Legge elettorale. Niente rinvii, la Consulta boccia il Porcellum

La sentenza può avere effetti paradossali e devastanti per l’intero sistema politico. Il danno provocato dai partiti, che in otto anni non hanno voluto cambiare questa legge elettorale, si ripercuote su loro stessi
Il Parlamento

C’era chi ipotizzava una moratoria. La seduta della Corte costituzionale era da tempo annunciata per il 3 dicembre: e c’è stata effettivamente. È seguita ieri una lunga riunione in Camera di consiglio. Da molte parti si attendeva un possibile aggiornamento della stessa, con un rinvio di un paio di mesi, per una sorta di "cortesia istituzionale": non umiliare il Parlamento, rivelatosi fin qui, pervicacemente, incapace di varare una nuova legge elettorale.

Ipotesi clamorosamente disattesa, perché nel tardo pomeriggio è arrivato puntualmente il pronunciamento della Consulta: la legge elettorale n. 270/2005 è incostituzionale, riguardo alle «norme che prevedono l’assegnazione di un premio di maggioranza – sia per la Camera dei deputati che per il Senato della Repubblica – alla lista o alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano conseguito, almeno, alla Camera, 340 seggi e, al Senato, il 55 per cento dei seggi assegnati a ciascuna Regione». La Corte ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale delle «norme che stabiliscono la presentazione di liste elettorali "bloccate", nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza».

Le reazioni. Le valutazioni politiche sul pronunciamento della Corte sono diverse.Secondo Beppe Grillo la cancellazione del Porcellum farebbe rivivere il Mattarellum, ed è con quella legge che bisognerebbe andare subito al voto. Ma Valerio Onida, presidente emerito della Consulta, dissente da questa interpretazione: «Non è automatico il ritorno al Mattarellum». Altri costituzionalisti, infatti, concordano nel ritenere che uno degli effetti della prima parte della sentenza sarebbe il ritorno al proporzionale puro senza premio di maggioranza. Ipotesi che vedrebbe favorevole, ad esempio, Pierferdinando Casini, ma che preoccupa entrambi i principali contendenti alle primarie per la segreteria Pd, Renzi  e Cuperlo, che ritengono esiziale un ritorno alla prima Repubblica. Per Forza Italia il Parlamento attuale è delegittimato (quantomeno per quanto riguarda i 148 deputati del Pd entrati alla Camera grazie al premio di maggioranza, e che dovrebbero decadere ed essere sostituiti) e, comunque, sarebbe gioco forza il ritorno immediato alle urne con un’altra legge elettorale.

Effetti paradossali e devastanti. La sanzione della Consulta priverebbe le due Camere di legittimazione costituzionale e politica. E secondo alcuni potrebbe prefigurare, a cascata, conseguenti illegittimità anche sul governo e, addirittura, sull’elezione del capo dello Stato. E c’è chi aggiunge persino sul pronunciamento del Senato sulla decadenza del Cavaliere, che, tuttavia, paradossalmente, risultava eletto senatore con la stessa legge dichiarata incostituzionale.

D’altro canto, non bisogna dimenticare che questa ipotesi di illegittimità costituzionale non riguarderebbe solo l’attuale Parlamento, ma si estenderebbe anche ai due precedenti (eletti con il Porcellum nel 2006 e nel 2008), con tutti gli atti conseguenti da essi adottati.

Insomma: una sentenza che, per quanto attesa, giunge con la deflagrazione di una bomba atomica.

Si può ancora porre rimedio. Per valutare gli effetti giuridici della sentenza e la loro decorrenza bisognerà attendere la pubblicazione delle motivazioni, che avverrà nelle prossime settimane. Ma intanto, la Consulta lascia una porta aperta, perché conclude il suo comunicato stampa affermando: «Resta fermo che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei princìpi costituzionali». 

E, aggiungiamo noi, purché si faccia in fretta e bene. Con la più ampia condivisione possibile.

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