I ghiacciai hanno costituito la principale riserva di acqua dolce da cui dipende la sopravvivenza umana. Ricerche recenti evidenziano una rapida riduzione della massa glaciale in tutta la catena montuosa delle Ande, che ospita il 99% dei ghiacciai tropicali del mondo; la perdita di ghiaccio andino non solo mette a rischio il consumo umano, ma anche l’agricoltura e l’energia idroelettrica, pilastri fondamentali dell’economia regionale.
L’Istituto Nazionale di Ricerca sui Ghiacciai e gli Ecosistemi Montani (Inaigem) spiega che negli ultimi 58 anni il Perù ha perso il 56% dei ghiacciai andini, e in Colombia il ghiacciaio del Nevado del Ruiz, che nel 1850 copriva approssimativamente 34 km², oggi si è ridotto a meno di 8 km². Questa tendenza si ripete lungo tutta la cordigliera, minacciando l’approvvigionamento idrico di oltre 100 milioni di persone.
Questi allarmanti dati, che non significano solo meno acqua, ma anche più rischi, più problemi per l’agricoltura, maggior numero di disastri naturali come alluvioni e frane, sono stati all’origine della realizzazione del Primo incontro sudamericano per la Cordigliera delle ande (Esca), concluso il 25 ottobre scorso nella cittadina di Murillo in Colombia, a oltre 4.000m di altitudine; una scelta che non è stata casuale: «Non potevamo discutere il futuro della cordigliera da una comoda sala della capitale. Qui, il freddo della notte e la forza del vento ci ricordano per cosa stiamo lottando», ha affermato durante l’inaugurazione la ministra dell’Ambiente della Colombia, María Claudia García.
L’obiettivo dell’incontro, che ha riunito delegazioni di Argentina, Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela, è stato quello di andare oltre la diplomazia tradizionale. «La storia della cooperazione andina in materia ambientale ha traguardi importanti, come il Progetto Consorzio per lo Sviluppo Sostenibile dell’Ecoregione Andina nel 1992» – ha spiegato la storica ambientale Laura Méndez –, «ma sono sempre stati sforzi tecnici o bilaterali. Questa è la prima volta che i 7 Paesi si siedono con un mandato politico dei loro presidenti per creare un’architettura comune di difesa».
«Siamo a un bivio esistenziale», ha dichiarato il glaciologo cileno Antonio Soto, uno degli esperti internazionali presenti. «Le Ande non sono solo un paesaggio; sono il sistema di approvvigionamento idrico più importante della regione. La scomparsa dei ghiacciai è paragonabile alla perdita di una gigantesca diga naturale. I dati sono incontrovertibili: se non agiamo in modo coordinato, entro il 2050 intere comunità di alta montagna affronteranno una grave carenza idrica».
In un atto carico di simbolismo, i 7 Paesi partecipanti hanno firmato il 25 ottobre 2025 un accordo che segna un primo passo nella gestione ambientale coordinata del continente. Il documento conclusivo, la “Dichiarazione di Murillo” presenta le linee di azione per collaborare nel ricupero degli ecosistemi andini. Primo: Rafforzare i sistemi e le strategie di governance ambientale, creando a tal fine un Tavolo sovranazionale delle montagne come spazio di articolazione tra governi, autorità ambientali, mondo accademico, cooperazione internazionale e altri attori strategici. Secondo: Promuovere programmi educativi regionali che favoriscano l’uso e la gestione sostenibile delle risorse idriche, nonché la protezione, il ripristino e la conservazione di páramos, zone umide e fonti idriche. Terzo: promuovere il rafforzamento degli strumenti economici e dei quadri normativi comuni. Rafforzare i Fondi per l’acqua della Comunità Andina come strumenti chiave per la governance ecosistemica. Quarto: promuovere il turismo sostenibile e rigenerativo. Quinto: adottare la presente Dichiarazione come roadmap comune per la protezione, il ripristino e la gestione sostenibile della Cordigliera delle Ande.
Per Emma Burgess, analista del World Resources Institute questo accordo dimostra «che la governance Sud-Sud può essere più agile e concreta. Questo modello di cooperazione basato su una geografia e una crisi condivise potrebbe essere replicato in altre catene montuose del mondo, come l’Himalaya o le Alpi».
La strada, tuttavia, non sarà facile. Il successo dipenderà dalla volontà politica sostenuta e dalla capacità di armonizzare legislazioni ambientali e di sicurezza spesso divergenti. Ma firmando questo accordo i Paesi andini hanno inviato un messaggio chiaro: l’unità è l’unica strategia possibile per affrontare l’erosione del loro stesso fondamento geografico e culturale.