L’Aquila tra amaro ricordo e incerto futuro

Nella notte tra il 5 e il 6 aprile una scossa di terremoto seminò morte e distruzione nel capoluogo e in 56 comuni limitrofi. Lo stato d’animo della vigilia, le celebrazioni della domenica e un consuntivo con 46 mila persone tornate a casa.
L'Aquila

Cinque anni, un’eternità. Mille appelli per i finanziamenti, tante manifestazioni per gli stanziamenti, dimostrazioni per non venire dimenticati. E poi ostacoli amministrativi, lungaggini burocratiche, scontri di competenze, normative nebulose, carenza di fondi. E non è tutto: sulla tragedia abruzzese incombono in permanenza le risate di alcuni imprenditori cinicamente esultanti per l’appetitosa prospettiva di fare affari con la ricostruzione, come emerso dalle intercettazioni telefoniche.

Nel ricordo traumatico delle numerose scosse che precedettero quella devastante, sono state rievocate in tribunale le rassicuranti comunicazione del vertice della Commissione grandi rischi che invitò la popolazione a restare a casa, evitando inutili evacuazioni. Come è andata lo sappiamo, e a motivo dell’accaduto sette componenti della Commissione sono stati condannati a sei anni in primo grado. Sentenza che ha aperto un’aspra polemica con gli esperti che sostengono l’impossibilità di prevedere pericoli naturali come i terremoti.

Non meno difficili, amari e inospitali, gli ultimi dodici mesi, con il Comune dell’Aquila coinvolto per la prima volta in un’inchiesta per presunte tangenti e le conseguenti dimissioni dell’indagato vicesindaco Roberto Riga. Successivamente, dopo una lettera al presidente della Repubblica, è il sindaco stesso, Massimo Cialente, che si dimette per le incomprensioni con Roma, ma poi riprende il suo ruolo di primo cittadino.

Chi visita il capoluogo o qualcuno degli altri 56 comuni coinvolti dal terremoto non può che costatare una situazione ancora in ginocchio, una ricostruzione ai primi passi, ma incontra pure una popolazione e le istituzioni civili ed ecclesiali provate ma non arrese, impegnate ad alimentare la speranza di un ritorno nelle proprie case e nelle proprie sedi.

Con questa realistica consapevolezza, un misto di amarezza e determinazione, gli aquilani si apprestano a rivivere, già nella giornata di vigilia, il dolore e la memoria di quell’evento che ha cambiato per sempre la vita a tutti loro. Questa sera una grande fiaccolata attraverserà le vie del capoluogo, mentre mezz’ora dopo le 24,00 nella chiesa di Santa Maria del Suffragio, in piazza Duomo, sarà celebrata una messa presieduta dall’arcivescovo mons. Giuseppe Petrocchi in suffragio delle vittime del terremoto, seguita da una veglia di preghiera animata dai giovani.

Alle 3,32, l’ora della scossa mortifera, la campana della chiesa del Suffragio sarà suonata per ricordare ad ogni rintocco ciascuna delle 309 vittime dei crolli. Nel pomeriggio le celebrazioni del quinto anniversario vedono protagonisti ancora i giovani. Al Liceo “Domenico Cotugno” gli studenti si incontrano sul tema “E se si potesse non morire di terremoto?”, mentre all’imbrunire gli allievi del locale conservatorio si ritroveranno in concerto per eseguire un programma ricco di brani originali.

L’anniversario costituisce anche un giorno di consuntivi. Dopo questi primi cinque anni, 46 mila persone sono potute rientrare in casa, nel centro storico dell’Aquila sono in funzione 300 cantieri e 1.500 nelle zone periferiche, che vedono coinvolte 1.400 imprese provenienti da 86 province italiane. Nei comuni del cratere sismico sono in corso 138 interventi nei centri storici e 662 nelle zone attorno.

Per il grande patrimonio dei beni monumentali e architettonici oltraggiato dal sisma, il restauro in corso della Basilica di Collemaggio costituisce il simbolo della ripresa. Un segno per guardare con speranza al domani pur nell’ancora travagliato presente. Se il governo infatti non invia 700 milioni, tra poco le risorse finiranno con inevitabili rallentamenti (se non soste) nell’opera di ricostruzione. Episodi di un passato che gli aquilani non intendono rivivere.

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