L’Europa, forza plurale

Sarebbe fin troppo facile commentare la nuova Costituzione europea, finalmente approvata il 18 giugno scorso, con un famoso verso di Montale: Ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. In effetti la nuova Europa a 25 sembra abbia voluto anzitutto chiarire ciò che non è: non una Federazione di stati, non un Superstato, non (ancora) un vero attore politico mondiale. Ma al tempo stesso, e senza equivoci, i governi europei hanno chiarito che non vogliono nemmeno ridurre l’Europa ad un’area di libero scambio economico e commerciale, o solo ad un’unione monetaria. Alcuni temevano questo regresso; altri, più o meno apertamente (dentro e fuori l’Unione), se lo auguravano. Certo, con il testo approvato a Bruxelles l’Europa non fa ancora il grande passo di lasciarsi definitivamente alle spalle il mito degli interessi nazionali (intesi in senso ristretto) per far spazio invece alla realtà del bene comune europeo (e degli europei). Ma al tempo stesso afferma nei fatti che solo condividendo le responsabilità a livello più elevato si possono conseguire gli obiettivi che i cittadini attendono (pace, sicurezza, sviluppo, fiducia nel futuro). Nel Preambolo, la Costituzione afferma che essa si ispira alle eredità culturali, religiose ed umanistiche dell’Europa, i cui valori, sempre presenti nel suo patrimonio, hanno ancorato nella vita della società il ruolo centrale della persona, dei suoi diritti inviolabili e inalienabili e il rispetto del diritto. È stata autorevolmente lamentata la mancanza di ogni riferimento alle radici cristiane dell’Europa. Si tratta – e non sarebbe dovuto accadere – di un tema che è venuto caricandosi, forse, di troppi significati politici. I diversi governi si sono infatti detti favorevoli o contrari a tale menzione sulla base di motivazioni spesso lontane dalla genuina ricerca di ciò che unisce l’Europa e gli europei. Ma non ci sembra nemmeno che la nuova Costituzione, per i valori che essa propugna e gli obiettivi che propone, intenda deliberatamente disconoscere il ruolo svolto dal cristianesimo nella storia o sia avversa al suo operare nella realtà socio-politica di oggi. La Costituzione stabilisce in effetti che l’Unione si fonda sui valori della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani . Da questo catalogo, di cui non possiamo che rallegrarci, manca l’indicazione della fraternità. Ai cristiani europei il compito di aggiungerla nei fatti, ricordando ad esempio gli impegni che in tal senso movimenti cristiani di tutto il continente e di diverse denominazioni hanno assunto all’incontro Insieme per l’Europa svoltosi a Stoccarda lo scorso 8 maggio. Ci pare dunque che vadano colte le possibilità di partecipazione e di cittadinanza attiva che la Costituzione offre ai cristiani coerenti ed impegnati per esplorare le dimensioni politiche della fraternità. Il che vuole dire, in pratica, la ricerca della giustizia sociale, la disponibilità a condividere le risorse con le aree dell’Europa e del mondo più svantaggiate, l’impegno per un ordine mondiale fondato sulla pace e sui valori più che sulla forza e sugli interessi dei più forti. Di tutte le numerose trasformazioni istituzionali che l’Europa ha subito, questa era forse la più complessa, sia per l’ambizioso obiettivo di darsi una Carta costituzionale, sia perché compiuto in condizioni oggettivamente difficili. Basti pensare alle divisioni causate dalla guerra in Iraq, alla crescente disaffezione delle opinioni pubbliche testimoniata dal tasso di astensione alle recenti elezioni europee, al fatto stesso di aver dovuto decidere a 25 con la forte limitazione di dover necessariamente ricercare l’unanimità. Non possiamo dirci orgogliosi delle diversità, ritenute giustamente la ricchezza dell’Europa ed al tempo stesso lamentarci che l’Europa non sia un attore politico monolitico, che possa ad esempio dialogare alla pari con gli Stati Uniti. L’avventura europea è unica nel suo genere: può assumere connotati che non ci soddisfano, ma questo è il nostro continente ed è fatto di mille identità e di mille sensibilità, che l’allargamento non ha fatto che moltiplicare. Proprio queste differenze, d’altra parte, rendono il dibattito politico in Europa ricco e articolato, anche se a volte il confronto si fa duro. La nuova Costituzione europea ci dice che l’unità non si raggiunge attraverso l’autostrada dell’uniformità, ma percorrendo gli impervi sentieri del dialogo, continuo e paziente, tra i diversi. Che sia proprio questa – più degli eserciti e delle tentazioni egemoniche – la strada europea per un mondo più giusto, più sicuro, più fraterno, arricchito dal dialogo tra le civiltà e non minacciato dal loro scontrarsi? L’Europa, come è stato scritto, è una forza gentile. Con la nuova Costituzione le sue debolezze potrebbero divenire la sua forza plurale.

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