L’impatto ambientale del gas naturale

Conviene certo sostituire la produzione da carbone con quella da gas naturale, ma esistono contro indicazioni serie da conoscere per i controlli necessari da parte dell'Industria. Senza scordare l'effetto inquinamento dal metano prodotto dall'allevamento dei bovini
Ansa Metano

Nella conferenza di Parigi, tenutasi a conclusione del 2015,  l’anno più caldo di sempre, si è concordato di contenere l’aumento della temperatura del pianeta entro il grado centigrado e mezzo: per la prima volta la grande maggioranza dei Paesi si è impegnata a ridurre in tempi brevi le emissioni dei gas serra che provocano lo scioglimento dei ghiacci, l’innalzamento del livello dei mari, estese siccità ed intensi eventi metereologici a cui negli ultimi anni ci stiamo abituando.

 

Il principale protagonista dell’effetto serra è la anidride carbonicache si libera dalla  combustione di materiali organici e combustibili fossili:  il sistema più efficace per ridurne l’emissione consiste nell’evitare di produrre energia elettrica con il carbone: non essendo realistico produrre da fonti rinnovabili tutta l’energia oggi prodotta da carbone, intanto converrebbe sostituire la produzione da carbone con quella da gas naturale che di anidride carbonica ne emette la metà.

 

Anche il gas naturale ha però controindicazioni: se si libera nell’atmosfera tal quale induce un effetto serra 25 volte superiore alla anidride carbonica. Di metano se ne libera in natura dalle foreste, se ne libera nella decomposizione della materia organica in assenza di ossigeno, in mare si vedono salire da fondali di alghe morte le tremolanti bolle argentee di metano.

 

Nei fondali marini come nei terreni ghiacciati del nord nei millenni si sono accumulate grandi quantità di residui vegetali ed animali che, trasformati in metano da microbi anaerobici, per le alte pressioni nei fondali e per le temperature rigide nelle tundre del nord si consolida in metano idrato, un ghiaccio fatto di acqua e metano che riscaldato emette gas e brucia: con il riscaldamento globale, spesso più accentuato nelle aree del nord, non sappiamo  quanto metano trattenuto dal terreno ghiacciato verrà emesso a  contribuire ulteriormente al gas serra: che non si tratti di fantasie lo dicono le voragini già improvvisamente aperte nei terreni ghiacciati della Siberia.

 

Dalla combustione di una molecola di metano se ne ottiene una di anidride carbonica, ma se sfuggita tal quale dalle tenute dei macchinari che lo comprimono o da altre attrezzature difettose, la stessa molecola ha un impatto 25 volte superiore: la si può vedere solo con telecamere all’infrarosso e si è calcolato che se ne perde un trecentesimo della quantità trattata: sembra poco, ma l’effetto serra della quantità sfuggita è pari ad un dodicesimo della emissione di anidride carbonica.

 

Sarebbero utili disposizioni più severe che obblighino l’industria del settore a maggiori controlli ed ad una  manutenzione molto accurata delle apparecchiature che possono liberare metano nell’atmosfera, soprattutto in questo momento in cui i prezzi in calo del gas naturale riducono le motivazioni economiche di tali operazioni.

 

Molto metano poi, il 40 per cento  del totale, viene prodotto e si libera nell’atmosfera dagli allevamenti bovini, una ragione di più per ridurre il consumo di quella carne.

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