Lecce guarda all’uomo europeo

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Ha otto anni, soltanto, ma ormai il festival salentino sta crescendo. Non solo perché ospita autori valorosi (Theo Angelopulos, Citto Maselli, Silvio Soldini), attori di spessore (Valeria Golino con una mostra fotografica ed una biografia in prossima uscita, Valentina Cervi, Fabrizio Gifuni, Claudio Santamaria) e registi d’elezione, come Saverio Costanzo ed Edoardo Winspeare – quest’ultimo vero genius loci – ma per l’interscambio fra i Paesi europei che consente di vedere opere di livello notevole, nella speranza che i distributori le facciano arrivare in sala. Darebbe ossigeno ad una produzione cinematografica che vive nella costante tentazione dell’asfissia qualitativa e forza ai giovani – moltissimi – che qui accorrono con un entusiasmo solare. Anche perché Lecce, con la luminosità travolgente del barocco, è un invito a credere nella vita… La vita appunto è la grande protagonista del Festival. Dieci i film europei in concorso presentati in anteprima nazionale. Alcuni, sorprendenti. Penso all’intenso Suzanne della regista francese Vivianne Candas. Un film sulla tenera storia di una coppia di settantenni, uniti dal dolore e dalla vita che scorre serena. L’ombra della morte vi appare – la donna scompare – e lui, l’uomo, trova un nuovo amore: l’ultimo, il migliore della vita. Verità e pudore di sentimenti, la vecchiaia per nulla esorcizzata, anzi vista come tempo per nuove esperienze. Rivedo Trance della portoghese Teresa Villaverde (Premio speciale della giuria), atroce storia di una ragazza dell’Est vittima del mercato della donne, vicenda sulla distruzione morale e fisica di un essere umano. Oppure Reprime del norvegese Joachim Trier (Mi- 67 Città nuova • n.9 • 2007 ARTE E SPETTACOLO glior film Ulivo d’oro con Warchild di Christian Wagner): sono due ventitreenni, scrittori, le cui vite viaggiano parallele in una amicizia profonda con i traumi, gli amori, le scoperte e le angosce della gioventù nordeuropea. Il film ne indaga le fatiche del processo creativo con una quantità di sottintesi da esplorare. Ed è sintomatico che questi due ultimi lavori abbiano ricevuto pure il Premio del pubblico, istituito la prima volta. Sono infatti opere che non nascondono il dramma, la fatica, ma conservano la speranza di una apertura, di un possibile futuro migliore. Manifestano fiducia nella capacità dell’uomo di rinnovarsi, di superare gli ostacoli credendo in sé stesso. Lecce in questo modo si va rivelando città cinematografica. Non solo per la quantità di set che il Salento ormai da qualche anno va ospitando e tuttora vede in azione o per il gruppo di attori e registi pugliesi di valore che vanno infoltendo il nostro cinema, ma per la capacità di essere città di cerniera fra nord e sud dell’Europa. Con discrezione ed efficienza. Niente male, per una manifestazione che ormai guarda lontano.

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