Le elezioni restano un tempo di scelta concreta

Gli appelli al bene comune e alla necessità di non astenersi al voto devono necessariamente confrontarsi con la fatica di affrontare la realtà e prendere posizione
Elezioni e società civile. Manifestazioni a Roma durante il G20 2021 (AP Photo/Luca Bruno)

A meno di 2 settimane dalle elezioni politiche non è possibile diffondere i sondaggi che restano accessibili comunque ai vertici dei partiti alle prese con le strategie di comunicazione.

La diffusione di certi dati previsionali, che hanno un margine di fallibilità significativo, può indurre il meccanismo della “profezia che si auto avvera”, spostando cioè i consensi da un partito all’altro così come avviene con lo spazio informativo sbilanciato a favore di certi soggetti. È difficile oggi proporre un dibattito sui contenuti che assomigli a quello che la televisione pubblica di un tempo riusciva ancora a fare senza cedere alla logica dell’immagine e delle risposte ad effetto di pochi minuti.

A 30 anni dalla fine della prima Repubblica, collassata tra gli scandali, ricompare lo sfavore verso il mondo politico tanto da aver portato alcuni a lanciare sui social una campagna di protesta che invita a “non votare”. Un segnale di indifferenza verso una legge elettorale che limita la possibilità di scelta dei cittadini. Esiste in maniera ancora sommersa un rischio di tenuta democratica. Si spiega, perciò, l’appello lanciato invece, ad esempio, da Mppu, Acli e Azione cattolica a favore dell’importanza di recarsi alle urne. Un invito che si accompagna all’impegno di diverse realtà della società civile che cercano un dialogo e un confronto con i partiti a partire dai contenuti più o meno concreti.

Come si può immaginare è fin troppo facile chiedere e ottenere l’impegno per “il bene comune” senza indicare una sua declinazione pratica, che è poi lo specifico della politica. Il gesuita Giuseppe Riggio, direttore di Aggiornamenti sociali, vede con favore «la nascita di un soggetto politico (non un partito) capace di esercitare una effettiva forza negoziale con le forze politiche».

Si sta muovendo in tal senso l’economista Leonardo Becchetti, che in questi anni ha girato generosamente in lungo e largo l’Italia agevolando la creazione di rapporti e reti che si rifanno, in qualche modo, al mondo dell’economia civile che anche quest’anno promuove il suo festival nazionale a Firenze dal 16 al 18 settembre tra l’attenzione della grande stampa, dalla Rai al Corriere della Sera, oltre ad Avvenire.

Dopo la caduta del governo Draghi, il professore di Roma Tor Vergata ha lanciato con la rete Next un appello condiviso da un numero significativo di esponenti del mondo associativo con una forte presenza, tra di essi, di persone dell’associazionismo cattolico. La finalità è quella di promuovere non un partito ma «un’alleanza trasversale e inclusiva per connettere movimenti sociali, esperienze civiche, energie imprenditoriali, risorse intellettuali e morali e le migliori esperienze politiche locali».

Non è un caso che tale istanza sia stata fatta propria e rilanciata da Retinopera, organo di collegamento tra diverse realtà ecclesiali che sulla carta vantano milioni di associati. Non ci troviamo più, tuttavia e per fortuna, nell’era delle grandi catene di trasmissione di consenso. Ne sono consapevoli gli stessi rappresentanti dell’associazionismo che hanno presentato a Roma l’agenda della società civile lo scorso 6 settembre nell’incontro raccontato su cittanuova.it da Silvio Minnetti.

Come ha osservato, durante tale evento, Giorgio Vittadini della Fondazione per la  Sussidiarietà, la volatilità del consenso elettorale da parte degli italiani risente di una mancata appartenenza ad una comunità capace di maturare una scelta comune. Vittadini, che viene da CL, esprime una realtà molto attiva che, in questa legislatura, ha promosso un intergruppo parlamentare di oltre 200 tra senatori e deputati.

