Le troiane

Cos’è che rende quest’ennesima messinscena delle Troiane di Euripide uno spettacolo nuovo, dalla dirompente forza comunicativa, e tale da meritare applausi convinti? Molti i motivi. Ma uno che li racchiude e sta alla base del risultato è lo straordinario lavoro di regia di Serena Sinigaglia con e sugli attori. Un lavoro collettivo e sui singoli che richiede energia e abbandono, sudore e urlo. Ecco allora esplodere la fisicità e il furore recitativo di una coralità esemplare – sedici attori – giocata tra gesto e narrazione, tra presente e passato, tra ironia e strizzatine d’occhio al musical. Sono vestite di bianco le donne e di nero gli uomini, mentre la scena si sporca di terra e di acqua. E quelle valigie sempre presenti, assieme a secchi incatramati, rimandano ad un mondo che si lascia, all’espatrio o al ritorno; alla precarietà della vita. Sono sporche le valigie delle troiane che, guidate da Ecuba con in mano un bastone, vanno verso l’esilio. Sono le vittime della guerra, simbolo dell’eterna sventura di una deportazione di massa, con l’aggravio che qui le vedove vengono sorteggiate come schiave per i singoli capi nemici, i greci. Dalle atrocità belliche e civili che illustrano in permanenza le pagine sporche della Storia fino ai nostri giorni, si può sconfinare. Immettendovi richiami dall’Iliade e contaminazioni odierne – parole di Gino Strada e Italo Calvino, testi di Jimi Hendrix e musiche degli U2 – per riportare alla memoria e indurre ad ulteriori riflessioni, la Sinigaglia urla contro l’orrore di tutte le guerre. Lo spettacolo arriva a toccare vette di veridicità che trovano un’emozione comune in alcuni momenti della recitazione dei giovani magnifici interpreti, e in molte felici sequenze visive. Come le foto sbiadite dei figli morti mostrate e poi buttate in aria; o la danza degli uomini con le scarpe in mano, poi deposte in fila per essere lucidate dalle donne vessate e umiliate; fino ai fuochi della città di Troia in fiamme accesi dentro i secchi mentre lentamente tutti prenderanno il largo fin quando tutto si spegnerà. Imperdibile.

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