L’efficienza energetica è di casa

La via più efficace per la salvaguardia dell’ambiente e del portafoglio.
Efficenza energetica

Ammettiamolo: quando si parla di Green Economy, o economia ecologica, si corre il rischio di non districarsi più. Il campo si è ampliato fino a comprendere un’autentica ridda di settori, dall’edilizia sostenibile all’intero mondo delle energie rinnovabili. Che, per i profani, sono a volte quasi indistinguibili: pochi probabilmente conoscono la differenza tra solare termico ed elettrico, per non parlare di chi non ha ancora chiara quella tra pannelli solari e fotovoltaici. Facile sentirsi disorientati e credere che sia solo materia per ricercatori, lontana dal contribuire in maniera significativa all’economia e alla salvaguardia dell’ambiente. Eppure è proprio uno dei rami meno conosciuti della Green Economy quello che può fare la differenza nella nostra vita di tutti i giorni, sia per i costi relativamente contenuti, che per l’alta resa energetica, che per l’effettiva disponibilità delle tecnologie e competenze: quello dell’efficienza energetica degli edifici.

 

Casa sostenibile? Già fatto

 

Quasi il 60 per cento del patrimonio residenziale italiano è stato costruito tra il 1946 e il 1981: in altre parole, gli edifici sono autentici colabrodo sotto il profilo dell’isolamento termico. All’epoca ci si poteva permettere di spendere quella media annua di 12-14 litri di gasolio a metro quadro che ancora oggi si registra, con punte di 18-20 litri al Nord: oggi però ciò non è più possibile, sia per ragioni economiche che ambientali. Tra i primi a rendersene conto sono stati gli altoatesini: sin dalla fine degli anni Ottanta la giunta provinciale ha promosso misure per il risparmio energetico, introducendo nel 1992 un certificato climatico per gli edifici. Nel 2006 è stata istituita l’agenzia CasaClima, ente unico nel suo genere in Italia preposto a rilasciarlo, di cui è proprietaria la provincia. Dal 2002 il comune di Bolzano richiede obbligatoriamente un certificato energetico per gli edifici, requisito esteso dal 2004 all’intera provincia: tutte le nuove costruzioni devono essere almeno di categoria C (ossia con fabbisogno energetico annuo inferiore a 70 kWh/m²), sotto pena del mancato rilascio del certificato di abitabilità.

 

Se lo chiedono, si spera, vuol dire che si può fare: e infatti lo standard elaborato dall’agenzia è diventato punto di riferimento a livello nazionale, con la certificazione di oltre 3550 edifici e la formazione di oltre 21 mila tra progettisti e costruttori. Grazie a interventi e tecniche costruttive che permettono di minimizzare il fabbisogno per riscaldamento e illuminazione, e l’aggiunta di pannelli solari o fotovoltaici, è possibile raggiungere livelli di consumo di fronte ai quali la media citata sopra fa impallidire: una casa di classe B richiede cinque litri di gasolio a m², una di classe A solo tre, e una di classe “oro” addirittura uno. Plausibile quindi credere ai dati dell’agenzia, secondo cui i tempi di ammortamento si aggirano sui cinque o sei anni per una casa nuova, e otto o dieci per una esistente ristrutturata: è sufficiente infatti una coibentazione dal costo medio di seimila euro per risparmiarne quasi 700 all’anno in gasolio.

 

E se non vogliamo farne solo una questione di soldi, c’è da aggiungere che l’utilizzo di materiali sostenibili e la migliore qualità dell’aria nelle stanze – dovuta a un uso meno “invasivo” del riscaldamento – riduce l’impatto ambientale e aumenta il comfort.

 

Vizi e virtù

 

Certo, facile per i bolzanini costruire secondo questi criteri: in provincia il rilascio della certificazione è gratuito. Ma nel resto d’Italia bisogna sborsare quattro euro al m², più altri 1000 per i sopralluoghi. Infatti il monitoraggio avviene prima, durante e dopo la costruzione, per garantire che le misure progettate non solo siano effettivamente realizzate, ma anche mantenute. Perché dunque sborsare soldi per un pezzo di carta, quando è comunque possibile adottare certi accorgimenti senza richiedere che ciò venga ufficialmente riconosciuto? «Dal punto di vista strettamente economico – osserva Matteo Miola, ingegnere specializzato in energia e ambiente – la convenienza sta nell’aumento del valore della casa, nel caso in cui un domani la si volesse vendere».

