Incontro al Palazzo presidenziale di Baabda
Il papa ha scelto come ispirazione la frase biblica «Beati gli operatori di pace!» (Mt 5,9), esortando le autorità a porre l’obiettivo della pace al di sopra di ogni interesse, definendo il Libano «un cantiere sempre aperto» per la pace. Ha lodato la qualità distintiva dei libanesi: la capacità di «non soccombere» di fronte alle prove e di «rinascere con coraggio», chiedendo di far risuonare un’unica «lingua della speranza» per superare il pessimismo generale. Ha indicato la necessità dell’ardua via della riconciliazione per sanare le ferite e guarire la memoria, sottolineando che non c’è pace duratura se le istituzioni non antepongono il bene comune agli interessi di parte. In riferimento all’emorragia di giovani e all’emigrazione, ha sostenuto il coraggio di restare nella propria terra e collaborare per lo sviluppo della «civiltà dell’amore e della pace», affinché nessuno sia costretto a partire. Infine, ha sottolineato «il ruolo imprescindibile delle donne» e l’energia dei giovani come fattori di vero rinnovamento, ricordando che la pace non è solo il risultato di uno sforzo umano, ma un dono che viene da Dio.
Incontro con la comunità cattolica ad Harissa
Il papa ha esortato le diverse Chiese cattoliche libanesi (maronita, greco-cattolica, armeno-cattolica, siriaco-cattolica, latina…) a vivere la loro ricchezza come una polifonia di voci e non come motivo di divisione, testimoniando l’unità nel Cristo. Richiamando Giovanni Paolo II, Leone XIV ha ribadito che il Libano non è solo un Paese, ma «un messaggio» di convivenza tra fedi, un esempio che il mondo ha il dovere di proteggere e sostenere. Ha riconosciuto le gravi difficoltà economiche e sociali che affliggono i fedeli, invitandoli a non perdere la speranza e a trovare nella fede, come quella di Maria di Harissa, la forza per perseverare e guardare al futuro con coraggio. Il pontefice ha lodato l’incessante opera caritativa e l’enorme contributo delle istituzioni educative cattoliche alla società libanese, definendole fondamentali per la ricostruzione del tessuto sociale e morale del Paese. In conclusione, ha incoraggiato i cattolici ad essere «sale e luce» nella società, a non isolarsi, ma a collaborare con tutti i concittadini per il bene comune, mantenendo viva l’identità cristiana nel Levante.
Incontro ecumenico e interreligioso a Piazza dei Martiri
Svolgendosi in una piazza simbolo delle divisioni passate, il papa ha lodato Beirut come esempio di città che si risolleva dalla violenza, trasformando le rovine in un luogo di incontro e memoria. Il messaggio centrale è stato l’appello a superare ogni forma di settarismo e a promuovere una cittadinanza piena per tutti, dove le differenze religiose siano una ricchezza e non un ostacolo alla convivenza. Tutti i leader religiosi, inclusi i rappresentanti islamici e drusi, hanno condannato fermamente l’uso della religione per giustificare l’odio o la violenza, proclamando che il nome di Dio è un nome di pace e misericordia. Il papa e i leader hanno lanciato un appello congiunto alla giustizia e alla trasparenza, chiedendo che sia debellata la corruzione che mina la stabilità del Paese e colpisce i più poveri, unendo la voce delle fedi per l’integrità. L’incontro si è concluso con l’impegno comune a lavorare fianco a fianco—cristiani, musulmani, drusi ed ebrei—per ricostruire il Libano su basi di rispetto reciproco e speranza condivisa per le nuove generazioni.
Incontro coi giovani a Bkerke
Il Papa ha lanciato un potente appello ai giovani a non cedere alla disperazione o all’emigrazione, ma a restare nel Libano per essere protagonisti attivi della sua rinascita, contrastando «il virus del pessimismo». Ha incoraggiato i giovani a «sognare in grande» e a trasformare le loro aspirazioni in progetti concreti per il bene comune, creando ponti tra le diverse comunità e abbattendo i muri delle paure reciproche. Leone XIV ha chiesto ai giovani di essere sentinelle morali della nazione, denunciando l’ingiustizia e la corruzione e spingendo la classe politica verso una maggiore responsabilità e trasparenza. Il pontefice ha sottolineato l’importanza della fede come forza che muove al cambiamento e al servizio disinteressato verso i più vulnerabili, invitandoli a coltivare una speranza radicata in Dio. Infine, li ha esortati a essere i principali artefici della riconciliazione tra le generazioni e tra le comunità, rifiutando l’eredità degli odi passati per edificare un futuro di vera fratellanza.
Santa Messa al Water Front di Beirut
Il papa riconosce che spesso la rassegnazione e il lamento prevalgono sulla gratitudine a causa delle fatiche, dei problemi e dell’impotenza di fronte al male. Rivolge l’invito a coltivare la lode al popolo libanese, destinatario di una bellezza rara, ma che è anche vittima di un male che oscura questa magnificenza, ricordando le ferite come l’esplosione al porto. Ammette che, in uno scenario di crisi economica, instabilità politica e conflitti, la speranza è spesso disseccata dall’incertezza. Il pontefice invita a trovare le «piccole luci splendenti nel cuore della notte» che spronano all’impegno comune. Sottolinea che il Regno di Gesù è rivelato ai piccoli e umili, e si manifesta come un «germoglio», una piccola speranza in una storia apparentemente perduta. Ringrazia il Padre per le «piccole luci» libanesi: la fede semplice, il lavoro di parrocchie e laici nella carità, i sacerdoti e i religiosi che si spendono nonostante le difficoltà. Questa gratitudine, però, non deve essere un’illusoria consolazione, ma deve portare alla conversione del cuore e all’impegno attivo di tutti per non cedere alla violenza o all’idolatria del denaro. Il papa lancia l’appello cruciale a disarmare i cuori, far cadere le chiusure etniche e politiche e aprire le confessioni religiose all’incontro reciproco, risvegliando il sogno di un Libano unito. Conclude con l’esortazione: «Libano, rialzati! Sii casa di giustizia e di fraternità! Sii profezia di pace per tutto il Levante», assicurando la sua preghiera per il Paese.