Nello stesso incontro del 6 settembre sono intervenuti diversi esponenti del variegato mondo del Terzo settore e del volontariato oltre ad uno dei portavoce dell’Alleanza per lo sviluppo sostenibile (AvSis) che è stata fondata da Enrico Giovannini, attuale ministro dei Trasporti e infrastrutture sostenibili, raccogliendo l’adesione di centinaia tra associazioni grandi e piccole intente a realizzare l’obiettivo della sostenibilità ambientale dell’Agenda 2030 dell’Onu. L’AvSis a sua volta ha lanciato il 12 settembre un decalogo di impegni discussi con esponenti di diversi partiti. La Fondazione per la Sussidiarietà ha già promosso il suo confronto con i politici durante il Meeting di Rimini.

Anche il momento del 6 settembre ha avuto l’intervento dei rappresentanti dei partiti tramite alcuni candidati che coltivano un rapporto con questo tipo di associazionismo. Antonio Palmieri per Forza Italia, Graziano Delrio per il Pd, Rossella Muroni sempre per il centrosinistra come Green Italia, Lorenzo Malagola per Fratelli D’Italia e Maria Chiara Gadda per Azione.

Un dialogo molto pacato che non voleva mettere in evidenza le differenze di programma dei diversi partiti che pure esistono e sono notevoli su questioni aperte dal documento della società civile. Si pensi all’impegno positivo richiesto per la «produzione diffusa e partecipata di energia da fonti rinnovabili che ci assicuri una vera indipendenza energetica da poteri stranieri». Una definizione che non entra nella diatriba sul ritorno al nucleare civile che è parte della proposta esplicita e convita di alcuni partiti.

Diversamente operano organizzazioni come l’Italian climate network che ha prodotto una «valutazione strutturata degli impegni all’azione sul clima nei programmi elettorali e nelle dichiarazioni in campagna elettorale, effettuata da parte di un gruppo super partes di 20 scienziati ed esperti di politiche sul clima e l’energia».

Man mano che ci si avvicina alle elezioni i contenuti saranno sempre più decisivi per maturare un voto consapevole e non mancano reti e associazioni che promuovono impegni e istanze che entrano nel dettaglio delle scelte per far emergere la posizione esplicita dei partiti. Ad esempio Avviso Pubblico, rete degli enti locali contro le mafie, chiede l’impegno su 5 punti a partire ad esempio da “l’approvazione di una legge organica che regolamenti le relazioni fra esponenti istituzionali e i rappresentanti di interessi (cd. lobby)” oppure di “semplificare la normativa in materia di appalti senza perseguire logiche di deregolamentazione che potrebbero concretamente avere un’incidenza negativa sull’efficacia dei controlli di prevenzione e contrasto alle mafie e alla corruzione”.

Per vincere la tentazione del disimpegno si può ripartire dunque da proposte e istanze in grado di prendere di petto questioni decisive per la ricerca del bene comune che va declinato con scelte concrete e quindi “di parte” come richiede il sistema democratico che, per essere tale, deve permettere di scegliere.

Resta il fatto che se una forza politica si rivela attenta ad un tema discriminante per un elettore, allo stesso si trova all’opposto su altra questione altrettanto importante. Resta inappagata l’aspettativa di una posizione complessiva capace di contenere le diverse istanze.

La sede dell’incontro del 6 settembre è stata il palazzo della Confederazione Cooperative Italiane, Confcooperative, cioè la principale organizzazione di ispirazione cristiana che rappresenta il movimento cooperativo ed è stata fondata nel 1919. L’anno di nascita del Partito popolare che attingeva dallo stesso ambiente culturale. Il simbolo originario di Confcooperative è una campana che rappresenta il rapporto con i territori, con alla base la scritta evangelica “ut unum sint (che tutti siano uno), e un melograno spaccato che mostra i singoli semi che, messi insieme, formano il frutto.

Ma quell’insieme è difficile da ricomporre pure nei pochi punti espressi dal documento di Becchetti. Infatti un successivo appello lanciato il 12 settembre da 50 esponenti della società civile di ispirazione cristiana entra di più nel dettaglio del voto responsabile mettendo in fila “contrasto alla povertà e reddito di cittadinanza, no al rinvio della transizione ecologica, Europa autonoma dagli Usa nelle strategie della guerra in Ucraina, flussi programmati di migranti, salvaguardia del diritto d’asilo e collaborazione con le Ong per i salvataggi in mare”.

La politica è pluralità di scelte chiamate a dialogare e confrontarsi seriamente.

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