L’altra faccia di Peppe

Devi spingere con il piede Peppe, braccia tese, corpo teso… Dai, prova ancora una volta. Mezzogiorno è già passato da un pezzo. Dopo oltre due ore trascorse sotto un caldo sole autunnale, l’allenamento mattutino sta per terminare. Giuseppe è provato. Pesi, corse, una lunga serie di esercizi di coordinazione, ed ora, finalmente, quelli con l’asta. La sua amata asta. Così torna indietro e ripete l’esercizio. Una, due, dieci volte… Vitaly Petrov lo guarda. È in questo periodo che si mettono le basi per la stagione successiva. Serve lavoro, molto lavoro, per confermarsi ai vertici. Per rivivere le emozioni provate nel 2003, quando il suo Peppe si laureò campione del mondo, o l’anno successivo, quando conquistò il bronzo ai Giochi Olimpici di Atene. Mentre guarda il suo atleta, per un attimo sembra perdersi nei ricordi. Le tante gioiose giornate passate da bambino su un campo d’atletica. La decisione dolorosa di lasciare un possibile futuro da atleta per dedicarsi a tempo pieno all’allenamento perché – ci confessa – non potevo fare bene tutte e due le cose. E poi i primi risultati importanti ottenuti con i suoi ragazzi. E ancora, l’incontro con l’atleta che sotto la sua guida ha ottenuto venti record del mondo: Sergej Bubka. Con Sergej ho vissuto degli anni bellissimi – ci racconta -. In campo si divertiva come un bambino ma aveva anche la disciplina e l’abnegazione che serve per andare lontano, per diventare un campione . Poi, anche a causa di qualche incomprensione familiare avvenuta dopo il matrimonio di Sergej, la decisione di proseguire ognuno per la sua strada. Così, mentre Bubka continuava a mietere successi, Petrov ha dovuto ricominciare tutto daccapo. Dopo un breve periodo nello staff della nazionale russa, l’approdo in Italia, avvenuto in maniera davvero singolare: Ero alla ricerca di un nuovo lavoro quando vengo contattato per partecipare ad un raduno a Barcellona. Dopo pochi giorni la federazione spagnola mi propone di lavorare con loro ma una mattina, il tecnico responsabile del salto con l’asta, mi dice: Vitaly, ho capito tutto, so già come andrà a finire: tu vieni, con il tempo prenderai il mio posto, e io andrò via. E qui, messo davanti ad una decisione difficile, fa una scelta… controcorrente. Se tu rischi di perdere il posto allora io non accetto, gli rispondo. E lui rimane talmente colpito dalla mia decisione che si adopera per trovarmi subito un’altra sistemazione. Così mi presenta all’allora commissario tecnico azzurro Ezio Locatelli che mi prende a lavorare per la federazione italiana. E l’Italia, per Petrov, è soprattutto sinonimo di Formia, la cittadina laziale dove lo abbiamo incontrato e dove ormai vive e allena da quasi quindici anni. Qui, dall’ottobre del ’96, si è trasferito anche Gibilisco. Quel Peppe, come lo chiama affettuosamente con un inconfondibile accento russo, con il quale il legame è andato via via cre- scendo. Quando è arrivato era giovanissimo. Io per il mio incarico viaggiavo spesso e lui rimaneva qui da solo a svolgere i programmi che gli assegnavo. Quando rimani da solo, in una città dove non conosci nessuno, è tutto più difficile. Devi saperti arrangiare, devi cucinare, imparare a badare a te stesso. Ma, d’altro canto, sono proprio le difficoltà che ti fanno crescere. E le difficoltà, in questi dieci anni, non sono mancate. Lui si impegnava, lavorava duramente, cominciava a raggiungere qualche risultato importante. Ma per emergere in una disciplina complessa come il salto con l’asta serve qualcosa di più. Serviva un ginnasta, ad esempio, che lo aiutasse a prendere maggiore dimestichezza con determinati movimenti. Ma la federazione non aveva i soldi per darcelo. Poi sono arrivate ulteriori difficoltà economiche. In quel periodo il mio stipendio era sceso a 7.500 euro l’anno. Così gli ho detto che non ci dovevamo abbattere, dovevamo stringere i denti e andare avanti. Ho fatto venire ad allenarsi con noi altri atleti di fama internazionale per dargli un ulteriore stimolo a migliorare. Ho fatto venire a mie spese quel ginnasta la cui collaborazione avevo chiesto con tanta insistenza. E i risultati sono arrivati. E se il titolo mondiale conquistato a Parigi nel 2003 è stato il frutto di un costante miglioramento, la medaglia olimpica dell’anno successivo ha quasi dell’incredibile. Un problema muscolare che ne ha fortemente limitato gli allenamenti e, soprattutto, lo shock emotivo del coinvolgimento in alcune indagini sul doping che riguardavano un medico sportivo dal quale aveva fatto alcune visite. Avevano trovato il numero di Peppe su un’agenda di questo dottore e così, insieme ad altre 130 persone, è stato fatto oggetto di perquisizioni. Non hanno trovato niente, ma poche ore dopo la radio già dava la notizia Campione mondiale indagato per doping. Per carità, è giusto che se si trova qualcosa venga poi data una pena adeguata. Ma se non si trova niente perché infangare una persona riempiendo pagine di giornali di calunnie e sospetti? Lui l’ha presa malissimo – continua Petrov – per un mese e mezzo non reagiva a nessuno stimolo. Ma con il tempo, standogli vicino, lentamente è riuscito a riprendersi e a trovare le motivazioni per superare anche questo altro ostacolo. Ora i due stanno lavorando insieme per raggiungere nuovi obiettivi, con lo sguardo sempre rivolto verso Pechino 2008. Ma ad un tecnico preparato come lui non viene la tentazione di accettare una delle proposte che ogni tanto gli arrivano da parte di altri paesi dove si è maggiormente disposti ad investire sull’atletica? È vero, potrei guadagnare di più. Ma nella vita non contano solo i soldi. Quando inizi a lavorare ad un progetto, quando inizi a costruire qualcosa di importante per il tuo lavoro, per il tuo futuro, vuoi portarlo a termine. Io con Peppe ho preso un impegno e voglio andare avanti. Quando ci salutiamo, il suo Peppe sta ormai riposando in vista dell’allenamento pomeridiano. Magari sta facendo un sogno: battere un giorno il record del mondo fissato da Bubka a 6 metri e 14 centimetri. Per sé, per papà Carmelo che non c’è più e lo guarda dal cielo, ma anche per ricambiare la fiducia di quell’allenatore così speciale che tanto lo ha sostenuto nei momenti più difficili. E, si sa, ogni tanto i sogni si avverano …

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