 

«Ma richiedere la certificazione – aggiunge Sergio Gatteschi, dell’Agenzia fiorentina per l’energia – significa anche avere una squadra di professionisti che segue i lavori: in sostanza, acquistare l’assistenza tecnica». Specie laddove è sufficiente un’autocertificazione, poi, «è possibile – prosegue Miola – che, in mancanza di un ente terzo che verifichi, si crei un conflitto di interessi in cui il costruttore è anche il certificatore».

 

Certo ciascuno è libero di fidarsi purché sia cosciente del rischio, che non è l’unico quando si parla di riqualificazione energetica. Al di là del fatto che non necessariamente un certo intervento è conveniente per qualsiasi edificio, non è facile nemmeno districarsi tra gli incentivi, che in effetti sono rilevanti: basti pensare alla detrazione del 55 per cento sull’Irpef per questo tipo di lavori, che secondo i dati dell’Enea ha già spinto gli italiani a migliorare l’efficienza energetica delle loro case fino a risparmiare l’equivalente di quanto prodotto da una centrale elettrica per 700 mila persone.

 

Ma anche per il fotovoltaico bisogna fare attenzione: «A volte le aziende che installano i pannelli – spiega Miola – propongono di farlo gratuitamente, in cambio della cessione degli incentivi. Ma bisogna tener conto che un impianto che vale mediamente 10-12 mila euro produce con gli incentivi un netto di 15-18 mila euro in 20 anni, che andrebbe perso».

Certo quello dell’efficienza energetica non è l’unico parametro di cui tener conto: i fattori di impatto ambientale sono molti altri – dai materiali usati per la costruzione, alle emissioni di gas serra –, valutati anche da CasaClima secondo protocolli appositi. Rimane però quello di maggiore efficacia, se è vero che il 70 per cento dei consumi energetici di una famiglia è dovuto al riscaldamento. Non sarà la panacea alla questione energetica, ma è uno dei primi passi che possiamo fare.

Chiara Andreola

 

 

AAA Piano energetico cercasi

 

Chiaroscuri del quadro nazionale. Il pensiero di Sergio Gatteschi

 

Il settore dell’efficienza energetica degli edifici è particolarmente promettente e ha già ottenuto risultati concreti: eppure è penalizzato dalla mancanza di un piano complessivo a livello nazionale e da un balletto normativo che scoraggia gli investitori. È questo il quadro che emerge da un dialogo con Sergio Gatteschi, direttore dell’Agenzia fiorentina per l’energia, ente preposto tra l’altro alla certificazione energetica degli edifici.

 

Dottor Gatteschi, quali sono a suo avviso le opere più significative già realizzate, e quali invece le principali problematiche?

«In Toscana, ci sono in particolare due buoni esempi. Il primo è un condominio di classe A in centro a Firenze, che è eccezionale perché “normale”: gli inquilini, a fronte di un costo a metro quadro in linea con il mercato, spendono circa 80 euro l’anno di riscaldamento; l’altro è quello della ristrutturazione di una villetta a Vicchio, che ha consentito di ridurre i consumi per il riscaldamento dell’ottanta per cento, raggiungendo la classe B. Il grande problema invece, oltre all’incertezza di fronte a normative che cambiano continuamente, è la distanza tra buone intenzioni e fatti».

 

Nei suoi interventi cita spesso la mancanza di un piano energetico nazionale da trent’anni: ma questo problema come tocca concretamente i cittadini?

