Lavoro tra conflitto e dialogo

In attesa del referendum dei lavoratori Fiat a Mirafiori, le riflessioni con Antonella Galluzzi, sindacalista Cgil
Operai stabilimento Fiat

Un anziano operaio che piange dopo aver assistito allo scontro tra lavoratori di diverse sigle sindacali. Questa l’immagine veritiera, dolente ma  piena di dignità, che testimonia il clima con cui, dal turno notturno di giovedì 13 gennaio 2011, inizierà il referendum sull’approvazione dell’accordo di Fiat Mirafiori, del 23 dicembre scorso, raggiunto senza il consenso della Fiom Cgil. Una soluzione, secondo Giuseppe Farina, responsabile nazionale della Fim Cisl, “senza alternative”. “Siamo sotto ricatto" esplicita Stefano Biondi, sempre della Cisl, nell’intervista rilasciata a Città Nuova on line. Anche il centro studi dell’Università Cattolica su lavoro e industria ritiene inutile l’esclusione della Fiom dalla rappresentanza sindacale nella nuova società che verrà a costituirsi tra Fiat e Chrysler. Abbiamo chiesto ad Antonella Galluzzi, sindacalista della Cgil in Umbria, che ha iniziato proprio nella Fiom la sua esperienza di rappresentante dei lavoratori.

 

Cosa sta accadendo con la vicenda Mirafiori?   

«L’accordo di Mirafiori, chiude un´epoca. Sergio Marchionne ha operato una svolta radicale.  Il sistema di relazioni industriali comincia a perdere tutti i pezzi: gli accordi, i contratti, i diritti. Marchionne si sta facendo il suo "sistemino" secondo il modello americano, quello con il sindacato e i contratti aziendali. D´altra parte anche in Germania molte aziende stanno uscendo dalla Confindustria tedesca, proprio per non applicare il contratto collettivo. In Italia chi potrà, forse, imiterà Marchionne. Il ruolo di Confindustria, come quello delle confederazioni sindacali, è messo totalmente in crisi».

 

Qual è la situazione nei luoghi di lavoro?

«Condivido quanto afferma Marco Revelli, sociologo ed esperto del mondo del lavoro: «i lavoratori sono con le spalle al muro. Chiunque abbia esperienza di fabbrica, chiunque abbia coscienza di che cosa significa cancellare diritti in fabbrica, capisce come la scelta della Fiom sia stata coraggiosa. Gli operai passano da una cassa integrazione all’altra e si vedono imporre un diktat che li spoglia della loro dignità». Siamo di fronte alla violenza dell’alternativa: prendere o lasciare, o accetti queste condizioni o me ne vado in un altro Paese. E si fa avanti un’idea di democrazia aberrante: chi non firma l’accordo è fuori. Ma la democrazia o è inclusiva o non è democrazia. La storia di Mirafiori meriterebbe una riflessione nazionale».

 

A questo punto cosa fare?

«Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, afferma che bisognerà rispettare il voto anche se vinceranno, come è prevedibile, i "si". La Fiom deve rientrare a Mirafiori perche è preferibile restare dentro la fabbrica e provare a cambiare le cose, piuttosto che subire l’esclusione».

 

La soluzione non sembra trovare il consenso della Fiom..

 

«La Fiom s’è ritrovata a coprire una doppia funzione, politica e sindacale, s’è caricata d’una responsabilità non sua, colmando i silenzi di una classe politica estranea. Cito ancora Revelli: “Se un operaio vota sì, lo capisco fino in fondo. Lo costringe il ricatto di uno che sta incomparabilmente più in alto di lui. Se il sì viene dai politici che crescono nel movimento operaio, non capisco più». Il riferimento è a Fassino e Chiamparino.Non si possono condividere scelte che portano ad una dimensione servile del lavoro”».

 

La nuova associazione "Lavoro e Libertà," sorta  a sostegno alla Fiom ripete  che l’interesse delle imprese non può essere superiore a ogni altro interesse, inclusa la dignità della persona. Concetti frutto della globalizzazione?

«A volte è difficile capire come mettere sopra ogni altro interesse la dignità della persona. La Fiat è diventata "glocal", globale e locale. Anche gli standard di riferimento sindacali, devono diventare globali. Marchionne a Detroit ha usato la globalizzazione spinta: investimenti in cambio della governabilità della fabbrica. Resta aperto il conflitto tra globalizzazione e diritti del lavoro.

 

I sindacati, in questo contesto, sono sempre più divisi…

«Servono dei cambiamenti. La competitività governa non solo il lavoro, ma anche l’organizzazione. Con scelte innovative, ma partecipate il sindacato può affrontare la competizione e salvare i posti di lavoro.  Se torniamo a Mirafiori, la Cgil mette in evidenza il problema dei diritti, la Cisl e la Uil l’investimento. Così si consuma la divisione. Certo poi le accuse reciproche tra leader sindacali non favoriscono la “riconciliazione”».

 

Da dove ripartire per trovare un minimo di unità?

 «Anzitutto l’unità la devono cercare le parti stesse affrontando il merito delle questioni: che si parlino come nel passato, quando ci sono state divisioni, ma si è cercato di superarle. E’ urgente definire le regole sulla rappresentanza e la stessa Camusso ha lanciato un appello alla Marcegaglia per riprendere il tavolo delle regole perché anche Confindustria è coinvolta».

 

La proposta arriva dentro una situazione di forte conflittualità… 

« A Torino come a Pomigliano, il conflitto si spegne, si cancella nell’angoscia di un posto che potrebbe svanire e si riesce in tal modo ad escludere la Costituzione dalla fabbrica. Anche il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, ribadisce la necessità della democrazia fuori e dentro i luoghi di lavoro per “recuperare coesione sociale, il conflitto si evita se si accetta che la contrattazione tra le parti”. Il conflitto, affrontato con il dialogo, può essere la base di un’autentica democrazia che non esclude le diversità e le divergenze».

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