L’Europa e la dignità umana

Il principio giuridico e culturale che ha accompagnato il processo di aggregazione politica ed economica dell’Unione Europea è stato quello dei diritti umani. Vincenzo Buonomo evidenzia la centralità nel libro scritto con Angelo Capecci, L’Europa e la dignità dell’uomo, filosofia e diritti umani, di prossima pubblicazione per i tipi diCittà Nuova.
L'Europa e la dignità dell'uomo

Occuparsi di diritti fondamentalie della loro tutela in Europa significa considerare le radici dell’idea di unità del Continente, come pure individuare i diversi percorsi di aggregazione e integrazione intrapresi dagli Stati europei in modo sistematico a partire dal secondo dopoguerra, valutandoli così alla luce delle dinamiche della Comunità internazionale e del quadro normativo in essa operante, come pur della metodologia specifica di quel particolare ambito costituito dal diritto internazionale dei diritti umani.

Fare dei diritti uno strumento dell’unità europea attribuisce un valore ulteriore ai processi di integrazione in atto, configurandoli come percorsi adeguati e funzionali a garantire non solo una più strutturata e fattiva coesistenza tra Stati, ma anche la condizione della persona considerata singolarmente e nella sua dimensione sociale, fatta di aspirazioni, rivendicazioni o domande di diritti e libertà.

Infatti, si può facilmente cogliere come nel manifestarsi delle cosiddette questioni globali spicca la tutela della persona, fatto che rende obbligato il ricorso a scelte specifiche, rese necessarie anche da altri fattori oltre quelli di ordine politico ed economico.

Nel caso europeo, quest’ultimo aspetto sintetizza l’orientamento verso forme sempre più impegnative nel livello di integrazione, identificate in processi sovranazionali che, pur pensati per rispondere nell’immediato a richieste specifiche o localizzate alla dimensione socio-economica, si sono affermati sul medio e lungo periodo come percorsi capaci di determinare vantaggi per la vita della persona nella sua totalità.

Letti in relazione ai diritti fondamentali, l’integrazione e la sovranazionalità si presentano nella loro precisa natura, e cioè quali espressioni avanzate del modo in cui, al di là dei confini degli Stati, le questioni comuni vengono individuate e affrontate per poi essere inquadrate coerentemente mediante regole pertinenti: quelle del diritto internazionale e quelle elaborate dagli stessi processi di integrazione.

Inoltre, la propensione a costituire delle strutture, la cosiddetta istituzionalizzazione, si è limitata e si limita alla creazione di istituzioni funzionali, diversamente da quelle istanze di ordine politico o espresse da teorie unitarie, volte a istituire forme di Stato di tipo federale o comunque sovranità di tipo statuale.

Contesti, questi ultimi, nei quali la tutela dei diritti è una strada immediatamente percorribile, a differenza di quanto invece può rilevarsi, in ragione della funzionalità, per le Organizzazioni intergovernative e la loro attività di ordine giuridico.

Il caso dell’Europa appare indubbiamente significativo e non solo perché risulta maggiormente dinamico ed evoluto rispetto agli altri standard di integrazione verificabili nelle relazioni internazionali, ma anche – e in certi aspetti soprattutto – per quello che il Continente rappresenta nelle vicende della famiglia umana: pensiero, religione, cultura, arte, storia, come pure scienza giuridica e delle istituzioni convergono sull’obiettivo di dare alla persona una protezione primaria e non solo una collocazione centrale in termini formali.

Sono proprio questi gli elementi che fanno di quello europeo un modello di integrazione valido anche per altre aree del pianeta, per gruppi di Stati alla ricerca di un percorso unitario, così da conseguire risultati comuni o almeno forme di cooperazione stabili e continuative, contrassegnate dalla necessità di collaborazione o dall’aspirazione ad una coesistenza non solo funzionale all’economia o alle regole, ma anche di piena garanzia della persona umana e dei suoi diritti.

Per altro, la disponibilità di altre aree geopolitiche a recepire il modello di integrazione europeo, ne evidenzia una caratteristica specifica, anzi essenziale. Finalizzato a determinare uno spazio economico integrato, una reale sicurezza e metodi di garanzia sovranazionale per diritti e libertà, il modello europeo si è implementato mediante un’architettura istituzionale peculiare e una concezione strutturata dell’integrazione fatte di modi, forme e regole gradualmente condivisi.

Un processo che ha reso possibile la maturazione – e cioè: inserito nel cammino comune che coinvolge i Paesi del Continente – di: valori fondamentali, quali il rispetto della dignità umana, la libertà, la democrazia pluralista, lo stato di diritto (rule of law), i diritti fondamentali delle persone e la loro uguaglianza di fronte all’ordinamento giuridico; obiettivi, tra cui spiccano la pace, il benessere, la sicurezza, la cooperazione giuridica, la tutela dei diritti umani, la libera circolazione delle persone, l’instaurazione di un mercato interno e di un’unione economica e monetaria, il rispetto delle libertà come strumento dell’agire politico e dell’attività economica; princìpi regolatori, come l’attribuzione delle competenze, la sussidiarietà, la proporzionalità, la leale cooperazione tra gli Stati, la libertà economica, la giustizia sociale, la responsabilità ambientale.

Un processo quindi ben strutturato sia negli elementi fondativi sia nei contenuti strutturali che, però, i dati resi disponibili dal mondo dell’informazione tendono a esemplificare con le vicende dell’Unione Europea o a sovrapporlo a tale realtà che, con i suoi attuali 28 Stati membri, rappresenta un livello fortemente definito di sovranazionalità.

Un profilo che nell’articolarsi ha sistematicamente legato la verticalizzazione di poteri e funzioni non solo all’ambito economico, ma anche ad una dimensione politica almeno condivisa e capace di trasformarsi sul lungo periodo in un quadro unitario nel quale anche i diritti umani hanno trovato collocazione.

È quanto esprime il dato offerto da un processo non concluso ma certamente stabilizzato dall’entrata in vigore dei Trattati di Lisbona, il 1º dicembre 2009, nell’evidenziare un chiaro orientamento a mantenere comune la dimensione politica, mentre presenta come unitaria la funzione giuridica, rafforzata proprio dalla tutela dei diritti divenutane parte essenziale.

Quello che oggi si configura come l’ordinamento dell’Unione Europea si è caratterizzato sin dalle origini per la tendenza a costituire una realtà accentrata, pur nel suo oscillare tra l’obiettivo di produrre un diritto esclusivo (quello detto “comunitario” e, oggi, diritto dell’Unione) e l’esigenza di armonizzare le normative esistenti nei diversi Stati membri. Questa metodologia costituisce uno degli obiettivi più riusciti del cammino comune, al punto da determinare tra le condizioni essenziali per l’ingresso di nuovi membri l’accettazione del cosiddetto acquis comunitario, costituito anzitutto dal patrimonio giuridico comune e stratificatosi nel tempo, anche quanto alle regole previste a garanzia della persona.

 

Da: Vicenzo Buonomo – Angelo Capecci, L’EUROPA E LA DIGNITA' DELL’UOMO, filosofia e diritti umani, (Città Nuova, di prossima pubblicazione)

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