«Li tocca perché non c’è una linea strategica su come ridurre i consumi e garantire l’approvvigionamento di energia nella vita quotidiana. Se decidiamo di puntare sul gas e ci rivolgiamo al mercato per acquistarlo, allora è necessario un piano per i rigassificatori: altrimenti dipenderemo sempre dai gasdotti e dai relativi interessi geopolitici. Ma soprattutto significa tarpare le ali alla ricerca, perché non è possibile giustificare un investimento se non c’è un progetto: in Germania, ad esempio, è stato brevettato un sistema che consente di produrre cemento utilizzando metà dell’energia, che sta più che ripagando i soldi spesi».

 

Se dovesse fare lei un decreto sviluppo, che misure inserirebbe?

«Farei un piano quinquennale per dare stabilità al settore, garantendo magari incentivi minori, ma costanti e certi, sia per le industrie che per i privati. E il bello di questa storia è che quelli nel campo dell’efficienza energetica sono investimenti che rendono subito, anche il 10 per cento annuo: c’è forse un’altra attività economica che renda altrettanto?».

 

Se è un investimento così certo, perché diversi lamentano la scarsa disponibilità delle banche?

«Le banche sono disorientate dalla scarsa chiarezza e dal cambio continuo delle leggi: una cosa è poter contare su un incentivo certo per rientrare del capitale, un’altra è temere che da un giorno all’altro questo venga meno».

C. A.

 

La biblioteca di paglia

 

Muri di paglia, uno spazio pubblico che riproduce la suggestione di strada pedonale coperta, camini di ventilazione. È l’originale biblioteca pubblica di Rosigliano Marittimo, in provincia di Livorno, realizzata da Area progetti, uno studio di architettura di Torino, e Una2 di Genova, con i moderni criteri di “architettura sostenibile”. L’idea nasce dall’attenta osservazione dell’area, uno spazio vuoto di cinquemila metri quadri che è attraversato dai cittadini per raggiungere il sottopassaggio della ferrovia. Il flusso pedonale viene incluso nel nuovo organismo edilizio rispettando così la precedente destinazione d’uso del luogo. Attorno al percorso consueto dei pedoni si sviluppa il progetto della biblioteca che non è racchiusa all’interno di un edificio, ma attraverso la strada coperta, le vetrate, il bar e il giardino è una biblioteca inserita nella città. L’architetto Domenico Racca è il capo progetto della biblioteca.

 

Come nasce la decisione di utilizzare le balle di paglia per i muri?

«Abbiamo deciso di realizzare un edificio realmente ecosostenibile, non come la maggior parte dell’edilizia attuale che pur definendosi eco prevede al massimo qualche pannello solare e un centimetro in più di isolamento termico. La vera sfida è invece trovare soluzioni che riducano al minimo i consumi energetici dell’edificio, utilizzando materiali naturali che richiedano poca lavorazione riducendo al minimo i costi di trasporto. Con questi filtri abbiamo individuato la paglia, la cui produzione vede una forte concentrazione proprio nella zona del Livornese.

«I muri da noi progettati avranno una dispersione termica di circa quattro volte inferiore a quanto previsto dall’attuale normativa, con evidenti conseguenze di risparmio energetico, sia per il caldo che per il freddo. La traspirabilità della paglia intonacata con malta a base di argilla permetterà, inoltre, la creazione di un microclima interno ottimale per il comfort degli utenti».

 

Altra idea innovativa sono i camini solari…

«Oltre le murature in balle di paglia, un altro accorgimento innovativo che permetterà una riduzione dei consumi energetici è l’ideazione di un sistema di ventilazione naturale che capta le correnti d’aria a una quota pari a circa 18 metri di altezza e le convoglia in un reticolo di canali sotterranei dove, grazie alla temperatura pressoché costante del sottosuolo, in estate l’aria si rinfrescherà, mentre in inverno si riscalderà, per venire immessa successivamente negli ambienti. Una serie di camini solari completano infine il sistema facilitando l’estrazione dell’aria viziata».

 

Che messaggio volevate trasmettere?

«La biblioteca, luogo deputato alla conoscenza e all’arricchimento culturale, trasmette agli utenti un messaggio di corretto comportamento ecosostenibile e di rispetto dell’ambiente. E il nostro è un modo di lavorare che va oltre il semplice fare il proprio dovere, ma cerca anche la relazione con l’altro e con l’ambiente».

Aurelio Molè

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