Liberi di amare

Storicamente, come è stata concepita la dimensione dell’amore in psicologia?. Gianfranco – Bari La psicologia da sempre ha ridotto il discorso dell’amore quasi esclusivamente alla relazione uomo donna o terapeuta-paziente, vedendovi una riedizione in età adulta del primissimo rapporto emotivo profondo: quello tra madre e bambino. Relazione che, secondo molti psicologi, condiziona le relazioni sentimentali di tutta la nostra esistenza. Io penso che sia arrivato il momento di intendere l’amore in psicologia come libertà e non come attaccamento. Non un essere attaccati a qualcuno da amare ma soprattutto un essere liberi di amare qualcuno. Di che amore si tratta? È un amore che libera perché non ci fa sentire posseduti e soffocati. È un amore che più si divide fra varie persone e più si moltiplica, cioè non è esclusivo. È un amore intelligente, che conosce a fondo l’altro, lungimirante, che non pensa soltanto alla soddisfazione del qui ed ora, ma si interessa genuinamente a ciò che veramente è meglio per l’altro. È un amore capace di dire no e di essere fermo… ma creativo, capace di inventare nuove situazioni, nuove maniere di essere assieme e di entrare in rapporto con gli altri. Invece c’è nella nostra epoca una banalizzazione e una spersonalizzazione dell’amore. Molti di noi hanno disimparato ad amare e questo è successo perché, a mano a mano che la nostra civiltà ha liberato la sessualità, questa ha finito per reprimere l’eros. Molti pensano che l’eros ne sia sinonimo. Ma invece sono due cose diverse. La sessualità è un bisogno, eros invece è un’emozione. Quindi ci può essere sessualità senza eros, cioè senza vera passione. Nell’eros l’intimità diventa tale che i nostri limiti devono cedere, dobbiamo lasciarli scomparire in modo da fonderci con l’altro individuo. Ma a qualcuno questo fa paura, è troppo intenso: in fondo è una morte dell’individualità e molti la temono. Allora succede che tutta o molta dell’attenzione si trasferisce al sesso, che però è depauperato, perché vengono ignorati, disconosciuti o repressi molti sentimenti importanti, come la tenerezza e l’entusiasmo. E questo porta alla spersonalizzazione e alla banalizzazione dell’amore in generale. Sin dalla fine degli anni Sessanta, lo psicologo Rollo May affermava che ci sono varie forme di amore: eros, philìa (cioè l’amicizia, l’amore fraterno) e agape (cioè l’amore altruistico o spirituale). Il vero amore, quello integrato, dovrebbe essere una mescolanza di queste tre dimensioni e non una soltanto di queste. pasquale.ionata@tiscali.it

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