L’America si da appuntamento a Panama

La capitale panamense ospiterà per la prima volta anche Cuba, dopo la sua espulsione dall’Organizzazione degli Stati Americani, nel 1962. Temi sul tavolo sono: sviluppo, equitá, cooperazione e i rapporti politici con Washington. Si dialogherà o si continuerá con gli steccati?
Vertice delle Americhe

Dal 10 al 11 aprile prossimo Ciudad de Panamá sará la sede del settimo Vertice delle Americhe, patrocinato dall’Organizzazione degli Stati Americani (Oea, la sua sigla in spagnolo) e al quale hanno gia aderito 25 tra Capi di stato e di governo del continente. Il meeting affronterà un tema ambizioso: “Prosperitá con equitá: la sfida della cooperazione per le Americhe”.

La foto piú ambita, forse storica, sará quella della probabile stretta di mano tra il presidente cubano Raúl Castro e quello statunitense, Barack Obama, che fa seguito alla decisione dei due governi, presa nel dicembre scorso, di avviare una serie di contatti in vista della normalizzazione delle relazioni bilaterali. Finora le riunioni procedono regorlamente e pare probabile, dopo l’ammissione da parte di Washington del fallimento della politica degli steccati e dell’embargo commerciale, che si giunga anche alla riapertura delle rispettive ambasciate. Cuba é stata esclusa dalla Oea nel 1962 e solo nel 2009 la risoluzione é stata annullata dalla sua Assemblea Generale. L'Avana però non ha ancora chiesto di essere riammessa nel consesso continentale.

Per tale ragione, l’isola non é stata finora invitata agli altri sei vertici, celebrati a partire dal 1994 in differenti cittá latinoamericane, piú altri due straordinari realizzati in Bolivia e Messico. Si tratta di incontri di alto livello dove si definiscono le politiche strategiche per il continente.

Il problematico rapporto tra Washington e l’America Latina ha, in realtá, trasformato gli ultimi vertici celebrati in un vero e proprio braccio di ferro con un gruppo importante di Paesi che si rifiutano di assumere il ruolo di meri gregari della superpotenza globale. Tale divergenza ideologica ha preso forma sopratutto durante gli ultimi 10-12 anni, a partire dalla dalla proposta di un area di libero commercio americana (Alca) caldeggiata dalla Casa Bianca e neutralizzata in seguito da vari Paesi, con la regia elegante ed intelligente della diplomazia brasiliana, durante il vertice celebrato in Argentina nel 2005.

La distanza con la politica Usa é cresciuta con il  consolidarsi di governi che non ne condividono gli orientamenti in campo economico. Una vera e propria “ribellione” non prevista dalla Casa Bianca (che nello stesso periodo era impegnata severamante sui conflitti in Asia centrale, Medio Oriente e con una Cina sempre più rampante) la crescita cinese…), davanti alla quale il governo di Washington ha reagito spesso in modo maldestro, praticando con scarsi risultati la massima del divide et impera senza cogliere fino in fondo le ragioni della dissidenza. Anzi, meravigliata che essa esista.

La Casa Bianca ha dovuto incassare negli anni parecchie sconfitte diplomatiche: nel 2009 é stata votata la riammissione di Cuba contro il suo parere; nel 2012 l’agenda del sesto vertice di Cartagena de las Indias é stata modificata rispondendo alle prioritá dei Paesi latinoamericani, nel 2008 ha preso forma la Comunitá di Stati Latinoamericani e dei Caraibi (Celac) e nel 2010 l’Unione delle Nazioni del Sud (Unasur). Tutti questi blocchi hanno la chiara intenzione di proporsi come alternativa alla Oea, la cui crisi é ormai evidente per l'eccessiva vicinanza agli statunitensi. Il suo prossimo segretario generale, l’uruguayano Luis Almagro, che entrerá in funzione a maggio, avrá sulle spalle il duro compito di risvegliare l’interesse per questo spazio multilaterale.

Bisognerá intanto verificare se il ristabilimento delle relazioni con Cuba risponda a una questione puntuale o se é frutto di un cambiamento piú generale della politica statunitense nei confronti della regione. I continui contocircuiti con Caracas farebbero pensare alla prima ipotesi. Non ultimo l’incomprensible classificazione del Venezuela quale: “minaccia alla sicurezza degli Stati Uniti”. Per Celso Amorin, ex capo della diplomazia brasiliana, considerato dalla rivista Foreign Policy come “il miglior ministro degli esteri del mondo”, si tratta di una decisione “disastrosa”. Il governo del presidente Nicolás Maduro ha suscitato piú di un imbarazzo tra i governi regionali, che osservano preoccupati la sua involuzione autoritaria anche se sono restii ad ammetterlo.

Intanto, i riflettori si concentrano su Ciudad de Panamá. La diplomazia del Paese centroamericano é impegnata nei dettagli del programma cercando di sorvolare le differenze ideologiche e mettere in moto una decina di iniziative ed un piano di infrastrutture da realizzare con l’impegno di vari organismi di credito, come la Banca Mondiale, la Banca Interamericano per lo Sviluppo, ecc. I ministri degli esteri che si riuniranno nella capitale panamense durante la vigilia del vertice analizzeranno il programma per la sua eventuale approvazione.

La regione da segnali di progresso: il reddito procapite in vari Paesi é migliorato notevolmente e con esso molti altri indicatori della qualitá della vita con decine di milioni di cittadini che hanno smesso di essere poveri, mentre in Colombia si é vicini a mettere fine all’unico conflitto armato della regione, che dura da 50 anni. Ma gli avvisi per i naviganti dicono anche che da un paio di anni  i venti di poppa delle crescita si sono trasformati in annunci di mari mossi o molto mossi. Le dichiarazioni di principio sono ormai chiare a tutti. Ora bisognerebbe concentrarsi in una cooperazione capace di consolidare i risultati raggiunti mettendo da parte gli steccati.

  

    

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