L’Enfer

Il bosniaco Davis Tanovic è divenuto famoso per No man’s land, (Oscar nel 2001), affrontando l’assurdo della guerra balcanica con toni sarcastici e paradossali. Questa volta, convinto che l’inferno ha molte facce e che può far parte della quotidianità, lo ha descritto in una Parigi elegante ed intellettuale, ricorrendo ad uno stile ricercato di alto livello figurativo e ad attori di prim’ordine. La sceneggiatura ha un contenuto filosofico ed etico, essendo quella che Kiesloswki scrisse poco prima di morire, sulla scia del Decalogo e della trilogia dei colori. Il confronto tra i due autori sembra inevitabile. Si può dire che, a saperla intendere, l’intuizione alla Kiesloswki c’è, ma un po’ adombrata da uno stile non così sottile e poetico come quello di questo ultimo. Tre sorelle, divenute adulte, vivono la propria vita, lontane l’una dall’altra. Sono infelici nei rapporti amorosi e su di loro grava, come un destino, un trauma subìto da bambine, allorché la madre denunciò di pedofilia il marito innocente e questi finì per suicidarsi. 69 Città nuova • n.13 • 2006 ARTE E SPETTACOLO Le colpe ricadono sulle figlie, che si lasciano trascinare da intense passioni amorose, senza riuscire a seguire il buon senso. Colpisce l’immagine del piccolo di cuculo, che espelle le uova rivali dal nido, secondo leggi di una natura impietosa, che si ripete in quella umana, se non è soccorsa dal discernimento. Il destino della Medea greca, di cui parla una di esse, in qualche modo si rinnova in loro, anche se sono evitate le conseguenze più tragiche dell’epoca antica, dovute agli ultimi influssi dei miti. Esse, tuttavia, non sfuggono all’inferno sentimentale, che come in una serie di cerchi concentrici, finisce per chiudersi su loro, intorno alle parole di odio espresse dalla madre nella scena finale. Ecco Kiesloswki: il trionfo, nell’epoca moderna, della ragione sulla religiosità di molti cambia la forma, ma non la sostanza, all’infelicità degli uomini, che non riescono ad ascoltare le indicazioni sottili della coscienza. Regia di Danis Tanovic; con Emmanuelle Béart, Karin Viard, Marie Gillain, Guillaume Canet, Jacques Perrin, Carole Bouquet.

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