Lilla, Sassuolo e i verdetti del calcio sostenibile

Con la chiusura dell’ultima giornata di campionato, la prima serie italiana di calcio e quella francese hanno sancito gli ultimi verdetti. Tra questi, il “miracolo sportivo” sostenibile di Sassuolo e Lilla.
Christophe Galtier, tenico del Lilla (a sinistra) e Roberto De Zerbi, tecnico del Sassuolo Calcio (a destra) Foto: LaPresse

La prima serie italiana e quella fran­cese di calcio chiudono i battenti concedendo la meritata passerella ad almeno due storie di “calcio” sostenibile, quelle di Lilla e Sassuolo, che, in un tempo di necessaria “riqualificazione” a più livelli, costituiscono due modelli da approfondire.

Guardando a casa nostra, la Serie A sentenzia però innanzitutto come, oltre alle già retrocesse Parma, Benevento e Crotone, si aggregheranno in Champions League, con l’Inter campione e l’Atalanta già qualificate, anche il Milan e la Juventus. Esiti per nulla scontati, quest’ultimi, se è vero che i bianconeri ottengono una qualificazione clamorosamente insperata fino a poche settimane fa in virtù di un ancora più clamoroso pareggio al “Diego Armando Maradona” da parte del Napoli contro il Verona.

Per i partenopei, un boccone amarissimo che non solo vanifica un finale di campionato da incorniciare, ma vede il presidente Aurelio De laurentiis “licenziare” via twitter, senza neanche passare prima da comunicati e microfoni, un allenatore a dir poco integerrimo e appassionato come Rino Gattuso. Il Milan, dal canto suo, espugna proprio il campo di un’Atalanta vistosamente appagata dalla terza fantastica stagione consecutiva, seppure mai arrendevole.

Il modello Sassuolo
Se l’ex Europa League, riformata con il nome di Conference League, sarà dunque sfida per il Napoli e per la Lazio già sicura del sesto posto, il settimo posto ha visto Roma e Sassuolo finire a pari punti: 62. Accedono i giallorossi, ma solo in virtù della miglior differenza reti totale rispetto ai neroverdi del promettente allenatore Roberto De Zerbi, che dopo anni di esemplare lavoro lascia per tentare, l’anno prossimo, la grande avventura Champions con gli ucraini dello Shakhtar Donetsk.

Giorgio Squinzi, imprenditore e storico presidente del Sassuolo Calcio
Foto Massimo Paolone/LaPresse

Il Sassuolo sfiora solamente il sogno europeo ma sanciscono ancora una volta la stabilizzazione di un modello di calcio esemplare sul piano societario e finanziario. Cinque anni fa, sulle nostre pagine, avevamo illustrato il modello sognato e voluto dal patron Giorgio Squinzi, venuto a mancare nel 2019, non prima di avere pianificato il centro sportivo Mapei Football Center in località Cà Marta: una “cittadella” dello sport per la società e la sua gestione legata stabilmente all’indotto del territorio. Ultimo tassello di un progetto partito nel 2013, quando il Sassuolo arrivò in Serie A.

Negli anni, mai un buco sostanziale di bilancio, una serie di investimenti nel settore giovanile, con giocatori poi divenuti di alto livello; un legame produttivo a più livelli nel circondario di Reggio Emilia e un brand ormai di riferimento in Serie A, dove i colori neroverdi veleggiano ormai nella cosiddetta “parte sinistra della classifica”, quella dei migliori, o comunque almeno in zona tranquilla. C’era un’impostazione etica necessaria, avevamo scritto citando Squinzi: aveva ragione lui, nonostante molti altri avventurieri della finanza lo contrastassero.

Tanti fiori di Lilla
In Francia abdica il Psg degli sceicchi e la cosa sul piano sportivo è una sorta di terremoto. I parigini, peraltro tra i “congiurati” della SuperLega dei ricchi, mancano dunque non solo il grande sogno Champions, ma persino “l’obbligata” conferma sul trono calcistico transalpino. Nonostante centinaia di milioni di euro di “ricapitalizzazioni” petrolifere mai abbastanza chiare per capire a quanto ammontino i debiti reali della società (circa 685 milioni di deficit) o quanto siano solo carta straccia, vista la disponibilità smisurata di Al-Khelaifi.

Ma tutto il merito va al Lilla, campione di Francia per la quarta volta, a dieci anni di distanza dell’ultimo scudetto. Una sorta di “capolavoro della classe operaia” a firma particolare dell’allenatore Christophe Galtier, forse il vero “top player”. A lui, marsigliese dei quartieri popolari, la responsabilità di avere trasmesso uno spirito di sacrificio in grado di colmare

Olivier Letang, presidente del Lilla club (AP Photo/Michel Springler)

l’evidente divario tecnico con la ricchezza parigina. Non hanno vinto gli strapagati ma la squadra più coesa, addirittura vincitrice proprio contro il PSG al Parco dei Principi (0-1). Galtier, eletto miglior tecnico di Ligue 1, era subentrato in corsa a Bielsa nel dicembre 2017, forgiando una squadra particolarmente lodevole in difesa, complice la carriera da difensore centrale, con un passato anche a Monza, nel 1998.

Il modello di gestione societaria messo in piedi a Lille parte proprio da un ex dirigente del PSG, Olivier Letang, che ha raccolto sei mesi fa il club indebitato da un noto uomo della finanza ispano-lussemburghese, Gerard Lopez. Grazie alle ultime intuizioni dell’ex direttore sportivo Luis Campos, anche lui dimissionario a dicembre ma con la squadra già ai vertici, Letang ha assemblato una squadra le cui pedine fanno ora gola a tanti: su tutti, il portiere Maignan e l’esterno offensivo Ikonè. Le quote della società sono della Kalisto Sporting S.à.r.l., di proprietà di Merlyn Partners SCSp, e il primo passo è stato qualche cessione eccellente atta a ripianare il residuo debito. Eppure, per una clamorosa vittoria, ancora una volta, non sono stati i soldi a fare la differenza. Né l’idea di frasi una SuperLega a propria immagine.

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