelli che ci sono. La cosa più sbagliata dopo questo Family day, sarebbe un Paese spaccato in due. Questa sarebbe una vera tragedia per il Paese osserva Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio. Tra i tanti politici presenti a San Giovanni – prosegue – ce ne saranno stati alcuni a fare sfilata, altri ad ascoltare i problemi della gente, alcuni più sinceri, altri più furbi. Il giorno dopo sarà però responsabilità di tutti, dare una risposta alle richieste di questa piazza. Questo non è un punto d’arrivo è solo l’inizio – ribadisce raggiante a fine manifestazione Giovanni Giacobbe, presidente del Forum delle Associazioni familiari -: è stata una lunga marcia ma è stato bello condividerla anche con molti non credenti e laici. Chiediamo che la politica si metta in ascolto, e dal legislatore ci aspettiamo ora una sola cosa: un disegno organico di sostegno alla famiglia. Cala il sipario, ma la scritta che sovrasta il palco fa intuire prossimi sviluppi. Si legge Family day 2007. E viene da pensare che sia quasi un prologo all’edizione 2008.

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