Libero scambio tra Ue e Camerun

L'Ape, accordo di partenariato economico tra l'Africa e l'Europa, entrato in vigore il 4 agosto, è un reciproco vantaggio o un inganno?
Un mercato in Camerun

L’accordo di partenariato economico (Ape) tra il Camerun e l’Ue è entrato in vigore il 4 agosto 2016. Gli accordi di questo genere mirano a sviluppare il libero scambio tra l’Ue e i Paesi cosiddetti ACP (Africa, Caraibi, Pacifico), e vengono negoziati sin dall’inizio degli anni 2000. Quello attuale va a sostituire vecchi accordi di Lomé e Cotonou, giudicati ormai obsoleti dall’Organizzazione mondiale del commercio.

Dal 4 agosto scorso, 1760 prodotti europei possono entrare in Cameun secondo un regime preferenziale che prevede l’abbattimento del 25 per cento delle tariffe doganali ogni anno. Un primo gruppo di prodotti, principalmente attrezzature industriali, vedrà quindi i dazi annullarsi nel giro di quattro anni; un altro gruppo invece entrerà in questo meccanismo dal 2017 con secondo percentuali diverse, tali da arrivare a tariffa zero in un lasso di tempo che va da nove a tredici anni.

Davanti alla stampa il ministro incaricato della comunicazione, Issa Tchiroma, ha spiegato che il primo gruppo di prodotti, detto «a liberizzazione rapida», ha come obiettivo il benessere della popolazione : vi rientrano infatti «prodotti destinati al consumo dei nuclei familiari per il 30 per cento, inclusi alcuni di primaria necessità nella lotta contro la povertà; materie prime (19 per cento) e alcune attrezzature (27 per cento) che permettono alle imprese locali di produrre a costi più bassi». Il gruppo include inoltre alcuni beni di produzione per l’agricoltura, come le sementi per i cereali e alcuni tuberi.

Secondo uno studio del ministero delle Finanze, tuttavia, l’effetto di questa liberalizzazione porterà ad un abbattimento del costo finale di appena il 3,5 per cento. Anche la popolazione è divisa riguardo a questo accordo; tanto più che non è stato portato avanti nessuno studio indipendente riguardo alle ripercussioni di questo accordi sui Paesi interessati.

Secondo i dati di Bloomberg, l’Ue nel 2015 ha perso il suo status di terzo mercato di destinazione per i prodotti camerunensi, scendendo al quinto posto; il volume delle esportazioni è così sceso dai 2,8 miliardi di dollari del 2014 all’1,85 del 2015.

 

 

Inconvenienti per l’Africa

Due fattori sembrano aver avuto un ruolo preponderante per il governo del Camerun nella decisione di firmare l’accordo: la pressione dell’Ue e del cartello della filiera delle banane da una parte, e l’impatto negativo delle tariffe doganali sulle esportazioni – di banane in particolare – dall’altra.

Uno degli effetti più destabilizzanti dell’Ape per l’economia camerunense è la dinamica per cui i prodotti di importazione finiranno per risultare più competitivi rispetto a quelli prodotti localmente. Le imprese del Camerun non potranno così sostenere la concorrenza con quelle europee ; e in Africa milioni di persone dipendono dalla produzione manifatturiera, in un continente in cui continua a dominare l’agricoltura di sussistenza.

L’Africa occidentale è il primo partner commerciale dell’Ue in Africa subsahariana, e rappresenta il 2,2 per cento delle importazioni europee e l’1,8 per cento delle esportazioni.

 

 

Le pressioni dell’Ue sull’Africa

I Paesi africani sono restii ad accettare accordi iniqui, che minacciano il loro sviluppo sul lungo termine e la riduzione della povertà. Gli Ape regionali sono stati ratificati nel 2014 della Comunità degli Stati dell’Africa dell’Ovest (Cedeao) in virtù di un ultimatum lanciato da Bruxelles : un documento riservato proveniente dalla Commissione europea rivela che quest’ulrima ha organizzato una «riunione di esperti» degli Stati membri per discutere dei documenti («atti delegati») già redatti che prevedono, dal 1 ottobre 2016, la revoca unilaterale dell’accesso preferenziale al mercato europeo per i Paesi africani che non fannno parte dei « Paesi meno avanzati » (Pma). Questa misura colpirebbe pesantemente le esportazioni in termini di aumenti per le tariffe doganali se gli Ape non vengono ratificati.

In Africa orientale è il Kenya, la prima economia della regione, che porta avanti le discussioni. La Tanzania, l’Uganda, il Ruanda e il Sud Sudan puntano ancora i piedi.

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