Lasciati raggiungere!

Un barbone, il Danubio, un sogno...ciascuno ha il suo sentiero per incontrare Dio.
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Spinte dalla corrente del fiume, spesse lastre di ghiaccio si ammassano stridendo su quelle trattenute dalle rive ghiacciate. Lo scricchiolio dei cristalli non distrae il placido corso dell’acqua.

Un gabbiano va a posarsi su una lastra al centro del Danubio e si lascia trasportare sul chiarore che rispecchia il delicato cielo di prima mattina. Tre anatre nuotano controcorrente e disegnano forbici di onde che fanno vibrare la superficie.

Una fetta di sole rosso sbircia dal merletto di rami spogli che si alzano sui tetti dell’altra riva. Sembra chiedere il permesso per aprire definitivamente il giorno! Intanto il celeste che sovrasta la scena comincia ad animarsi di vezzose strisce di cotone rosa. 

Stringo meglio il cappuccio del piumone. Il freddo, come una lama, indovina gli angoli più nascosti. La rapidità del cambiamento dei colori mi incanta. Le infinite sfumature della neve sono il passe-partout delle case, dei tronchi, delle acque, delle rive. La neve è complice di un sole che non finisce di sorprendermi.

Riprendo senza fretta il cammino verso il luogo dove terrò una conversazione sulla fede.

Lo stridere del tram sui binari e l’attutito rumore delle macchine oltrepassa cartelloni pubblicitari di concerti, cellulari e offerte di case nuove in quartieri sempre più residenziali.

Una lastra abbastanza grande con alcuni gabbiani a bordo sta passando sotto il Ponte Nuovo, simbolo di Bratislava. Per la sua costruzione sono state sacrificate l’antica sinagoga e parte delle case del vecchio quartiere ebraico, e non sono pochi quelli che azzardano l’ipotesi di distruggere questo simbolo di arroganza urbanistica e cecità storica. Ma come distruggere il passato? Ormai c’è stato. Quanti silenzi scintillano nel cuore di questo fiume, paziente testimone che attraversa la storia senza commentarla. Quanti amori, quante lacrime, quante rabbie, quante risate!

Il castello alla mia destra è un testimone austero. Ha ospitato difensori della patria, feste imperiali e danze di ubriachi. Li immagino perché ne ho viste di queste danze: povera gente a cui la cravatta bene annodata non ha colmato il vuoto di saggezza e di competenza. Questa roccaforte ha accolto lo strombazzare di ideologie prive di profezia. E il fiume vi passa davanti da secoli e lo rispecchia e non si meraviglia se la bandiera è di un altro colore. Una signora imbacuccata porta a passeggio il suo cagnolino, ben coperto da un maglioncino caldo che lascia fuori la testolina con i riccioli curati.

Un gabbiano poggiato sulla spalletta vola via quando mi avvicino. Il sole non è più una striscia infuocata, il cielo sta cambiando colore come anche le case sbiadite nel biancore della neve.

Un barbone, tremante di freddo o di alcol, mi chiede qualcosa. Non capisco subito quello che mi dice e lo vedo allontanarsi con un gesto di rassegnazione. I suoi pantaloni, strisciando, raccolgono pezzi di ghiaccio che si assommano a quello che le sue ciabatte disfatte già stanno sciogliendo.

Gli corro dietro per dargli un panino e una tavoletta di cioccolata. Mi guarda con due occhi più accesi del Danubio che ormai è pieno di sole. «Il Signore ti ama!», mi dice una calda voce che viene dal cuore.

 

Un sogno che ho fatto stanotte si ripresenta. Non mi ha lasciato indifferente.

Jožko, un amico morto da qualche mese, mi suggeriva: «Non cercarmi. Lascia che sia io a raggiungerti. Se mi cerchi, percorri i sentieri della memoria ed essi ti riportano indietro. Lasciati raggiungere!».

Mentre calpesto il ghiaccio del marciapiede, rivisito il sogno. Ero al centro di una spessa foresta. Ma quale sentiero per tornare a casa? Dietro le spalle e dappertutto, la voce chiara e precisa di Jožko.

«Se vuoi trovarmi, non cercarmi. Lasciati raggiungere da me!».

Alla mia sinistra il Danubio scende in direzione contraria. Nella mente, come onde si accendono, ritornano le parole: «Non cercarmi, lasciati raggiungere, non cercarmi…». In mezzo alla neve, il sentiero sciolto dal sale mi indica il passo.

Il sole ha già cancellato i colori ricoprendo la città di un diffuso biancore e mi sembra di avere chiaro il tema da trattare: “Lasciarsi raggiungere da Dio”. Non imboccare chissà quale affannosa ricerca. Piuttosto lasciarsi raggiungere. Ciascuno di noi ha un suo sentiero attraverso il quale viene raggiunto. Questa è la fede, un avvenimento personalissimo e universale. Ed è quello che dico ai giovani che mi attendono. Racconto loro anche del barbone, dello spettacolo lungo il Danubio che mi aveva incantato. E del suggerimento di Jožko. Forse lui sapeva che li avrei incontrati.

Il silenzio tra i ragazzotti seduti a terra, appoggiati alle pareti, aggrappati ai braccioli delle poltrone diventa sacro.

Uno studente di medicina mi chiede: «Dove va a finire la personalità, la razionalità, il bisogno che ciascuno ha di tracciare la propria strada? Che spazio ha la libertà, la verità?».

Ripasso i consigli del sogno: «Le strade che tu conosci sono già segnate nella tua memoria. Ma se vuoi incontrarmi, non prendere la strade che conosci. Quelle ti riportano indietro. Lasciati raggiungere!».

 

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