Lartigue, fermare la felicità con la fotografia

Il mondo visto attraverso l’obiettivo di Jacques Henri Lartigue, inebriato dall’idea di cogliere gli istanti più fuggevoli, gli “istanti di mezzo”, sospesi e magici, attraverso l’esaltazione del movimento. Dal 30 ottobre a Roma
Aix les Bains (agosto 1925)

Sostare anche solo brevemente per ammirare le immagini di Jacques Henri Lartigue, significa godere di un modo di fotografare che trova la propria ragion d’essere nella meraviglia per ciò che lo circonda, nell’afferrare l’attimo per preservarne la bellezza dall’impietosa fugacità del tempo. Un “gioco dell’immaginare” che egli sviluppa fin da piccolo attraverso la macchina fotografica, regalatagli a soli 7 anni, nel 1902. Strumento che farà di Lartigue un enfant prodige della fotografia. Ricava immagini di ciò che gli sta intorno, fotografa con grazia e levità le cose belle che vede, ciò che gli procura un senso di contentezza.

Royan (luglio 1926)

«Ho sempre fotografato la felicità sapendo che è provvisoria», asseriva. E L’invenzione della felicità è il titolo della mostra dedicata al fotografo francese (1894-1986), artista poliedrico, diviso tra pittura e fotografia, il cui successo e riconoscimento tardivo arrivano alla soglia dei 70 anni quando, nel 1963, espone le sue opere al MoMa di New York grazie all’allora direttore del dipartimento di fotografia John Szarkowski.

Richard Avedon (New York 1966)

 

 

Una delle caratteristiche di Lartigue era ritrarre persone e cose in movimento. In aria o a terra. Sospendere, sulla pellicola, il tempo nell’attimo del suo inevitabile transito. Ecco allora la ragazzina che sembra spiccare il volo; il balzo del tennista Salm durante la finale dei Campionati del Mondo di Parigi, nel 1914; e quello del bambino davanti al suo cane giocattolo o di chi cerca di afferrare le farfalle; e, ancora, quello di Richard Avedon, che salta nel momento dello scatto nel suo studio newyorchese. C’è poi quella figura magrittiana sbilenca, che sembra cadere a causa del vento dell’elica di un aereo; “la signora con le volpi”, impellicciata, che passeggia con i suoi due cani sulla Avenue du Bois di Parigi; e la macchina in corsa – detta anche “l’automobile deformata” – durante il Grand Prix de l’Automobile Club de France nel 1913, una delle prime passioni fotografiche di Lartigue. Passione, che era per lui essenzialmente immagine delle cose del mondo.

Parigi (maggio 1911)

L’ampia retrospettiva a lui dedicata, gli rende onore con 120 fotografie provenienti dagli album personali, oltre ad alcuni materiali d’archivio, che ripercorrono l’intera carriera, dagli esordi dei primi del ’900 fino agli anni ’80. Un excursus che inizia dai primi scatti nel periodo tra le due guerre, cogliendo la vita e il lusso della borghesia, per proseguire con i paesaggi e le città, da Londra a Parigi e New York. Infine, tra le molte frequentazioni, quelle che ritraggono Picasso e Cocteau, Helmut Newton e Richard Avedon, Valery Giscard d’Estaing, che lo scelse per la fotografia ufficiale del settennato all’Eliseo, e Grace Kelly, che lo volle come fotografo per le sue nozze con Ranieri di Monaco; fino agli scatti nel mondo del cinema con, ad esempio, una giovane Nastassja Kinski acconciata con delle foglie in testa, e Federico Fellini sul set de La città delle donne. La notorietà di Lartigue arriva negli anni ’60 attraverso Richard Avedon e Hiro, tra i più influenti fotografi di moda di allora, e Bea Feitler, photoeditor di Harper’s magazine, che, nel 1970, pubblica il volume Diary of a Century con le sue immagini. Avedon disse di lui: «Lartigue fece ciò che nessun fotografo aveva fatto prima e che nessuno fece dopo: fotografare la propria vita».

Dagli anni ’40 pubblica su varie riviste, lavora anche come scenografo e illustratore e, più avanti, negli anni ’70 e ’80, inizia a collaborare con il mondo della moda e del cinema, come fotografo di set per numerosi film. Il suo occhio però non si stacca dalla vita di tutti i giorni, immortalando sempre dettagli insoliti e pieni d’ironia. Perché quella di Lartigue è stata un’attitudine alla fotografia altrettanto ludica, fascinosa, consapevole e anche infantile. E quel piccolo disegno di sole col quale faceva sempre seguire la sua firma, lo conferma: «È per questo che ho fatto fotografie per tanti anni: per approfittare di questi meravigliosi regali del caso».

“Jacques Henri Lartigue. L’invenzione della felicità. Fotografie”, a Roma, WeGil, dal 30 ottobre 2021, fino al 9 gennaio 2022. Catalogo bilingue Marsilio Editori, con una testimonianza di Ferdinando Scianna.

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