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In profondità > Itinerari del Giubileo

L’eroismo gioioso di Nennolina

di Oreste Paliotti

Nella basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme è sepolta Antonietta Meo, una bambina di neanche sette anni che potrebbe diventare la più giovane santa non martire della storia della cristianità

La basilica di Santa Croce in Gerusalemme, dove è sepolta Antonietta Meo. (Di Livioandronico2013 – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=40321524)

Sorta per volontà di Costantino o della madre Elena sul luogo del Palatium Sessorianum, un edificio di proprietà imperiale che sembra sia stato residenza della stessa Elena, la basilica di Santa Croce in Gerusalemme, a poche centinaia di metri da quella di San Giovanni in Laterano, è uno scrigno di tesori d’arte e di fede: vi sono custodite nientemeno che le reliquie degli strumenti della passione di Cristo, secondo la tradizione cercati e rinvenuti dall’augusta imperatrice, pellegrina alla Città Santa. La scena del ritrovamento della vera croce è riprodotta nell’abside, al sommo della quale, in una “mandorla” accerchiata da una collana di cherubini, su un cielo di perfetto turchino, è assiso il Redentore benedicente: affascinante affresco attribuito ad Antoniazzo Romano, ma forse di scuola umbro-melozzesca (secoli XV-XVI).

Non mancano, dunque, al pellegrino del Giubileo, motivi per fare tappa anche in questa basilica, sia pure più appartata rispetto ad altre del centro storico di Roma. Ma un altro ancora se ne aggiunge. Poco distante dalla cappella delle reliquie si fa subito notare la tomba di Antonietta Meo, una bambina romana morta nel 1937 quando aveva poco più di sei anni. Capelli a caschetto, ci guarda sorridente dalla foto sulla lapide; lì accanto, in due vetrinette, c’è una piccola toccante raccolta: i suoi giocattoli, i suoi vestiti, la stampella sulla quale si reggeva, alcune letterine scritte con calligrafia infantile.

Antonietta Meo (Di Sconosciuto – [1], Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=23300103)

La breve vicenda di Nennolina (come veniva chiamata), che fra l’altro abitava con la famiglia proprio di fronte a questa basilica, ha molto a che fare con la passione di Cristo, alla quale lei partecipò eroicamente: ammalata di tumore osseo, offrì infatti le sue sofferenze e l’amputazione di una gamba per amore di Lui e per la salvezza dell’umanità. Vicenda che pone una domanda, non tanto ai comuni fedeli, che per questa testimonianza di fede e di carità fuori dal comune già la considerano santa, quanto ai teologi: possono anche i bambini –insieme ad adolescenti come san Carlo Acutis – esercitare le virtù in “grado eroico” sì da meritare di essere elevati agli onori degli altari?

Col suo fine intuito di pastore di anime e di santo, Pio X non nutriva dubbi al riguardo: di qui la sua insistenza perché i giovanissimi potessero accedere all’Eucaristia, sacramento che avrebbe aperto anche a loro la via della santità. Dai tempi del santo papa i progressi in campo psicologico, pedagogico, teologico, morale e spirituale hanno modificato le opinioni circa le capacità morali dei bambini e la loro eventuale eroicità (ci si chiedeva infatti a che età il fanciullo arriva alla ragione e, di conseguenza, quale valore attribuire alle sue azioni).

E tuttavia, per lungo tempo la questione è rimasta sospesa: è il motivo per cui, tra gli altri esempi, la causa di beatificazione di Francisco e Giacinta Marto, i pastorelli di Fatima, ha avuto esito positivo solo in anni recenti. Analoghi i motivi di ritardo nel caso di Nennolina, che solo il 17 dicembre 2007 ha ricevuto il titolo di venerabile col decreto di riconoscimento delle virtù eroiche firmato da papa Benedetto XVI. Ma cerchiamo di conoscerla un poco. Nelle sue letterine, che come in un gioco d’amore metteva sotto una statuina di Gesù Bambino «perché lui «di notte venisse a leggerle», si colgono – pur in mezzo a errori di grammatica, ortografia e sintassi – certe espressioni che fanno pensare, indice di una sapienza che poteva venirle solo dall’alto:

«Caro Gesù io mi voglio fare santa e voglio fare tanti sacrifici ma tu aiutami perché senza il tuo aiuto non posso fare niente... Ogni passo (fatto con la protesi, che le dava dolori lancinanti, n.d.r.) fa’ che sia una parolina d’amore… Ti ringrazio perché ci hai dato la forza di sopportare con pazienza la nostra croce… Io voglio salvare tante anime per venire in paradiso con te e con queste anime che io ho salvato… Ti raccomando la Spagna e tutti quelli che muoiono… Ti raccomando specialmente quel peccatore che tu sai… Di’ alla Madonnina che l’amo tanto e che voglio stare insieme a lei sul Calvario perché io voglio essere la tua vittima d’amore…»

L’indomani della prima comunione, così dettava alla madre:

«Caro Gesù, domani, quando sarai nel mio cuore, fai conto che la mia anima fosse una mela. E, come nella mela ci stanno i semi, dentro all’anima mia fai che ci sia un armadietto. E, come sotto la buccia nera dei semi ci sta dentro il seme bianco, così fa’ che dentro l’armadietto ci sia la tua grazia, che sarebbe il seme bianco».

A questo punto la madre l’interruppe: «“Ma, Antonietta, cosa dici? Cosa significa questo dentro, che sta dentro? Cosa vuoi dire?”. Tentai invano di dissuaderla. Infine Antonietta mi spiegò: “Senti, mamma: fai conto che l’anima mia sia una mela. Dentro alla mela ci sono quei cosini neri che sono i semi. Poi dentro alla buccia dei semi c’è quella cosa bianca? Ebbene fai conto che quella sia la grazia”. Trovai – continua la madre – che il paragone, che io non conoscevo, era profondo, ma non volli darmi per vinta e perciò ripresi: “Ma queste cose chi te le ha dette? La maestra a scuola ha preso la mela per farvi capire…”. “No, mamma – rispose candidamente –, non me l’ha detto la maestra, l’ho pensato io”».

Eppure era una bambina normale sotto tutti i punti di vista, vivace, gioiosa, amante dei giochi e delle caramelle. Tant’è vero che la madre non diede troppo peso alle letterine che la figlia le dettava (almeno finché non fu in grado di usare lei la penna), e solo alla fine si rese conto di quanto lei soffrisse, ingannata dal suo sorriso e dalla sua serenità.

Nennolina, un esempio della sovrana libertà di Dio che elargisce i suoi doni a chi vuole, secondo le parole di Gesù: «Ti benedico, Padre… perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli».

Conversioni e grazie accompagnarono la morte di Antonietta, di cui lei stessa aveva previsto il giorno e l’ora. La sua fama di santità oltrepassò i confini non solo di Roma, ma d’Italia. Se il processo di beatificazione in atto avrà esito felice con l’atteso miracolo, «questa bambina romana – è stato detto – potrebbe divenire la più giovane santa, non martire, elevata agli onori degli altari, la più giovane nella storia della cristianità».

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