L’eterna giovinezza della Bausch

Sono trascorsi più di vent’anni e l’asettico salone da ballo anni Cinquanta, non è cambiato. Ritroviamo le stesse sedie lungo le pareti, le porte, un pianoforte nell’angolo, un cavallo a dondolo da luna park, e lo schermo cinematografico nascosto da una tenda. Anche le canzoncine tedesche anni Trenta, le musiche di Chaplin e di Rota, compreso uno scatenato boogiewoogie, sono le stesse. Sono cambiati invece quegli interpreti giovani e pieni di energia che, all’epoca, animavano Kontakthof, il “luogo dei contatti” dove si celebrava la ricerca e l’impossibilità del vero amore. I protagonisti di oggi sono anziani, dai 65 anni in su, col loro bagaglio di vita vissuta, le fatiche fisiche, una senilità tenera e buffa. Pina Bausch, la capostipite del teatrodanza, li ha voluti dilettanti: gente comune che ha risposto numerosa ad un’inserzione della coreografa sui giornali della sua Wüppertal. Dopo il debutto il nuovo Kontakhof, concepito come evento unico per la città nel passaggio al nuovo millennio, ha fortunatamente continuato a vivere con brevi tournée, approdando con grande successo, in esclusiva italiana, al Comunale di Ferrara. Nel rimontare la storica coreografia, la Bausch non modifica la struttura. Smorzando, naturalmente, la danza per adattarla a dei corpi invecchiati, ella mantiene gli stessi ritmi, passi e sequenze, con le invenzioni di un modello compositivo che ha fatto scuola. Sono i tic trasfor- mati in danza, le passerelle in diagonale, i girotondi, le discese in platea e gli avanzamenti verso il pubblico: come quando, seduti frontalmente sul proscenio, tutti gli interpreti parlano contemporaneamente raccontandosi a turno al microfono di un intervistatore. Il risultato è, ancora una volta, uno spaccato tragicomico, esilarante e ironico, di esistenze del nostro tempo nel quale possiamo specchiarci al di là dell’età: perché si parla di solitudine e incomunicabilità, di desideri e di paure, e di quell’inestinguibile bisogno di amare ed essere riamati. Pur nella lentezza e ripetitività di alcuni momenti irrompono vampate di genialità creativa. Gag divertenti si alternano ad altre di malinconia e di drammi. A cominciare dalla presentazione in cui i protagonisti si mostrano come se dovessero fare una schedatura dei loro requisiti fisiognomici. Nella sala delle cerimonie c’è l’isteria subito ricomposta nel gruppo; chi grida sull’orlo di una sedia per attirare l’attenzione; i pettegolezzi delle comari, il signore che lancia un topo morto creando il panico (perché c’è sempre nelle feste chi vuole essere originale). E poi una gara di dispetti tra coppie fra gli applausi di tutti, le sopraffazioni, le tenerezze, le piccole cattiverie reciproche. In questa ventata di ritrovata giovinezza, sono a dir poco straordinari i ventisei seniores nell’impegno profuso, e nella capacità espressiva fatta di commistione intima tra movimenti e testi. Ma soprattutto nell’aver assimilato lo stile della Bausch, quella gestualità distillatrice di esperienze quotidiane dal palpito universale.

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